sabato 26 febbraio 2011

Spunto di riflessione

Sarà che quello portoghese è un popolo particolarmente incompetente nella gestione degli interessi comuni, così come dicono i giornalisti sulle pagine dei quotidiani? Il Portogallo sta vivendo una condizione di crisi e di decadenza culturale senza precedenti? Il destino del Portogallo ha soluzione? Cosa vuol dire “identità portoghese” e, provocatoriamente, esiste un'identità portoghese? Queste sono alcune delle domande su cui si sono interrogati gli intellettuali più importanti della cultura portoghese nel corso dei secoli. Lungi dal trovare una risposta esaustiva e esauriente, proveremo a riportare le opinioni di alcune delle personalità più brillanti su un tema tanto controverso quanto dibattuto.
Antero de Quental, considerato il fondatore del pensiero moderno portoghese, e sicuramente una delle personalità più importanti del XIX secolo, vive il paradosso di una nazione periferica, lontana dai centri culturali europei (Francia, Gran Bretagna e Germania), ma che, allo stesso tempo, comincia a prendere coscienza di se stessa e della propria cultura. Causas da decadência dos Povos Peninsulares è il tema della seconda delle Conferenze do Casino, un ciclo di conferenze che si sono tenute a Lisbona nel 1871, in cui l'autore espone le ragioni del ritardo economico e culturale portoghese e spagnolo a partire dal XVII secolo. Antero de Quental e la sua generazione sentono il bisogno e il desiderio di affrancarsi dall'autocompiacimento della mitologia nazionale e l'esigenza di un rinnovamento profondo nel modo di essere portoghesi.
Eduardo Lourenço rifiuta perentoriamente la definizione di António Sérgio, secondo il quale “il Portogallo è il regno della stupidità” e raccoglie la lezione di Antero de Quental. Sebbene il Portogallo si trovi in un certo ritardo culturale ed economico rispetto all'Europa, secondo Eduardo Lourenço, non esistono oggi ragioni che giustifichino una visione tanto pessimista del futuro portoghese, così come, in un mondo tanto globalizzato, non ha più senso parlare di centro-periferia all'interno dell'Europa.
Pessoa, alla domanda “chi è l'uomo portoghese?”, risponde dicendo che esistono tre tipi di portoghesi: il primo è colui che “trabalha obscura e modestadamente em Portugal e por toda a parte de todas as partes do Mundo”: il governo non si interessa di lui, esiste perché esiste. Il secondo tipo è colui che governa il paese: nessuno ha niente a che vedere con il governo, pertanto questo tipo di portoghese è colui che non è. Il terzo è il portoghese delle scoperte, simboleggia ciò che è stato e non è mai tornato: è la nostalgia del portoghese che ci fu un tempo, e che, se Dio vuole, ci sarà un giorno. In comune questi tre tipi hanno: il predominio dell'immaginazione sull'intelligenza, il predominio dell'emozione sulla passione, l'istinto di adattamento. Questi tre tipi di portoghesi riuniscono caratteristiche che, secondo il momento storico e le circostanze, possono essere positive o negative. Sono questi aspetti che hanno portato i portoghesi all'apogeo o alla decadenza.
Chiudiamo con l'immagine del tutto positiva dello scrittore Hélder Macedo. Per descrivere l'identità portoghese utilizza la metafora dei colori: la tela che rappresenta l'identità portoghese è una tela in cui sono presenti tutti i colori, ma in cui il colore bianco è quello predominante, il colore del futuro, delle possibilità infinite.