domenica 29 settembre 2013

Mostra fotografica "Da rua Araùjo a via del Pratello": la storia del Mozambico raccontata attraverso le fotografie di Ricardo Rangel

Rua Araùjo, un crocevia di impossibili convivenze tra boeri e prostitute nere, polizia e malviventi, poveri e ricchi, artisti e funzionari. Il Pratello, liberale nei dettagli ma inflessibile nella sostanza, reticolo di umanità vive, affaticate, rissose e autentiche, diventa virale contrappunto al racconto visivo di Ricardo Rangel. La strada diventa fare politico a Maputo come a Bologna e in un’ellissi di passato, presente e futuro, il Tempo si condensa e prende corpo. La fotografia di Rangel sbarca in via del Pratello seguendo una rotta ideale che dall’Atlantico Negro conduce ai canali bolognesi, con delicatezza e coscienza, riflessione e consapevolezza, sussurro e denuncia detonante. 
Da sabato 28 settembre, per un intero mese, nella storica osteria Mutenye di via del Pratello sarà possibile ammirare la mostra fotografica del grande fotografo mozambicano Ricardo Rangel, 27 fotografie scattate tra il 1950 e il 1970 che raccontano la storia del Mozambico.

"Ferro em brasa", Ricardo Rangel
C'è un mondo sociale, che Rangel vede e rappresenta, ed è esattamente lo stesso che sfugge alla vista dei suoi contemporanei. Questa sua capacità di rendere visibile l'invisibile rende attuale e universale la sua opera. La denuncia esplicita del sistema coloniale e della sua violenza intrinseca è un ingrediente imprescindibile nell'analisi della sua fotografia, ma non è il più importante. Le immagini di Rangel insistono infatti più sulla censura che questo discorso produce, ossia sull'occultamento di una realtà che è davanti agli occhi di tutti ma che nessuno "vede". Rangel riesce a vedere la realtà che si nasconde dietro le pieghe della quotidianità, con una semplicità disarmante, come testimonia la foto "Homens e Serventes" che ritrae le etichette affisse alle porte dei bagni: di qua gli uomini, di là i servi, di qua i bianchi di là i neri. E lui, dal di fuori, a sorprenderli con la sua Pentax. La capacità di fotografare gli ultimi, gli sfruttati i reietti, non è invenzione di Ricardo Rangel, quella di trasformarli immediatamente in muto veicolo di lotta e denuncia però è certamente una sua peculiarità innata.  La sua Pentax non fotografa gli aguzzini ma gli oppressi, non denuncia gli oppressori ma il sistema che li produce. Rangel insegna al suo popolo la differenza sostanziale che esiste tra "guardare" e "vedere"! E' un guerrigliero solitario armato di macchina fotografica, un personaggio scomodo che grida silenziosamente le incongruenze del colonialismo di ieri e del neocolonialismo odierno, la mostruosità della povertà e dell'umiliazione che la globalizzazione ha trasformato ma non cancellato.


"Homens e serventes", Ricardo Rangel
L'Italia, e per prima Bologna, potranno godere delle immagini di Rangel grazie al curatore di questa mostra, Alfredo Sorrini, studioso e appassionato dell'opera rangeliana che nell'aprile scorso a Maputo ha ottenuto dalla signora Beatrice Kiener, moglie di Rangel, i diritti d'utilizzo di una parte delle immagini della sterminata collezione custodita nel Centro di Documentazione e Formazione fotografica, fondato dallo stesso Rangel.

"Da rua Araùjo a via del Pratello"
fotografie di Ricardo Rangel (Mozambico, 1924-2009)
a cura di Alfredo Sorrini e Mutenye

Dal 28 settembre al 28 ottobre 2013 (tutti i giorni dalle 17 alle 23.30)
Mutenye - via del Pratello 44, Bologna

venerdì 27 settembre 2013

Novità in libreria: "Blu Corvino" di Adriana Lisboa

Blu Corvino
di Adriana Lisboa


Traduzione dal portoghese di Sara Favilla
laNuovafrontiera, 2013 


Il libro
A dodici anni, Vanja perde la madre ed è costretta a lasciare Rio de Janeiro per trasferirsi a Denver, in Colorado, a casa di Fernando, l'ex marito della madre. Lì la bambina brasiliana scopre per la prima volta la neve, il freddo intenso, il gracchiare desolato dei corvi e le strade larghe senza ombra, diventando una latina. Grazie a Fernando, però, Vanja ricostruisce anche il passato della madre e il dramma della dittatura militare che, in un modo o nell'altro, con i suoi orrori, ha segnato la vita di un'intera generazione di brasiliani. Insieme a Fernando e a Carlos, un piccolo amico salvadoregno, Vanja attraversa gli Stati Uniti alla ricerca del padre biologico e delle proprie radici, finendo con il reimpossessarsi della sua storia nel momento stesso in cui questa smetterà per lei di avere importanza.

