"Me dá muita alegria, mas reconheço que este não é um prêmio à minha
pessoa, e sim a todos os movimentos sociais e comunidades com que eu venho
trabalhando ao longo de décadas pela paz, justiça e direitos humanos. Eu sou
apenas um grão de areia numa enorme praia que converge na direção dessas três
bandeiras que constituem a maior ansiedade da humanidade".
Con tanta modestia il brasiliano
Frei Betto commenta la notizia dell'importante riconoscimento internazionale
attribuitogli dall'Unesco, il premio 2013 intitolato all'eroe nazionale cubano
José Marti, per "aver contribuito alla costruzione di una politica di pace
universale, alla giustizia sociale e ai diritti umani in America Latina e nel
Caribe". La premiazione avrà luogo all'Havana a fine mese nel corso della
Terza Conferenza Internazionale per l'Equilibrio del Mondo, che coincide
quest'anno col 160/mo anniversario della nascita Josè Marti. La scelta della giuria è caduta su Frei Betto
"per il suo lavoro come educatore, scrittore e teologo, per la sua opposizione
ad ogni forma di discriminazione, ingiustizia ed esclusione".
Il solo nome di Frei Betto
dovrebbe bastare a muovere curiosità e suscitare emozioni che esulano da
confini geografici, rimandando a quell'importante movimento di carattere
politico religioso sociale sorto in America Latina a cavallo degli anni '60
chiamato Teologia della Liberazione, di cui è tra i fondatori. Ma, per chi
ancora non lo conoscesse, ricordiamo brevemente chi è Frei Betto. Al secolo
Carlos Alberto Libanio Christo, nato a Belo Horizonte nel 1944, s' impegna fin
da giovanissimo nel movimento studentesco e nel volontariato cattolico
distinguendosi in battaglie per la giustizia sociale che culmineranno
nell'opposizione alla dittatura militare. Entrato nell'ordine dei Domenicani
come frate cooperatore a 20 anni, quando studiava giornalismo, viene arrestato
per la prima volta nel '64 perché la sua attività viene giudicata sovversiva.
Nel ’69 viene nuovamente arrestato, scontando così complessivamente 4 anni di
carcere durissimo. Sopravvissuto alle torture a
differenza di altri suoi confratelli, racconta la lotta clandestina dei frati
domenicani brasiliani contro la dittatura militare in più opere, di cui la più
celebre resta "Battesimo di sangue" che gli frutta l'assegnazione del
prestigioso premio di letteratura brasiliana Jabuti ed ispira l'omonimo film
del regista Helvécio Ratton.
E' autore di oltre 50 libri
tradotti in numerose lingue, tra i quali: "Mistica e spiritualità» scritto
insieme a Leonardo Boff, l'ex frate francescano esponente di spicco della
Teologia della Liberazione brasiliana e
"Gli dei non hanno salvato l’America” dove riflette su etica
socialista e capitalista inserendo il noto decalogo di consigli rivolto ai
militanti di sinistra. Non meno rilevante la sua lunga intervista su fede e
rivoluzione a Fidel Castro, conosciuto nell'80 in Nicaragua, raccolta in un
libro di successo mondiale. Al ritorno della democrazia in
Brasile, Frei Betto non smette mai l'impegno politico a favore dei poveri e
degli oppressi. Durante il primo governo
Lula collabora per un paio d'anni al programma di emancipazione alimentare
«Fome Zero» con l'incarico di assessore speciale. Attualmente è animatore di
molte comunità di base e della pastorale operaia, oltreché del Movimento Sem
Terra.
Il diario portoghese ringrazia C.P. per l'appassionato e sempre gradito contributo.
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