lunedì 16 settembre 2013

“Amazônia – Planeta Verde”: come scoprire la foresta assieme a una scimmietta

una docu-fiction franco-brasiliana fuori concorso al festival del cinema di venezia


Chiudete gli occhi e immaginate di trovarvi improvvisamente catapultati nel cuore della foresta amazzonica, immersi coi vostri cinque sensi in una natura incontaminata dove tutto è nuovo e sconosciuto: suoni, odori, sapori, colori, animali, vegetali, insomma quasi un altro mondo fitto di emozioni e sorprese ma anche irto di pericoli. Immaginate il vostro cuore battere a mille e dibattersi tra il desiderio di scoprire ogni dettaglio di questo ambiente misterioso e la paura di non uscirne vivi, che vi spinge a cercare una via di fuga per rientrare nel vostro habitat abituale.

Se l'ipotesi di vivere un'avventura del genere vi tenta, dovete solo sperare che “Amazônia – Planeta Verde”- la maggior produzione cinematografica realizzata nella foresta amazzonica brasiliana, oltreché la prima girata in 3D- approdi nelle sale italiane. Questa mega impresa franco-brasiliana, presentata fuori concorso al recente Festival Internazionale del Cinema di Venezia- unendo le più sperimentate tecniche documentaristiche con quelle della fiction-, ha infatti costruito un racconto che riesce a coinvolgere empaticamente lo spettatore.



Il punto di vista di chi guarda coincide col punto di vista della protagonista della docu-fiction, una scimmietta cappuccina, "macaco prego" nella denominazione comune brasiliana. Cresciuta a contatto solo con gli umani, la scimmietta si salva miracolosamente da un disastro aereo e riesce ad uscire dai rottami dell'apparecchio precipitato in piena foresta amazzonica: sarà lei a condurre lo spettatore in questo viaggio iniziatico di 90 minuti, le sue paure saranno le stesse di chi guarda, le sue gioie pure, perché entrambi estranei a quel contesto incontaminato.

Saï -così è chiamata nella scheda di presentazione italiana, Kong in quella brasiliana- vive una fantastica odissea a luci ed ombre: le capita da un lato di trovarsi a tu per tu con animali mai visti prima, tra cui anaconde, tapiri, giaguari e lontre giganti, dall'altro scopre nuovi cibi deliziosi che la consoleranno dalle paure provate, ma in ogni caso deve imparare a cavarsela da sola in ogni situazione. Trattandosi di un cebo cappuccino -scelto non a caso perché ritenuto tra le scimmie più socievoli, scaltre ed intelligenti- arriva via via ad intuire che solo se riuscirà a farsi adottare da altre sue simili potrà salvarsi, ritrovando così la sua vera identità.

Non pensiamo però che il lieto fine (la scimmietta ad un certo punto rivede un essere umano, ma dopo una breve esitazione sceglie di rimanere nel posto da dove era stata forzosamente strappata) sia fittizio: la straordinarietà del film, che dall'idea iniziale alla conclusione ha visto passare ben 7 anni e le cui riprese si sono svolte in tre fasi negli anni 2011- '12 e '13), è l'aver scelto di non addomesticare gli animali, per cui ogni reazione filmata è reale e nulla è stato ricreato in studio. La quarantina di scimmie con cui l'equipe ha lavorato è stata selezionata tra quelle recuperate dall'Ibama (l'istituto brasiliano per l'ambiente deputato alla protezione della fauna selvatica) in abitazioni o capanne dov'erano divenute indebitamente animali da compagnia e che poi le ha custodite in appositi rifugi per le specie protette.


Si tratta quindi di animali che, al pari della protagonista -per il 90% delle riprese Saï è stata interpretata dalla stessa scimmia che ha conquistato la troupe per espressività e dolcezza- erano abituati a vivere con gli uomini. Prima di venire reintrodotti nell'ambiente (un'area di 120 km a nord di Manaus), i cebi cappuccini hanno trascorso un paio d'anni con gli esperti che avevano l'arduo compito di ricostituire un gruppo affiatato, come avviene in natura. Per garantire il massimo di sicurezza possibile agli animali è stato mobilitato uno stuolo di specialisti in fauna e flora tra biologi, veterinari locali e guide della giungla che ha lavorato fianco a fianco con l'equipe cinematografica creando un complice sodalizio tra brasiliani e francesi.

Nel corso della presentazione veneziana il regista Thierry Ragobert (documentarista allievo del grande Jacques Cousteau) ha dichiarato che “la sicurezza delle scimmie è sempre stata tutelata al massimo” precisando che “l'illusione del pericolo é stata costruita in fase di montaggio, con la scelta delle inquadrature. Ma se un vero pericolo si affacciava -ha aggiunto- gli esperti, contrassegnati da una forte deontologia, erano pronti ad intervenire. Ad esempio, quando la protagonista si trova su di un tronco in mezzo al fiume, è stato utilizzato un peluche”.

Che si tratti di una docu-fiction ecologista appare confermato dal premio Ambiente del WWF, attribuito e consegnato proprio nell'ambito del Festival Cinematografico. Ma non basta: per il regista è anche un “film militante che, pur senza demonizzare ciò che è umano, risveglia la curiosità e la voglia di tutelare la natura e la straordinaria biodiversità dell’Amazzonia affinché non scompaia per sempre. Perché possiamo salvare -ha affermato Ragobert- solo quello che conosciamo e amiamo.”

Tra le peculiarità di “Amazônia – Planeta Verde”, oltre alla potenza visiva data dall’effetto tridimensionale, da segnalare anche l’assenza di una voce narrante che guidi il racconto e un sonoro fatto solo di musica e dei suoni della natura. Quanto alla stretta collaborazione franco-brasiliana, vale la pena segnalare la presenza di due co-sceneggiatori: Luiz Bolognesi (BR) e Louis-Paul Desanges (FR); di due direttori della fotografia: Manuel Teran (FR) e Gustavo Hadba (BR) oltreché delle due case di Produzione: Biloba Films (FR) e Gullane (BR).

Per saperne di più:

Trailer “Amazônia – Planeta Verde”
http://www.movietele.it/video/4517-trailer-amazonia

Nessun commento:

Posta un commento

Lascia un commento