L’autrice
Adriana Lisboa è nata a Rio de Janeiro nel 1970 e attualmente vive negli Stati Uniti. Ha pubblicato cinque romanzi, una raccolta di racconti, un'altra di prose poetiche e libri per bambini. Le sue opere sono state tradotte e pubblicate in Francia, negli Stati Uniti, in Messico, in Italia, in Svezia e in Svizzera. Con il romanzo Sinfonia in bianco ha vinto, nel 2003, il Premio "José Saramago" e, nel 2007, è stata inclusa dall'Hay Festival di Bogotà tra i 39 autori under 40 più significativi dell'America Latina.

martedì 24 settembre 2013

Il Brasile ospite al Festival della Letteratura di Viaggio

Al via la VI edizione del Festival della Letteratura di Viaggio, una quattro giorni per raccontare il mondo attraverso diverse forme di narrazione del viaggio, di luoghi e culture: dalla letteratura propriamente detta alla geografia, dalla fotografia al giornalismo, dalla musica al fumetto. L’iniziativa è promossa dalla Società Geografica Nazionale e si terrà a Roma dal 26 al 29 settembre. 

Tra i tanti eventi che animeranno la capitale nell’ambito della manifestazione, sarà dedicata un’attenzione particolare a uno dei Paesi cari al Diario Portoghese, il Brasile. È previsto infatti in anteprima per domani, mercoledì 25 settembre, un fitto calendario di incontri dedicati alla storia, alla cultura, alla musica e al territorio brasiliano: dall’inaugurazione della mostra su Ermanno Stradelli, geografo, fotografo e esploratore dell’Amazzonia di fine ‘800, alla performance del complesso musicale di chorinho Pé de Moleque, passando per gli incontri con i docenti dell’Università dello Stato di Rio de Janeiro sull’antropologia.

Di seguito riportiamo il programma della giornata dedicata al Brasile.

Mercoledì 25 settembre 2013
Piazza Navona

FOCUS BRASILE / Ambasciata del Brasile
Coordina Franco Salvatori, presidente del Festival della Letteratura di Viaggio.
ore 16.30, Sala Auditorium
Brasile, tra storia e memoria 1
Testimonianze visive e aspetti antropologici. Incontro con Ricardo Vieiralves, Regina Lucia Monteiro Henriques, Ricardo Gomes, Regina Weissmann, Aureanice de Mello, Glaucio Marafon, Fabiene Gomes, Claudia Barcellos Rezende, Marcia Contins, Rosane Prado, Ricardo França, docenti Universidade do Estado do Rio de Janeiro (Uerj).

ore 17.30, Sala Auditorium
Brasile, tra storia e memoria 2
La ricerca delle origini attraverso i documenti. Incontro con Italo Moriconi, casa editrice Uerj, e Marina Faccioli, geografa, in occasione della presentazione della “Guida delle fonti per la storia del Brasile esistenti nelle biblioteche e negli archivi italiani” a cura di Aniello Angelo Avella.

ore 18.30, Galleria Portinari
Brasile, antiche e nuove esplorazioni
Inaugurazione della mostra su Ermanno Stradelli, geografo e fotografo, esploratore dell’Amazzonia di fine ‘800, a cura di Livia Raponi, Istituto Italiano di Cultura di San Paolo. Con materiali originali della Società Geografica Italiana, fotografie contemporanee di Franco Lubrani e proiezione di sei filmati etnografici brasiliani (a cura di Regina Lucia Monteiro Henriques, prorettore Uerj, e Ricardo Lima, direttore dipartimento culturale Uerj). In collaborazione con Associazione di Amicizia Italia-Brasile, Universidade do Estado do Rio de Janeiro e Istituto Italiano di Cultura di San Paolo.
La mostra sarà aperta fino al 18 ottobre 2013.

ore 19, Cortile
Brasile, alle radici della musica
Performance del complesso musicale di chorinho (musica strumentale tradizionale brasiliana) Pé de Moleque, a cura della Uerj. 
Museo di Roma, Palazzo Braschi

ore 20.30, Cortile
I SOGNI NEL CASSETTO
Roma, METAFORA DEL viaggi O E VIAGGI REALI
Vedute, panorami, cartografia, fotografia, pre-cinema. Presentazione del progetto curato dal Museo di Roma con proiezioni, letture, intermezzi musicali. Coordina Giovanni Scipioni, giornalista La Repubblica.


