domenica 30 marzo 2014

Brasile: a 50 anni dal golpe militare il ricordo di un testimone d’eccezione, Frei Betto

"Março de 1964", una riflessione dello scrittore e teologo perseguitato dal regime.


Il primo aprile del 1964 è una data che i brasiliani non dimenticano facilmente: quel giorno, infatti, il Presidente in carica João Goulart venne destituito all'indomani dal colpo di stato militare guidato dal maresciallo Humberto de Alencar Castelo Branco che instaurò un regime dittatoriale destinato a durare oltre un ventennio. Quel periodo storico fu caratterizzato da una sistematica violazione dei diritti umani nei confronti degli oppositori che si concretizzò in sparizioni, esecuzioni sommarie, incarcerazioni e torture. I più fortunati, tra cui figurano molti nomi celebri della cultura, furono  costretti all'esilio. La radiografia dei crimini non è ancora stata ricostruita completamente, ma molto è già emerso e raccolto grazie all'impegno di organizzazioni in difesa dei diritti umani e in particolare tramite il "Projeto Brasil: Nunca Mais", mentre sta ancora lavorando la "Comissão Nacional da Verdade" istituita dal Governo di Dilma Roussef proseguendo l'iniziativa del suo predecessore Lula.

Per non dimenticare questo cinquantesimo anniversario "il diario portoghese" ne affida il ricordo al racconto ad un protagonista davvero speciale: Frei Betto, al secolo Carlos Alberto Libânio Christo. Allora giovane studente universitario prima di entrare nell'Ordine dei Domenicani, Betto non sapeva quale cambiamento il Golpe avrebbe determinato nella sua esistenza. Arrestato nel 1969 per aver dato rifugio ai ricercati nei conventi, restò in carcere fino al 1972 subendo torture assieme ad altri confratelli, fra cui Frei Tito che non sopravvisse. Esponente della Teologia della Liberazione, scrittore ("Dai sotterranei della storia" e "Battesimo di sangue" lo hanno reso famoso nel mondo), ambientalista impegnato nel Movimento Sem Terra e poi assessore del programma Fome Zero nel primo Governo Lula, Frei è considerato tra i più attenti interpreti della realtà sociale, non solo brasiliana.

Pubblichiamo di seguito la sua riflessione "Março de 1964", uscita in lingua originale sul settimanale indipendente di São Paulo "Correio da Cidadania" e diffusa nella versione italiana (tradotta da Serena Romagnoli) tramite la Rete Radiè Resch-Rete di Quarrata che l'ha gentilmente concessa al nostro Blog. Buona lettura.
                                         

                                                   

MARZO ‘64 
di Frei Betto


Nel 1964 abitavo a Rio, in un buchetto all’angolo delle strade Laranjeiras e Pereira da Silva. Lì si insediavano i giovani dirigenti della JEC (Gioventù Studentesca Cattolica) e della JUC (Gioventù Universitaria Cattolica), movimenti dell’Azione Cattolica. Lì venivano ospitati spesso i dirigenti studenteschi Betinho, Vinicius Caldeira Brant e José Serra.

Io ero entrato nel corso di Giornalismo dell’Università del Brasile (attuale UFRJ) e tra i miei professori spiccavano Alceu Amoroso Lima, Danton Jobim e Hermes Lima. Di destra, c’era Hélio Vianna, professore di storia, cognato del maresciallo Castelo Branco.

Dal momento del mio arrivo a Rio, dal Minas, il Brasile viveva una fase di turbolenza politica. Si svegliava il gigante addormentato in una splendida culla. Tutto era nuovo sotto il governo di João Goulart: la bossa, il cinema, la letteratura... 

La Sudene (Sovrintendenza per lo sviluppo del Nordest) diretta da Celso Furtado, alleata del governatore del Pernambuco, Miguel Arraes, ridisegnava un Nordest libero dal dominio dei colonnelli, industriali e latifondisti.  Francisco Julião sosteneva le Ligas Camponesas, che lottavano per la riforma agraria.
Paulo Freire avviava, a partire da Angicos (RN), il suo metodo di coscientizzazione politica dei poveri attraverso l’alfabetizzazione. Concepiva la pedagogia degli oppressi.

