Si chiama DREAM, ma non
significa sogno, anche se mai acronimo sia parso più appropriato. Infatti DREAM, acronimo di Drug Resource
Enhancement against AIDS and Malnutrition, rappresenta anche un sogno ambizioso
-cercare di fare uguaglianza tra Nord e Sud del
mondo- in gran misura realizzato. Stiamo parlando di un progetto nato in
Mozambico nel 2002 per poi estendersi in molti Paesi africani, tra cui Angola e
Guinea Bissau, dove ha sortito effetti portentosi sul difficile cammino della
lotta contro l'Aids e la malnutrizione.
Non è un caso che il
programma sia partito dal Mozambico, visto che porta la firma della Comunità di
Sant'Egidio, storicamente legata all'ex colonia portoghese da un lungo e speciale rapporto che va dagli aiuti
umanitari inviati nei primi anni ’80, alla mediazione ufficiale tra guerriglia
e governo sfociata nell’Accordo di pace firmato a Roma il 4 ottobre 1992. A
ripercorrere gli avventurosi passi compiuti in prima persona per tradurre il
progetto in realtà è uno degli ideatori: il medico Michelangelo Bartolo, di
professione angiologo presso il San Giovanni di Roma dove dirige il reparto di
Telemedicina, partito volontario per una prima missione esplorativa già nel
2001.
Bartolo ha raccolto la
sua poderosa esperienza nel volume La
nostra Africa - cronaca di un medico euroafricano (Gangemi Editore),
riuscendo ad appassionare, commuovere e persino divertire, tanto da vincere il primo premio narrativa del
concorso Mario Soldati 2012. Di ritorno
da Maputu e Beira, dove sono attivi centri di cura sia per persone malate sia
per prevenire il contagio tra madre e bambino, il medico è stato ospite il 23
marzo u.s. della trasmissione "Uomini e profeti" di Radio3, nella
puntata dal titolo "Mali d'Africa". Alcuni suoi racconti hanno
toccato temi cari a "Ildiario portoghese" che volentieri li riprende
nel suo blog.
Bartolo, ad esempio,
sottolinea il grande cambiamento culturale avvenuto in Mozambico dagli inizi,
quando il Paese pilota del programma era appena uscito dalla guerra con un
milione di morti, ad oggi. Ecco come descrive quel primo impatto: "Ero
partito con l’idea di andare a fare il medico, invece mi sono trovato a fare un
po' di tutto, anche passare una ventina di giorni nel porto di Maputo
combattendo con la burocrazia per sdoganare il container che conteneva le
apparecchiature necessarie ad allestire il laboratorio di biologia molecolare.
Un tempo la popolazione era diffidente -spiega-
perché non sapeva che l'AIDS si può curare. In pratica, fare il test
equivaleva a sentirsi condannati a morte, perciò lo si evitava.
"Oggi sono gli
stessi malati, risanati dopo le terapie con farmaci antiretrovirali, i migliori
testimonial dell'efficacia. Uno fra tutti, Joao: la prima volta -ricorda
Bartolo- arrivò al centro trasportato in carriola perché debolissimo. Dopo
quattro mesi non lo riconoscevo nemmeno: camminava! Dopo sei mesi ha iniziato a
lavorare con noi, fa il magazziniere ma tiene anche incontri coi malati, da
incoraggiare a seguire il suo esempio".
Tra le più efficaci
testimonial del programma il medico cita il gruppo di donne attiviste DREAM
(Mulheres de Sonho in Mozambico) che, sottopostesi alla terapia, hanno
partorito una generazione di figli liberi da Hiv e che vengono spesso inviate a
parlarne nelle emittenti radio-tv di vari Paesi africani e addirittura all'Onu.
L'attivista mozambicana Artemisa Chizian, coordinatrice del centro nutrizionale
di Matola, in un'intervista del gennaio
scorso all'Osservatore Romano ha detto: "si tratta di un compito delicato,
perché ci relazioniamo direttamente con i pazienti, lavorando in prima linea.
Incoraggiamo e appoggiamo i malati e le loro famiglie. Il maggiore successo è
stato far nascere diecimila bambini sani in Mozambico da madri sieropositive,
come pure aver salvato le madri grazie alla terapia antiretrovirale. È come la
mia storia".
Per saperne di più
La nostra Africa: Blog
Ufficiale di Michelangelo Bartolo
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