Franco Lubrani -®  SGI - Manaus, Villaggio di pescatori in Amazzonia

Franco Lubrani -®  SGI - Rio, Favela Rosigna
Franco Lubrani -®  SGI - San Salvador, Sciamana in costume afrobrasiliano


Il programma completo sul sito del Festival della Letteratura di Viaggio

Per maggiori informazioni sulla Società Geografica Nazionale, ente promotore dell’evento


A Idade dos Poetas

Os poetas não têm idade, porque a sua obra não marca o tempo inútil. Morreu ontem um poeta que foi lido e amado pelo menos por três gerações de portugueses. Não se poupou nem literariamente nem politicamente. Muita poesia, muito ensaio, muitas traduções (Yourcenar, Foucault, Franco Fortini, uma dúzia de volumes da História da Filosofia de Nicola Abbagnano – «não me lembre disso» – confiou-me uma vez). Uma enciclopédia chamada António Ramos Rosa (1924-2013).

O século de ouro – tal como já foi canonizado o Novecento português - fica hoje um pouco mais pobre. Poemas como Viagem através de uma nebulosa ou O Bói da Paciência ficam para nós leitores posteri.
Para quem queira, pode ouvir um dos mais belos poemas da segunda metade do século XX escrito em Portugal em versão rap (Linha da Frente):



lunedì 23 settembre 2013

Tabucchi: avrebbe compiuto 70 anni mentre sale l'attesa per l'imminente uscita dell'inedito

festeggiamolo al "tavares" di lisbona, dove era diretto nell'incipit del  romanzo


"Non ero mai stato al Tavares, in tutta la mia vita. Il Tavares è il ristorante più lussuoso di Lisbona, ci sono specchi ottocenteschi e sedie di velluto, si mangia cucina internazionale ma anche la cucina portoghese tipica, però sistemata in modo delicato, per esempio tu ordini vongole e maiale, come si fa in Alentejo, e loro te lo cucinano come se fosse un piatto parigino, così almeno mi avevano detto. Ma io non ci ero mai stato, ne avevo solo sentito parlare. Presi un autobus fino all' Intendente. La piazza era piena di puttane e di magnaccia." ...

Interrompiamo qui bruscamente la fluente narrazione di Antonio Tabucchi soffermandoci su queste primissime battute tratte dall'incipit di "Per Isabel. Un mandala" (Feltrinelli, pagg. 128, euro 13) che l'Editore ha concesso di anticipare a Repubblica (vedi sezione Cultura - 19 settembre u.s.), nell'imminenza dell'uscita del romanzo postumo prevista per il 9 ottobre prossimo. Se si pensa che proprio oggi il grande autore avrebbe compiuto 70 anni, essendo nato a Pisa il 23 settembre del 1943, appare chiaro come tale pubblicazione assuma anche un connotato celebrativo rilevante.

Mentre montano le attese e si affollano indiscrezioni circa la genesi e i contenuti del libro inedito, alla cui uscita seguiranno fior di recensioni miste ai ricordi degli amici che Tabucchi contava anche tra i colleghi scrittori, noi del diario portoghese preferiamo restare ancora un po' "alla finestra". Anziché indagare sulla figura di Isabel e degli altri protagonisti dell'ennesima creazione letteraria uscita dalla genialità del più portoghese tra gli autori italiani, ci fermiamo così alle primissime righe, da cui siamo stati folgorati.
Leggendole, la prima reazione è stata: il Tavares? Perché mai cominciare un romanzo citando un ristorante? E ancora: ma davvero una celebrità del calibro di Tabucchi non ci aveva mai messo piede, non aveva mai cenato là? Questi interrogativi ci hanno spinti ad avvicinarci al celebre ristorante, vuoi nell'illusione di entrarci idealmente in compagnia dello scrittore, vuoi nella speranza di condividere coi nostri lettori il fascino di un posto tra i più illustri di Lisbona. Premesso che difficilmente il Tavares può passare inosservato a chiunque, aggirandosi nel Quartiere Bairro Alto & Chiado passi davanti al numero 35 di Rua da Misericórdia, ci è venuta la curiosità di saperne di più.