Nel sud, Leonel Brizola si scontrava con i monopoli stranieri e difendeva la sovranità brasiliana. Marinai e sergenti dell’Esercito si organizzavano, a Rio, per rivendicare i loro diritti.

“Vedrai che un figlio tuo non fugge dalla lotta”. Tuttavia i figli non avevano sufficiente lucidità per capire che, dopo la rinuncia del presidente Jânio Quadros, nel 1961, le classi dominanti stavano facendo dischiudere l’uovo del serpente...

L’ambasciata USA, che aveva ancora sede a Rio e aveva a capo Lincoln Gordon, si muoveva nell’ombra per aizzare i militari brasiliani – molti dei quali addestrati negli USA – contro l’ordine democratico (vedi “Taking  charge: the Johnson White House Tapes – 1963-1964”, de Michael  Beschloss).
Chi conosce la storia dei colpi di Stato in America Latina sa che sono stati tutti patrocinati dalla Casa Bianca. Da lì la battuta: Non c’è mai stato un golpe negli USA perché a Washington non c’è un’ambasciata yankee...

Gli USA, che trovavano inaccettabile l’esito della Rivoluzione Cubana del 1959, temevano l’avanzata del comunismo in America Latina. Il presidente Lyndon Johnson (1963-1969) era convinto che il Brasile fosse vulnerabile all’influenza sovietica quanto il Vietnam.



Fiumi di denaro sono stati destinati a preparare le condizioni per il golpe del 1° aprile del 1964. Ai poveri, che desideravano ardentemente riforme strutturali (chiamate all’epoca “riforme di base”, e ancora oggi non realizzate), gli USA offrivano le briciole delle “ceste basiche”, distribuite dall’Alleanza per il Progresso. Gli imprenditori si organizzavano nell’IBAD (Istituto Brasiliano di Azione Democratica) e nell’IPES (Istituto di Ricerche Economiche e Sociali).

Gli USA non avrebbero accettato neanche che il Brasile diventasse come l’Egitto di Nasser, un paese indipendente dalle orbite yankee e sovietica. Navi statunitensi dell’Operazione Brother Sam si avviavano verso i nostri porti.

Jango convocò il megacomizio del 13 marzo 1964, alla Central do Brasil. Volevo andarci, ma padre Eduardo Koaik (più tardi vescovo di Piracicaba {SP} e collega di seminario di Carlos Heitor Cony) decise che avremmo approfittato della vacanza per una giornata di studi della direzione nazionale della JEC (della quale facevo parte), ad Itaipava (RJ).

Il 29 marzo, con un biglietto fornito dal Ministero dell’Educazione (cioè da: Betinho, capo di gabinetto del ministro Paulo de Tarso dos Santos), partii per Belém. Nella capitale del Para, mi sorprese il golpe militare, il 1° aprile del 1964.  Ebbi difficoltà a credere che il presidente Jango, costituzionalmente eletto, si fosse rifugiato in Uruguai. 

Aspettai la tanto propagandata reazione popolare. Il PCB (Partito Comunista Brasiliano), con il quale la JEC manteneva alleanze nella politica studentesca, garantiva che, in caso di golpe, Prestes avrebbe convocato migliaia di lavoratori in armi.

L’Azione Popolare, movimento di sinistra nato dall’Azione Cattolica, prometteva di mobilitare i suoi militanti per difendere l’ordine democratico.

