martedì 23 giugno 2015

Saramago: a 5 anni dalla scomparsa viene raccolta la sua proposta di una “Carta dos Deveres Humanos”

Fin dall’appello nel 1998, il tema dei diritti umani restò una priorità per il premio Nobel


Quale miglior modo di commemorare i cinque anni dalla scomparsa di José Saramago (avvenuta il 18 giugno 2010 a Tías nell’isola spagnola di Lanzarote) che raccogliere il testimone per cominciare a concretizzare la sua proposta di creare la “Carta dos Deveres Humanos”? «Foi-nos proposta uma Declaração Universal de Direitos Humanos, e com isso julgámos ter tudo, sem repararmos que nenhuns direitos poderão subsistir sem a simetria dos deveres que lhes correspondem, o primeiro dos quais será exigir que esses direitos sejam não só reconhecidos, mas também respeitados e satisfeitos», aveva detto infatti il premio Nobel della Letteratura nel 1998 proprio a Stoccolma lanciando un accorato appello ai 1.200 presenti alla cerimonia, in coincidenza col 50/mo anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti umani.

Il suo suggerimento viene raccolto ora da un gruppo di intellettuali, pensatori e filosofi che si riunirà il 24 e 25 giugno p.v. a Città del Messico nel “Congresso Prospectiva del Mundo” per volontà congiunta dell’UNAM (Universidad Nacional Autónoma de México), del World Future Society - Capítulo Mexicano e della Fundação José Saramago. Ad annunciare l’iniziativa, il cui proposito è di stilare un documento da presentare alle Nazioni Unite, è la rivista Blimunda, organo ufficiale della Fondazione intitolata a Saramago. Per ora, tramite l’editoriale della rivista, si è saputo solo che il Congresso segna “o momento de estabelecer os deveres que são a contrapartida dos direitos pelos quais tantos lutaram” e che sarà aperto dall’intervento di Pilar del Rio, presidente da Fundação oltre che vedova dello scrittore.

Che si tratti di un tema che stava particolarmente a cuore allo scrittore portoghese, è ampiamente confermato sia dal fatto che tra gli obiettivi della sua Fondazione – istituita nel 2007 – spicca la diffusione della Dichiarazione Universale dei diritti umani, sia dall’essere ritornato a parlarne anche dieci anni dopo la serata di Stoccolma. Nel 2008 ebbe modo di osservare che nel frattempo la situazione non era migliorata, anzi si era seriamente aggravata, alludendo anche all’invasione dell’Iraq del 2003 le cui proteste di piazza per impedire la “seconda guerra del Golfo” non erano servite a nulla. Denunciò quindi l’inefficacia di un testo pieno di buone intenzioni, ma ridotte a zero per l’inefficienza delle entità politiche responsabili, a cominciare dai  Governi per terminare con le Nazioni Unite.

Ciononostante, per Saramago ai cittadini comuni non resta che difendere la Dichiarazione con ogni mezzo e di qui un suo nuovo appello. «É necessário – aveva detto – que se torne em evidência e em intrumento de acção política este simples axioma: é certo que sem a democracia não poderia haver direitos humanos, mas também não é menos certo que sem direitos humanos não poderá haver democraci. Sim, leram bem, sem direitos humanos não haverá democracia digna desse nome. Portanto, lutar pelos direitos humanos é, em última análise, lutar pela democracia».  

In attesa di sapere qualcosa di più sugli sviluppi cui porterà il Congresso di Città del Messico e mentre fervono intanto le iniziative alla Casa dos Bicos, sede da Fundação José Saramago a Lisbona per celebrare l’anniversario, anche il diario portoghese gli rende omaggio. Per farlo, il nostro Blog attinge a qualcuna tra le sue innumerevoli frasi, nella convinzione che non ci si stanchi mai di rileggerle e che puntualmente si resti folgorati dalla lucidità del Saramago-pensiero.  
  