Abbiamo quindi appurato che con più di duecento anni di esistenza, è uno dei ristoranti più antichi del Portogallo e uno dei più antichi al mondo: fondato nel 1784, viene considerato una pietra miliare nella storia della città di Lisbona. Ecco come lo descrive la Guida Michelin: "emblematico, tanto per la sua eleganza quanto per l'antichità, il ristorante, dispone di un bell'ingresso e di una sala in stile regio, con grandi specchi, bellissime dorature e lampadari classici. Cucina d'autore elaborata a partire da solide basi  tradizionali". Basteranno le immagini della facciata e degli interni del Tavares, oltreché di qualche invitante specialità del menu, ad appagarci?

Consapevoli che le foto ci lasceranno comunque a bocca asciutta, ci consoliamo riprendendo il filo del racconto di Tabucchi che avevamo interrotto. L'incipit del nuovo libro così prosegue:

"Era la fine del pomeriggio, ero in anticipo. Entrai in un vecchio caffè che conoscevo, un caffè con biliardi, e mi misi a guardare il gioco. C'era un vecchietto senza una gamba che giocava appoggiato a una stampella, aveva gli occhi chiari e i capelli crespi e bianchi, faceva birilli come se bevesse un bicchier d'acqua, ripulì tutti i presenti e poi si sedette su una sedia e si dette un colpetto sul ventre come se stesse per digerire. Amico, vuoi giocare?, mi chiese. No, risposi io, con te perderei sicuramente, se vuoi possiamo giocarci un bicchierino di Porto, ho bisogno di un aperitivo, ma se preferisci te lo offro volentieri. Lui mi guardò e sorrise. Hai un accento strano, aggiunse, sei straniero? Un po' , risposi. Da dove vieni?, chiese. Dai dintorni di Sirio, dissi io. Non conosco questa città, replicò lui, a che paese appartiene? Al Cane Maggiore, dissi io. Bah, fece lui, con tutti i paesi nuovi che ci sono ora nel mondo. Si grattò la schiena con la stecca del biliardo. E come ti chiami?, chiese. Mi chiamo Waclaw, risposi, ma questo è solo il nome di battesimo, per gli amici sono Tadeus. Lui perse l'aria di diffidenza e fece un largo sorriso. Ma allora sei battezzato, disse, dunque sei cristiano, sono io che ti offro da bere, cosa prendi? Dissi che prendevo un Porto bianco e lui chiamò il cameriere. Ho capito cosa ti manca, continuò l'omino, ti manca la donna, una bella donna africana di diciotto anni, costa poco, è quasi vergine, è arrivata da Capo Verde ieri. No, grazie, dissi io, fra poco devo andarmene, cercherò di prendere un taxi, stasera ho un appuntamento importante, non ho tempo per le ragazze in questo momento".




domenica 22 settembre 2013

Il nuovo romanzo di David Machado, "Índice Médio de Felicidade"

Arriva nelle librerie portoghesi il nuovo romanzo di David Machado, Índice Médio de Felicidade. Avevamo già parlato di questo giovane e promettente scrittore, in occasione della pubblicazione in Italia di Che parlino le pietre (titolo originale, Deixam falar as pedras). Ora vi proponiamo la scheda di lettura di questo suo nuovo libro per parlare di ottimismo e di speranza, anche in tempi di crisi.

Daniel ha un piano, una specie di diario del futuro scritto su un quaderno. Alle volte torna indietro per correggere alcune cose e la vita sembra facile – e anche la felicità. All’improvviso, però, tutto si complica: il Portogallo entra in collasso e Daniel perde il lavoro, non riuscendo più a pagare le spese di casa; sua moglie, anche lei senza lavoro, lo abbandona portando con sé i figli alla ricerca di migliori opportunità; i suoi due migliori amici non sono presenti: uno, Xavier, si è barricato in casa da dodici anni, accecato dalle statistiche e profondamente depresso per il fatto che il sito che ha creato si è rivelato un completo disastro; l’altro, Almodôvar, viene incarcerato durante un tentativo disperato di mettere una toppa alla sua vita. Quando pensa ai suoi figli e al figlio di Almodôvar, Daniel cerca di capire se resta un barlume di speranza alle generazioni future. E non vuole desistere. Nonostante i problemi della sua vita, la sua volontà di rimettere a posto tutto sembra incrollabile. Perchè, senza futuro, il presente non ha alcun senso.

