Il
Portogallo rivive in questi mesi una pagina di storia di oltre mezzo secolo fa,
bella e solidale, altrimenti destinata all'oblio perchè poco nota sia
all'interno del Paese e ancor più all'estero. E' una storia che risale
all'immediato dopoguerra, tanto piena di generosità e fratellanza da aver
spinto i protagonisti a rivisitarla e a
suggellarla con rinnovati impegni. Parliamo dell'esperienza vissuta tra il 1947 eil 1952, quando circa 55mila bambini
austriaci ebbero modo di sfuggire temporaneamente alla fame, al freddo e alle
gravi conseguenze della Grande Guerra perché accolti da famiglie portoghesi per
alcuni mesi o per qualche anno.
Questo
Paese tanto a sud dell'Austria, rimasto neutrale nella seconda Guerra Mondiale
e pertanto in condizioni meno disagiate, apparve alla moltitudine di bambini
ancora frastornati da violenza e distruzione, o addirittura orfani del padre
caduto nei combattimenti, una sorta di paradiso.
Certo,
arrivarci non era facile. Anzi, il viaggio era lungo e impegnativo: dapprima confluivano
dalle diverse località austriache fino a Vienna, poi in treno si trasferivano a Genova e da lì
s'imbarcavano sulla nave che li avrebbe condotti fino a Lisbona. Per lo più
traumatico si rivelava l'incontro col mare, quasi mai calmo, per non parlare
delle forti correnti dello stretto di Gibilterra. A confortare i bambini in viaggio erano
sempre i loro accompagnatori: i funzionari della Caritas, allora promotrice del
programma di accoglienza e anche oggi tra i protagonisti delle manifestazioni
in corso in Portogallo. Ruolo importante nella commemorazione lo svolge
l'ambasciata d'Austria, cui si deve la mostra
itinerante "Crianças Cáritas” che dal Centro Cultural de Belém di
Lisbona prosegue per Porto, Évora e Algarve, ripercorrendo i luoghi interessati
da quella esperienza e rinverdendo la memoria grazie alle foto e alle
documentazioni esposte.
Ma
non è solo commemorazione: contestualmente le Caritas di Austria e Portogallo
hanno lanciato un'iniziativa chiamata
"Acção Crianças Cáritas Portugal” la cui raccolta di fondi, per la
maggior parte austriaci, servirà ad aiutare i bambini portoghesi di famiglie
attualmente in difficoltà a causa della
crisi economica. Un segno tangibile di riconoscenza e un modo per ricambiare
oggi la generosità di allora. Di queste iniziative ha parlato parecchio la
stampa portoghese, intervistando sia i figli di alcune famiglie ospitanti che
consideravano fratelli i bambini austriaci, sia i diretti interessati venuti
apposta dall'Austria.
Tra
le testimonianze raccolte, alcune curiosità: i bambini più piccoli al rientro
non s'intendevano più con la famiglia natale perchè abituati a parlare
portoghese; altri scoprirono l'esistenza di cibi mai prima degustati come
arance e banane o piatti come la "sopa fria de tomate"; altri si
videro trasformati quasi in dei principi nell'indossare i vestiti cuciti
apposta per loro; altri ancora si legarono talmente ai luoghi e a quel modi di
vivere da decidere di ritornarci stabilmente, una volta diventati adulti.
Non
mancano esempi di bambini che, conquistati dall'ospitalità delle famiglie
"adottive", chiesero di fermarsi per sempre. Ma lo scopo
dell'iniziativa Caritas era circoscritta ad un sostegno temporaneo e le stesse
famiglie lo capivano bene. Emblematica, al riguardo, la testimonianza di due
protagoniste intervenute all'inaugurazione della Mostra a Lisbona, un'ex
"criança austríaca" ora 63enne e la sua "irmã portuguesa”, la
quale ricorda ancora la ferma risposta della nonna alla richiesta di esaudire
il desiderio dell'ospite di non rientrare in Austria: "uma criança -disse-
não se dá".
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