Cristianismo
O cristianismo tentou convencer-nos de que devíamos amar-nos uns aos outros. Eu direi uma coisa muito clara: não tenho a obrigação de amar toda a gente, mas sim de a respeitar.(Reforma-1998) 
    
Exemplo
Eu não sou um exemplo do que é viver neste mundo. Sou um privilegiado. Mas não posso estar contente. O mundo é o inferno. Não vale a pena ameaçarem-nos com outro inferno porque já estamos nele. A questão é saber como é que saímos dele. (Público -2008)

Eternidade
A eternidade não existe. Um dia o planeta desaparecerá e o Universo não saberá que nós existimos. (Tabu/Sol-2008)

Felicidade
Eu não gosto de falar de felicidade, mas sim de harmonia: viver em harmonia com a nossa própria consciência, com o nosso meio envolvente, com a pessoa de quem se gosta, com os amigos. A harmonia é compatível com a indignação e a luta; a felicidade não, a felicidade é egoísta. (La Jornada -1998)      
          
Palavra
Há duas palavras que não se podem usar: uma é sempre, outra é nunca. (Público -1991)

Pessimismo
Gramsci deixou escrito o retrato fiel daquilo que eu sou: «Pessimista pela razão, optimista pela vontade». Isso diz tudo. (Faro de Vigo -1994)

Portugal
Quando se vive de ilusões é porque algo não funciona. A nossa imagem (dos portugueses) mais constante é a de alguém que está parado no passeio à espera de que o ajudem a atravessar para o outro lado. (Expresso -2008)

Universo
O universo não tem notícia da nossa existência. (Público -2005)

Vida
A nossa vida é feita do que nós fazemos por ela, e do que temos que aceitar dos outros. (Jornal de Letras, Artes e Ideias -1986)

Viver
A minha posição é a de constante interrogação. (Expresso -1989)

lunedì 15 giugno 2015

São Tomé e Principe: il cioccolato del piccolo arcipelago conquista i visitatori di Expo

L’ex colonia portoghese presenta la sua “Biodiversità con il Cacao e la Cultura della Felicità”



Può apparire paradossale che mentre il Portogallo è uno dei pochissimi Paesi assenti da Expo 2015, proprio la più piccola delle sue ex colonie, São Tomé e Principe, non solo vi partecipi, ma stia anche conquistando i visitatori più golosi. Cacao e cioccolato coltivati e prodotti nell’arcipelago costituiscono un’attrazione per chi attraversando i vari Cluster tematici, vera novità di questa edizione di Expo, s’imbatta in quello riservato al “cibo degli dei”. Per la prima volta i Paesi non vengono infatti raggruppati in padiglioni collettivi secondo criteri geografici, ma secondo identità tematiche e filiere alimentari come suggerito dal titolo stesso dell’esposizione mondiale “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita”.

La principale attività economica su cui si regge lo stato insulare situato nel golfo di Guinea all’ovest del continente Africano è l’agricoltura, con il cacao che costituisce la principale voce di esportazione. Non a caso, intervenendo alla cerimonia inaugurale del Padiglione, il ministro dell’agricoltura e sviluppo rurale della repubblica democratica Teodorico Campos ha detto tra l’altro: «Parlare del cacao di São Tomé e Principe vuol dire parlare della nostra storia. Il cacao è arrivato nel nostro Paese come fiore ornamentale, e nel giro di poco tempo siamo diventati il primo Paese produttore, primato mantenuto fino al 1913. Oggi, però, puntiamo sulla qualità e non sulla quantità, prediligendo colture non intensive. A chi assaggerà il nostro cacao verrà subito voglia di visitare le nostre isole».

È raro che queste isole facciano notizia nel mondo, visto che la loro travagliata storia a partire dalla colonizzazione portoghese del 1400 fino all’indipendenza del 1975, ha lasciato dietro di sé una situazione difficile. Prova ne sia che si tratta di uno dei Paesi più poveri tra quelli presenti all’Expo, con un PIL di soli 311 mln di dollari per circa 190mila abitanti. Il diario portoghese non si lascia quindi sfuggire l’occasione di parlare di luoghi tanto affascinanti ai quali aveva dedicato un post ed ecco che proprio le “roças” tornano alla ribalta, tramite la vicenda di un italiano che dal 1990 si è trasferito nella più piccola delle due isole dove coltiva alberi di cacao. Si chiama Claudio Corallo e tiene a far sapere di essere l’unico al mondo a produrre il cioccolato nello stesso luogo in cui nascono le piante.