Índice Médio de Felicidade é un romanzo estremamente attuale che racconta la storia di un uomo in crisi, in un Paese sull’orlo del collasso economico, che tuttavia non perde la forza e l’ottimismo per andare avanti e per lottare per la sua vita e per la felicità di coloro che ama. Drammatico e realista, ma con momenti esilaranti, è un libro sulla felicità e sulla speranza.

«Há muito tempo que queria escrever esta história. A felicidade foi sempre muito importante para mim. E depois, nos últimos anos, sobretudo após o nascimento dos meus filhos, surgiu em mim uma ideia de futuro que não existia de todo antes. De modo que é um romance sobre o futuro, da mesma forma que o Deixem Falar as Pedras era um romance sobre o passado».
David Machado


Per saperne di più:

il blog di David Machado
ascolta l’intervista di Smooth FM
lo scrittore João Tordo consiglia il libro sull’Agenda Cultural de Lisboa
l’editore Maria do Rosário Pedreira parla del romanzo sul blog Horas Extraordinárias



mercoledì 18 settembre 2013

Tell a Story, libri per scoprire il Portogallo attraverso gli occhi dei suoi scrittori

Un’iniziativa interessante e dal gusto un po’ retrò anima i vicoli di Lisbona. Si chiama “Tell a Story” ed è un pulmino bianco e azzurro che propone una valida alternativa al classico souvenir per turisti: libri di autori portoghesi tradotti in diverse lingue per permettere ai suoi visitatori di conoscere un Paese tanto ricco di suggestioni attraverso gli occhi dei suoi scrittori. Pessoa, Almeida Garrett, Saramago, António Lobo Antunes e José Luís Peixoto sono solo alcuni dei nomi che affollano gli scaffali di questo insolito bookshop su due ruote, illustri rappresentanti di una letteratura ancora troppo poco valorizzata nel mare magnum delle proposte editoriali italiane. L’idea è stata lanciata da Dominic Cruz, João Pereira e Francisco Antolin, che giorno per giorno organizzano il loro itinerario di viaggio, così come l’assortimento delle loro proposte di lettura. L’iniziativa sta riscuotendo un discreto successo tanto che i tre amici stanno già pensando di “ampliare” la loro attività con l’acquisto di un nuovo furgoncino. A noi non ci resta che augurare loro i nostri più cari “parabéns”.



Because we believe there’s no better way to remember a journey than a book. And that nothing makes one travel more than reading.

Per saperne di più visita il sito e la pagina Facebook di Tell a Story:


lunedì 16 settembre 2013

“Amazônia – Planeta Verde”: come scoprire la foresta assieme a una scimmietta

una docu-fiction franco-brasiliana fuori concorso al festival del cinema di venezia


Chiudete gli occhi e immaginate di trovarvi improvvisamente catapultati nel cuore della foresta amazzonica, immersi coi vostri cinque sensi in una natura incontaminata dove tutto è nuovo e sconosciuto: suoni, odori, sapori, colori, animali, vegetali, insomma quasi un altro mondo fitto di emozioni e sorprese ma anche irto di pericoli. Immaginate il vostro cuore battere a mille e dibattersi tra il desiderio di scoprire ogni dettaglio di questo ambiente misterioso e la paura di non uscirne vivi, che vi spinge a cercare una via di fuga per rientrare nel vostro habitat abituale.

Se l'ipotesi di vivere un'avventura del genere vi tenta, dovete solo sperare che “Amazônia – Planeta Verde”- la maggior produzione cinematografica realizzata nella foresta amazzonica brasiliana, oltreché la prima girata in 3D- approdi nelle sale italiane. Questa mega impresa franco-brasiliana, presentata fuori concorso al recente Festival Internazionale del Cinema di Venezia- unendo le più sperimentate tecniche documentaristiche con quelle della fiction-, ha infatti costruito un racconto che riesce a coinvolgere empaticamente lo spettatore.



