lunedì 28 luglio 2014

Festival film Locarno: quattro cineasti lusofoni in lizza a "Open doors 2014"

Tre mozambicani e un angolano tra i dodici progetti selezionati in concorso.



Il Festival del film di Locarno, cittadina della Svizzera ticinese affacciata sulle sponde del lago Maggiore, è ormai un appuntamento tradizionale estivo per i cinefili. Giunto alla 67/ma edizione - quest’anno in programma dal 6 al 16  agosto - si snoda come di consueto in diverse sezioni e riserva numerosi riconoscimenti, oltre all’ambitissimo Pardo d’oro che ne è diventato anche il simbolo. Il diario portoghese ha focalizzato la sua attenzione su “Open Doors”, il laboratorio di coproduzione del Festival del film Locarno istituito 12 anni or sono - col sostegno della Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC) del Dipartimento federale svizzero degli affari esteri - allo scopo di appoggiare finanziariamente e lanciare i registi di una regione del Sud e dell’Est del mondo, il cui cinema indipendente è fragile.

Questa 12/ma edizione dal titolo “Open Doors 2014: un altro lato dell'Africa” (9-12 agosto), è dedicata alle regioni anglofone e lusofone dell’Africa subsahariana. Ci offre così lo spunto per occuparci di due ex colonie portoghesi di cui si parla poco: tra i 12 progetti selezionati ne troviamo infatti ben tre realizzati da cineasti provenienti dal Mozambico e uno dall'Angola. Sono: Aleluia di Zézé Gamboa (Angola), Heart and Fire di Sol de Carvalho (Mozambico), Kula: A Memory in Three Acts di Inadelso Cossa (Mozambico), The Train of Salt and Sugar di Licinio de Azevedo (Mozambico/Portogallo).

Andiamo a conoscerli meglio.

mercoledì 23 luglio 2014

Musica portoghese: 10 anni fa moriva Carlo Paredes, chitarrista geniale dallo spirito rivoluzionario

José Saramago nei Quaderni di Lanzarote lo ricorda con parole piene di ammirazione e gratitudine



«Não o pensava antes, quando escutava a guitarra de Carlos Paredes, mas hoje, recordando-a, compreendo que aquela música era feita de alvoradas, canto de pássaros anunciando o sol». Inizia con queste intense parole il ricordo che José Saramago - dal suo esilio alle Canarie scrivendo il diario che ha dato vita ai Quaderni di Lanzarote - dedica alla figura del leggendario chitarrista Carlos Paredes, vera icona sia del fado sia dello spirito rivoluzionario sfociato nella caduta della dittatura. Nel decennale della sua morte, avvenuta il 23 luglio 2004 a Lisbona (era nato il 16 febbraio 1925 a Coimbra), Il diario portoghese lo vuole ricordare, ipotizzando che le ultime generazioni non abbiamo fatto in tempo a sentirlo suonare e a conoscerne la grandezza.

Carlos nasce in una famiglia dove la musica è di casa da generazioni e la chitarra onnipresente. Infatti il padre Artur è un grande chitarrista e compositore, a sua volta figlio e nipote d’arte: non sorprende quindi che solo guardandolo apprenda le prime posizioni della mano, che inizi a suonare fin da bambino e che a 14 partecipi a un programma radiofonico, realizzato dal padre. Benché la sua famiglia - che nel 1937 si trasferisce a Lisbona - decida di fargli prendere lezioni di violino e di pianoforte, soprattutto per volontà della madre cui deve la sensibilità culturale, Carlos opta presto per la chitarra. Come sanno bene gli appassionati di fado, la guitarra di Coimbra è molto diversa dalla sorella lisbonese, ma restano entrambe perno centrale della musica popolare portoghese. Se già il padre si era dimostrato un innovatore della chitarra di Coimbra, il figlio non sarà da meno e, pur senza mai rifiutare la lezione ricevuta dalla tradizione, a unanime giudizio riuscirà addirittura a reinventarne la sonorità.

mercoledì 9 luglio 2014

Manoel de Oliveira: finalmente nelle sale italiane “O Gebo e a Sombra”

L’ultracentenario cineasta ha intanto avviato le riprese del corto “O Velho do Restelo”



