Mário Zambujal,
Non si
scrivono più lettere d'amore
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Copertina dell'edizione portoghese |
(Urogallo, 164 pp., 13,00 €, traduzione dal
portoghese di Angela Fedele)
Duarte è un
giovane viveur che, tra le notti di glamour passate nel Gran Casinò Internazionale
di Monte Estoril, i pomeriggi di caffè allo Chave d’Ouro, al Palladium o al
Martinho del Rossio e la vita bohémienne dei night club della capitale, vede il
suo cuore travolto da una giovane alta, snella, bionda e dal sorriso luminoso, che
risponde al nome di Erika.
Mário Zambujal
ci riporta, in questo romanzo dalla prosa chiara e originale, intrisa di humour,
immaginazione e sensibilità, in un viaggio di immagini e memorie, alla Lisbona
degli anni ‘50. Un’epoca di appetiti ed eccessi. Di passioni e sventure. Era un
tempo in cui c’era tempo. Si scrivevano addirittura lettere d’amore.
A un certo punto, decisi che non
potevo rimanere tutta la notte impalato; feci appello al mio poco coraggio e mi
dissi: «E sia quel che Dio e lei decideranno». Mi avvicinai lesto al tavolo di
Erika e, una volta lì, mi assalì una sensazione di sconfitta e di
ridicolaggine. Alla fine balbettai: «Non ha voglia di ballare con me, vero?». Forse
saranno stati pochi secondi, durante i quali tutti mi guardarono zittiti, ma a
me sembrò un tempo immenso e sinonimo di disapprovazione. Il gelo, se lo era,
venne rotto dalla grossa risata dell’avvocato, seguita da un rimprovero:
«Quanta timidezza! E che pessimismo, mio giovane amico! Per quale motivo Erika
non dovrebbe ballare con lei?».
Mário
Zambujal, nato a Moura nell’interno dell’Alentejo nel 1936, è prima di tutto
uno dei più famosi giornalisti sportivi portoghesi. Continua infatti a definirsi
«un giornalista che scrive per diletto», malgrado abbia al suo attivo una
decina di titoli di narrativa che hanno ottenuto un notevole successo di
pubblico. Autore di grande ironia, riesce spesso a raccontare la quotidianità
di una certa Lisbona in maniera più azzeccata di tanti altri scrittori
contemporanei.
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