Il punto di vista di chi guarda coincide col punto di vista della protagonista della docu-fiction, una scimmietta cappuccina, "macaco prego" nella denominazione comune brasiliana. Cresciuta a contatto solo con gli umani, la scimmietta si salva miracolosamente da un disastro aereo e riesce ad uscire dai rottami dell'apparecchio precipitato in piena foresta amazzonica: sarà lei a condurre lo spettatore in questo viaggio iniziatico di 90 minuti, le sue paure saranno le stesse di chi guarda, le sue gioie pure, perché entrambi estranei a quel contesto incontaminato.

Saï -così è chiamata nella scheda di presentazione italiana, Kong in quella brasiliana- vive una fantastica odissea a luci ed ombre: le capita da un lato di trovarsi a tu per tu con animali mai visti prima, tra cui anaconde, tapiri, giaguari e lontre giganti, dall'altro scopre nuovi cibi deliziosi che la consoleranno dalle paure provate, ma in ogni caso deve imparare a cavarsela da sola in ogni situazione. Trattandosi di un cebo cappuccino -scelto non a caso perché ritenuto tra le scimmie più socievoli, scaltre ed intelligenti- arriva via via ad intuire che solo se riuscirà a farsi adottare da altre sue simili potrà salvarsi, ritrovando così la sua vera identità.

Non pensiamo però che il lieto fine (la scimmietta ad un certo punto rivede un essere umano, ma dopo una breve esitazione sceglie di rimanere nel posto da dove era stata forzosamente strappata) sia fittizio: la straordinarietà del film, che dall'idea iniziale alla conclusione ha visto passare ben 7 anni e le cui riprese si sono svolte in tre fasi negli anni 2011- '12 e '13), è l'aver scelto di non addomesticare gli animali, per cui ogni reazione filmata è reale e nulla è stato ricreato in studio. La quarantina di scimmie con cui l'equipe ha lavorato è stata selezionata tra quelle recuperate dall'Ibama (l'istituto brasiliano per l'ambiente deputato alla protezione della fauna selvatica) in abitazioni o capanne dov'erano divenute indebitamente animali da compagnia e che poi le ha custodite in appositi rifugi per le specie protette.


Si tratta quindi di animali che, al pari della protagonista -per il 90% delle riprese Saï è stata interpretata dalla stessa scimmia che ha conquistato la troupe per espressività e dolcezza- erano abituati a vivere con gli uomini. Prima di venire reintrodotti nell'ambiente (un'area di 120 km a nord di Manaus), i cebi cappuccini hanno trascorso un paio d'anni con gli esperti che avevano l'arduo compito di ricostituire un gruppo affiatato, come avviene in natura. Per garantire il massimo di sicurezza possibile agli animali è stato mobilitato uno stuolo di specialisti in fauna e flora tra biologi, veterinari locali e guide della giungla che ha lavorato fianco a fianco con l'equipe cinematografica creando un complice sodalizio tra brasiliani e francesi.

Nel corso della presentazione veneziana il regista Thierry Ragobert (documentarista allievo del grande Jacques Cousteau) ha dichiarato che “la sicurezza delle scimmie è sempre stata tutelata al massimo” precisando che “l'illusione del pericolo é stata costruita in fase di montaggio, con la scelta delle inquadrature. Ma se un vero pericolo si affacciava -ha aggiunto- gli esperti, contrassegnati da una forte deontologia, erano pronti ad intervenire. Ad esempio, quando la protagonista si trova su di un tronco in mezzo al fiume, è stato utilizzato un peluche”.

Che si tratti di una docu-fiction ecologista appare confermato dal premio Ambiente del WWF, attribuito e consegnato proprio nell'ambito del Festival Cinematografico. Ma non basta: per il regista è anche un “film militante che, pur senza demonizzare ciò che è umano, risveglia la curiosità e la voglia di tutelare la natura e la straordinaria biodiversità dell’Amazzonia affinché non scompaia per sempre. Perché possiamo salvare -ha affermato Ragobert- solo quello che conosciamo e amiamo.”

Tra le peculiarità di “Amazônia – Planeta Verde”, oltre alla potenza visiva data dall’effetto tridimensionale, da segnalare anche l’assenza di una voce narrante che guidi il racconto e un sonoro fatto solo di musica e dei suoni della natura. Quanto alla stretta collaborazione franco-brasiliana, vale la pena segnalare la presenza di due co-sceneggiatori: Luiz Bolognesi (BR) e Louis-Paul Desanges (FR); di due direttori della fotografia: Manuel Teran (FR) e Gustavo Hadba (BR) oltreché delle due case di Produzione: Biloba Films (FR) e Gullane (BR).