Questo emigrante di successo, immeritatamente sconosciuto ai più, è un toscano la cui avventura imprenditoriale era iniziata già nel 1979 in Africa con il caffè, ma che nel piccolo arcipelago ha coronato il suo sogno tanto da fermarsi lì. La sua è anche una storia di grande fatica oltre che di determinazione: dopo essersi aperto il cammino nella foresta a colpi di machete per scovare le piante di cacao sepolte dalla fitta vegetazione – quelle discendenti dalle prime approdate intorno al 1820 – per coltivarle e lavorarle rigorosamente a mano, si è conquistato la fiducia della popolazione. L’autorità locale di Principe gli ha proposto l’acquisto una roça del 19/mo secolo chiamata “Terreiro Velho” nella cui dimora in stile coloniale vive con la moglie portoghese e i figli, tutti dediti all’azienda famigliare. L’altra piantagione, “Nova Moca” di São Tomé, è riservata invece alla coltivazione di diverse specie e varietà di caffè.

Intrattenendosi coi visitatori di Expo, Corallo ha svelato molti segreti del suo modo di lavorare, dicendo anzitutto: «L’industria separa sempre il cacao, una parte in polvere e un’altra in burro di cacao. Invece io produco senza separare i due elementi, macinando la fava di cacao». Ha riferito di aver creato un laboratorio per capire le origini dei difetti del cacao, come ad esempio l’amarezza, che non va considerata una caratteristica tipica. Premesso che «non si può fare un buon cioccolato con un cacao cattivo: gli ingredienti sono fondamentali» ha sottolineato che cerca di «manipolare il meno possibile il cacao per mantenere i sapori del frutto». 

L’evento si è concluso con qualcosa che solo il palato potrebbe raccontare: la degustazione. Ci limitiamo a dare un’idea della gamma di sapori della fava trasformata in tavoletta a partire dalle piante dell’arcipelago. Si va da un cioccolato 100% cacao ad uno che contiene una rara specialità, l’unico distillato al mondo estratto dalla polpa di cacao; da quello al 73% con granella di cacao a quello all’ 80% sablé; da quelli allo zenzero e alle scorze di arancio fino ai grani di caffè ricoperti di cioccolato.

Entrando nel Padiglione troviamo tre distinte aree tematiche: l’ambiente naturale (del cacao e della conservazione della biodiversità), l’ambiente umano (delle piantagioni e dell’agricoltura) e la biosfera che caratterizza l’Obo Natural Park ovvero il parco nazionale dell’Obo, una riserva naturale che occupa un terzo della superficie del Paese con un area di circa 300 kmq. Oltre a catturare l’attenzione dei visitatori tramite il fascino delle sue isole rappresentato sotto varie forme artistiche quali musica, teatro, danza, arti plastiche oltre a foto e video, São Tomé e Principe attribuisce alla sua presenza all’esposizione un significato economico non meno rilevante.

Scopo principale della sua partecipazione – recita un comunicato ufficiale di Expo 2015 – è la presentazione di un progetto pilota che dimostri come sia possibile conciliare la biodiversità e lo sfruttamento del cacao, garantendo allo stesso tempo una migliore qualità della vita per la popolazione. Inoltre – aggiunge – mostra come le nuove forme associative di produzione del miglior cacao stiano favorendo un nuovo ciclo di economia agricola nel Paese. “Nutrire il Pianeta” in modo sostenibile – conclude il comunicato – oggi significa accettare in modo intelligente un compromesso tra le generazioni, in cui l’educazione civica e ambientale e la cultura costituiscano i principali pilastri di tutti quei processi responsabili del futuro dell’umanità.

mercoledì 10 giugno 2015

Sebastião Salgado: torna a stregare col reportage sul caffè “profumo di sogno”

Tutti gli scatti raccolti in un libro, una ricca selezione in mostra a Venezia e a Expo2015     


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Non beve caffè, ma lo conosce fin dall’infanzia sia perché nato nel Paese leader mondiale della produzione di questa pianta aromatica, sia perché suo padre trasportava il raccolto da Aimorés, la località all’interno del Minas Gerais dove la famiglia Salgado viveva, verso i porti lungo la costa. Già da bambino ha quindi potuto osservare la vita dei coltivatori e, nel suo periodo da economista dopo la laurea, ha lavorato all’International Coffee Organization. Non deve dunque sorprendere che Sebastião Salgado torni ora  a far parlare di sé per un imponente lavoro, frutto di viaggi avvenuti tra il 2002 e il 2014 nei dieci maggiori Paesi produttori di caffè al mondo, con cui ha raccontato l’intero processo che intercorre “dalla terra alla tazzina”. Il reportage completo, che conta circa 150 fotografie, è stato raccolto  nel volume intitolato “Profumo di sogno” edito da Contrasto.