Per quei misteri delle distribuzioni cinematografiche che sfuggono ai non addetti ai lavori, è approdato solo in questi giorni nelle sale italiane O Gebo e a Sombra, l’ultimo lavoro dell'ultracentenario Manoel de Oliveira, presentato nel 2012 fuori concorso alla 65/ma Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. Un accenno al film il nostro blog lo aveva già fatto in occasione del post di auguri per isuoi 105 anni ed ora ne riparla data l’opportunità di vedere il lungometraggio estesa ad un pubblico ben più ampio, ammesso che resista per qualche tempo nelle sale italiane. Si tratta infatti di un’opera adatta ai palati più fini, non proprio accattivante e men che meno “da cassetta” benché piena di sapiente maestria, com’è lecito aspettarsi dal decano dei cineasti a livello mondiale.

Coprodotto da Portogallo e Francia e girato a Parigi in lingua francese, il film è tratto da una pièce teatrale dello scrittore portoghese Raul Germano Brandão (Foz do Douro, 12 marzo 1867 – Lisbona, 5 dicembre 1930) ritenuta attuale oltreché universale, da de Oliveira. Vediamo perché: come negli anni Venti, quando fu scritta, si assiste a un impoverimento generale della maggioranza della società portoghese, in contrasto con l’arricchimento di una minoranza di finanzieri e speculatori. Un ottimo spunto per il regista il cui intento, più volte dichiarato, era proprio quello di realizzare «um filme sobre a pobreza». Laddove, per povertà, s’intende non solo quella economica, anche quella spirituale.

La trama dipinge la famiglia di un anziano contabile che continua stancamente a lavorare per far fronte alle necessità. Vive con la moglie e la nuora, sconvolte dall’improvvisa sparizione del rispettivo figlio e marito, sulle cui cause il capofamiglia continua a mentire per nascondere il reato di furto all'origine del misterioso allontanamento. La quiete famigliare, già minata, verrà ulteriormente turbata dall’improvvisa ricomparsa del giovane. Il clima d’attesa è il cuore del lungometraggio, ambientato in un’unica scena all’interno della casa, illuminata da un onnipresente lume a petrolio. Le conversazioni sui temi cruciali della vita, inframezzate da tazze di caffè, offrono il destro a lunghi piani sequenza con inquadrature fisse e frontali dei protagonisti, interpretati da un cast stellare tra cui Claudia Cardinale, Jeanne Moreau, Michael Lonsdale.

Di O gebo e a Sombra si è molto parlato e scritto al momento del suo arrivo a Venezia, circa due anni fa: tra le decine di recensioni uscite al diario portoghese è piaciuta particolarmente quella scritta da Danilo Cardone sul blog Cinefobie, che fa scattare la voglia di non perdere il film. Non ci ha convinti solo per i giudizi estremamente lusinghieri (“un’estasi per l’occhio e contemporaneamente una carezza sul cuore e un pugno nello stomaco. Insomma, opera vera”), culminati in una votazione superba (9 e mezzo), ma per l'efficacia descrittiva nel suo complesso. Non volendoci improvvisare critici cinematografici, invitiamo chi ci segue ad esaudire ogni curiosità  sull’estetica del film direttamente sul sito indicato.

Infine, un doveroso aggiornamento sull’instancabile attivismo di Manoel De Oliveira, di nuovo all'opera essendosi infine sbloccati i finanziamenti da tempo attesi per il progetto che teneva  in serbo: ha infatti iniziato a girare nella sua città natale Porto il cortometraggio O Velho do Restelo,  una riflessione sul Portogallo e la sua storia a partire dalla crisi in atto. Per dirla con le parole usate dallo stesso regista conversando con la rivista francese Cahiers du Cinéma, sarà un film «sobre um presente suspenso da realidade». Anche in questo lavoro  il Maestro conferma lo stretto legame con la letteratura, ispirandosi al personaggio creato da Luìs de Camões nella sua epopea Os Lusiadas cui associa una lettura personale di testi di altri sommi scrittori quali Miguel de Cervantes, Teixeira de Pascoaes e Camilo Castelo Branco. Finanziamenti permettendo, visto che secondo fonti di stampa portoghesi starebbero arrivando a singhiozzo, la lavorazione del film dovrebbe essere completata entro il prossimo agosto.