Per saperne di più:

Trailer “Amazônia – Planeta Verde”
http://www.movietele.it/video/4517-trailer-amazonia

giovedì 12 settembre 2013

Mestres do Renascimento: capolavori italiani in Brasile

57 opere in mostra a São Paulo e Brasília

Chi, anche se nato e cresciuto in Brasile, non ha mai sentito parlare di Raffaello, Leonardo, Michelangelo, Tiziano? Chi non ha mai visto alcune riproduzioni delle principali opere del Rinascimento italiano sui libri o in cartolina? E chissà quale emozione potrebbe provare nell’ammirarle finalmente dal vivo, senza nemmeno doversi concedere un viaggio in Italia! Ebbene, questa emozione è attualmente possibile visto che ben 57 capolavori provenienti dalle maggiori collezioni pubbliche e private italiane sono volati oltreoceano per sostare prima a São Paulo, poi a Brasília.

Raffaello Sanzio, Cristo Benedicente
Stiamo parlando della Mostra “I maestri del Rinascimento. Capolavori Italiani” inaugurata a São Paulo il 13 luglio scorso dove resterà aperta fino al 23 settembre prossimo per spostarsi quindi a Brasília, dal 12 ottobre al 5 gennaio 2014. Sede di entrambe le esposizioni è il Centro Cultural Banco do Brasil e l’ingresso, particolare non irrilevante, è gratuito. La realizzazione di questo grande evento culturale, che suggella lo scambio di relazioni tra i due Paesi, è stato reso possibile dalla collaborazione di Civita e StArt per parte italiana, con Base7 per quella brasiliana.

Per presentare al pubblico brasiliano uno dei periodi più influenti della storia dell’arte, la Mostra cerca di far conoscere tramite le figure di una cinquantina di artisti, l’evoluzione che ha caratterizzato un secolo di storia a cavallo del 1500 focalizzandosi sui diversi centri rinascimentali. Il percorso espositivo si articola pertanto in sei sezioni  (Firenze, Roma, Urbino, Ferrara, Venezia,  Milano e Italia del Nord) che rappresentano le principali aree territoriali allora animate da una quantità di botteghe da cui scaturì un’immensa produzione artistica.



L’esposizione si apre con la sezione dedicata a Firenze, considerata la culla del Rinascimento, per documentare nelle successive una campionatura di grandi maestri fiorita altrove, ognuno con  linguaggi e sfumature diverse, assurti a vere e proprie “star” contese dalle grandi corti. Impossibile elencare tutti gli autori esposti: con una carrellata sommaria citiamo tra i tanti Botticelli, Bellini, Cima da Conegliano, Correggio, Giorgione, Tintoretto, Andrea Mantegna, il Parmigianino. Altrettanto arduo elencare le opere. Tra queste: la Maddalena di Tiziano, L’assassinio di Abele di Tintoretto, L’Arcangelo Raffaele con Tobiolo tra i Santi Nicolò e Giacomo di Cima da Conegliano, Ritratto di Elisabetta Gonzaga di Raffaello.  

Giovanni Bellini, Vergine Annunciata
Raffaello Sanzio, Sant'Agostino nello studio

sabato 7 settembre 2013

Piccole perle di saggezza popolare, seduti al tavolino di un caffè portoghese

Se vi dovesse capitare di passeggiare tra i vicoli e le strade del Portogallo, alla scoperta di un paese tanto ricco di tesori artistici quanto paesaggistici, non dimenticatevi di tanto in tanto di fare una pausa in un tipico bar portoghese. Sedetevi ai suoi tavolini, respirate l’atmosfera che vi circonda e ordinate un caffè, magari accompagnato da uno dei dolci più tipici del Portogallo, il pastel de nata. Fate attenzione alla bustina di zucchero che vi è stata data. Potrà capitare di leggervi uno dei tanti proverbi che fanno parte della lingua portoghese, raccontati in breve nel loro significato e nella loro origine. Ve ne proponiamo alcuni, spiegati nella nostra lingua:

Engolir Sapos: accettare, anche di malavoglia, situazioni incresciose. L’espressione trae origine dalle Sacre Scritture e fa riferimento alla seconda piaga d’Egitto, quando il Paese si riempì di rane e rospi dopo l’inondazione del fiume Nilo. Secondo il racconto biblico, gli animali non solo invasero le case, ma anche i piatti degli abitanti del regno. Da qui il significato dell’espressione “ingoiare rospi”, ovvero sopportare situazioni sgradevoli senza lamentarsi.