A chi avesse ancora impresso negli occhi il ricordo della mostra “Genesi”, quella che spinse il regista Wim Wenders a seguire il fotografo brasiliano con la cinepresa per immortalarlo nel docufilm “Il sale della Terra”, farà piacere l’idea di poter ammirare una selezione di 75 significativi scatti di “Profumo di sogno” nell’omonima mostra promossa da Illycaffè e allestita presso la Fondazione Bevilacqua La Masa in Piazza San Marco a Venezia, che resterà aperta fino al 27 settembre 2015. Non meno allettante la possibilità di gustare una serie di ingrandimenti realizzati da Salgado appositamente per EXPO 2015 presso il “Cluster” (uno spazio comune a più Paesi accomunati dalla produzione di un prodotto alimentare specifico), precisamente il “Cluster del Caffè”, curato dall’azienda Illy all’interno dell’esposizione mondiale in corso a Milano fino a fine ottobre p.v.

A proposito del viaggio compiuto dal grande fotografo, va detto che nell’arco complessivo di dodici anni ha attraversato le piantagioni di India, Indonesia, Etiopia, Guatemala, Colombia, Cina, Costa Rica, El Salvador e Tanzania, ma come tappa iniziale ha scelto proprio il Brasile, partendo cioè dalle sue stesse origini. Qui si è mosso dalla Zona da Mata e Patrocínio, nello stato di Minas Gerais, fino alla Nova Zona Venda do Imigrante nello stato di Espírito Santo. Denominatore comune della lunga ricerca, raccontare per immagini -rigorosamente in bianco e nero- lo scorrere della vita quotidiana nelle piantagioni e la bellezza dei territori in cui il prezioso chicco nasce, viene coltivato e poi raccolto. 

Come già avvenuto nelle sue innumerevoli esperienze precedenti, Salgado non ha fissato l’obiettivo solo sulla terra e i suoi prodotti, sempre attento alla salvaguardia del pianeta in un’ottica di sviluppo sostenibile, ma ha indugiato a lungo sulla condizione delle persone che di quel lavoro vivono riuscendo a coglierne la dignità. Ed ecco come lui stesso ha descritto i coltivatori in un’intervista all’emittente radiofonica internazionale RFI: «Essas pessoas que eu fotografei trabalham 12 horas por dia, das seis da manhã às seis da noite, a maioria sem seguro social, educação para os filhos ou casa».

Non meno efficace quest’altra impressione di Salgado, una sorta di consuntivo al termine del viaggio, riportata sul sito dell’editore Contrasto: «Forse quel che mi ha colpito di più sono state le analogie nelle vite dei coltivatori di caffè, pur separati da oceani e continenti. Solo in pochi luoghi le macchine hanno sostituito alcune fasi del processo di lavorazione, ma la maggior parte dei produttori sono piccoli agricoltori che raccolgono a mano le ciliegie del caffè, con mogli e figli che li aiutano a essiccarle, e le trasportano sui muli fin dai loro compratori. E non mi è difficile immaginare un coltivatore di caffè della valle del Lijiang, nella provincia cinese dello Yunnan, adattarsi facilmente a lavorare nella Valle Todos los Reyes in Costa Rica».

Quanto alla sua partecipazione a Expo che nel 2015 è dedicato a “Nutrire il pianeta, energia per la vita”, un tema in gran sintonia con la visione del mondo portata avanti dal fotografo brasiliano, Salgado ha detto di considerarla un’opportunità per affrontare la dissonanza esistente tra le condizioni di vita dei produttori e le politiche di vendita del caffè nel mondo. «Uma grande parte da alimentação do planeta -ha dichiarato a RFI- vem dos países pobres, e as matérias-primas não são pagas pelo seu verdadeiro preço. E tudo isso é transferido para as nações ricas que consomem os produtos. Então, a grande esperança que eu tenho- ha concluso- é que esse debate possa começar aqui nesse evento».