Tirar o pai da forca: avere fretta. La leggenda narra che, mentre si trovava a Padova, Sant’Antonio ricevette la visita di un angelo. Gli disse che suo padre era stato ingiustamente incarcerato a Lisbona. Il Santo si recò immediatamente nella città portoghese e liberò l’uomo. 


Ter para os alfinetes: avere abbastanza denaro. Anticamente le spille erano usate dalle signore come accessorio. Essendo un oggetto prezioso, “avere denaro per le spille” significava avere denaro da spendere anche per le cose non strettamente necessarie. 

lunedì 2 settembre 2013

Ex colonie e mine post-belliche: i “ratos-heróis” i migliori sminatori

IL “CRICETOMYS GAMBIANUS” ALL’OPERA IN ANGOLA E MOZAMBICO

Tutto cominciò con un sogno dell’ingegnere belga Bart Weetjgens che, da sempre interessato ai roditori, fin da piccolo li teneva come animali da compagnia: anni più tardi scoprì, grazie ad una rivista scientifica, che una particolare specie è efficacissima nel fiutare gli esplosivi. Questa premessa è necessaria per parlare sia di due Paesi cari al Diario portoghese come le ex colonie Angola e Mozambico, notoriamente costellati di pericolosissime mine quale eredità della lunghe e travagliate guerre civili di cui sono stati teatro, sia dell’impiego di un roditore come metodo per individuare le mine.

Benché il nome scientifico di questi roditori sia “cricetomys gambianus” è comprensibile che siano stati ribattezzati, per riconoscenza, “ratos-heróis”. Chissà se l’impiego in attività squisitamente umanitarie del mammifero forse meno amato del mondo, consentirà al topo un riscatto. Va precisato che il “ratos gigantes do Gambia”, questa la sua denominazione comune, ha delle caratteristiche particolari sia nell’aspetto sia nel carattere. Lungo da testa a coda come un procione, pesa fino a 2,8 chili. È molto socievole e di conseguenza molto facile da addestrare. La ricompensa per aver individuato le mine nascoste sotto il suolo grazie al suo speciale olfatto, avviene a suon di noccioline di cui va ghiotto, ma anche di carezze.

É già dal 2004 che questi ratti sono all’opera in Mozambico grazie all’apporto finanziario dell’Ong Belga APOPO che aveva iniziato a sperimentare l’idea di  Bart Weetinges nel 1997 trasferendo la sede principale in Tanzania presso l'Università dell'Agricoltura Sokoine, mentre in Angola sono approdati in tempi molto più recenti. APOPO opera in collaborazione con altre organizzazioni internazionali tra cui l’Ong norvegese APN, la tedesca Menschen gegen Minen e la svizzera Centre for Humanitarian Demining. Ma vediamo, in cifre, perché l’impiego dei topi è considerato addirittura più efficace rispetto a quello di personale specializzato munito di detentori di metallo: una persona impiega un giorno intero per analizzate solo 50 metri quadri di terreno minato, mentre un ratto impiega appena mezz’ora per testarne 100.

Se si pensa che nelle due ex colonie portoghesi ci sono km e km di territorio infestato da mine anticarro e antiuomo, il vantaggio è lampante. Inoltre questo mammifero è facilmente trasportabile ovunque in apposite gabbiette, si adatta ad ogni tipo di clima e di suolo e sa fiutare pure le mine non metalliche che sono sia le più diffuse sia le più insidiose. Ma non basta. C’è un'altra prerogativa costituita dal suo peso che, inferiore ai tre chili, non fa scattare la detonazione. Non c’è alcun pericolo, quindi, per l’incolumità del ratto, a differenza di quanto può accadere a una persona o a un cane, potenziali vittime della loro opera di sminamento.

Una buona notizia, questa, pure per gli animalisti e tanta nuova speranza per le famiglie i cui componenti, soprattutto inconsapevoli bambini, hanno subito infortuni e amputazioni.