Aspettai invano. Reazioni isolate, compresa quella di alti ufficiali delle Forze Armate, furono subito soffocate senza bisogno di un solo colpo di arma da fuoco. E nessuno credeva che la dittatura sarebbe durata, a partire dal 1° aprile del 1964, per 21 anni.




giovedì 27 marzo 2014

José e Pilar: il documentario sulla celebre coppia Saramago-Del Rio va in onda su LaEFFE

Il film si può vedere stasera in seconda serata e sabato mattina, seguono altre repliche



Un documentario d'amore e letteratura che segue il premio Nobel José Saramago e sua moglie Pilar del Rio Gonçalves nei loro viaggi internazionali e nella loro vita quotidiana. Un film divertente e toccante che rivela il Saramago nascosto. Con queste parole viene presentato il docu-film “José e Pilar” che finalmente arriva anche in tv, su LaEFFE, l'emittente che fa capo alla casa Editrice Feltrinelli che con lo scrittore portoghese deceduto nel giugno 2010 vanta un sodalizio speciale e che nella realizzazione del film documentario si è impegnata direttamente tramite Feltrinelli Real Cinema.

Uscito nel 2010 per la regia di Miguel Gonçalves Mendes, frutto della cooperazione tra Portogallo, Spagna, Brasile, il film dura 117 minuti e vede protagonisti José Saramago e la moglie Pilar del Río, nota giornalista e traduttrice spagnola, interpretare loro stessi. La coppia è stata seguita dall'equipe cinematografica durante il processo di scrittura del romanzo di Saramago “Il viaggio dell’elefante”, dalla prima bozza realizzata nella casa di Lanzarote nel 2006, fino al lancio ufficiale del libro avvenuto in Brasile nel 2008. Dal documentario emerge un Saramago ancora desideroso discrivere e cambiare il mondo, pronto al contraddittorio polemico ma anche capace di grandi slanci di affetto, a dimostrazione che genio e semplicità possono andare d’accordo e che, come scriveva lui stesso, “tutto può essere raccontato in altro modo”.

Scopo del documentario, far emergere il lato meno noto di uno dei più grandi scrittori del nostro tempo osservandolo durante i momenti più intimi della vita domestica trascorsi con la moglie di 28 anni più giovane, mettendo a fuoco la loro storia d’amore. La coppia viene immortalata in atteggiamenti diversi, ad esempio mentre assiste alla proiezione del film d'animazione Wall-e, mentre discute di politica e mentre si confessa raccontando come avvenne il loro primo incontro. "José e Pilar" andrà in onda stasera, giovedì 26 aprile alle 23.05 su LaEFFE (canale 50) e sarà replicato sabato mattina 29 marzo alle 8.45. A chi, tra i nostri lettori, non volesse perdere l'occasione di gustare il film di uno scrittore cult de "il diario portoghese", suggeriamo di consultare la programmazione de LA EFFE perché abitualmente riserva ai film numerosissime repliche.

Nota a margine: la colonna sonora del documentario include importanti musicisti, come lo spagnolo Alberto Iglesias e la brasiliana Adriana Calcanhotto.

venerdì 21 marzo 2014

Dia Mundial da Poesia 2014


Sono nata il ventuno a primavera
ma non sapevo che nascere folle,
aprire le zolle 
potesse scatenar tempesta.
Così Proserpina lieve
vede piovere sulle erbe,
sui grossi frumenti gentili 
e piange sempre la sera.
Forse è la sua preghiera.
(da Vuoto d'amore, Einaudi 1991)


Si celebra oggi la Giornata Mondiale della Poesia, nonché il compleanno della poetessa milanese Alda Merini - a cui appartengono i versi qui sopra -, che avrebbe compiuto oggi 83 anni. 

Anche noi de Il diario portoghese vogliamo festeggiare questa giornata con i nostri lettori, e lo facciamo un po' a modo nostro, ricordando che la poesia è libertà, sentimento, ma soprattutto sogno e che, come dice il poeta, "sempre que um homem sonha o mundo pula e avança como bola colorida entre as mãos de uma criança".





 António Gedeão, Pedra Filosofal, dalla raccolta Movimento Perpétuo, 1956. Musica di Manuel Freire. 



domenica 16 marzo 2014

Festival Literário da Madeira: dal 17 al 23 marzo la quarta edizione

"Queria de ti um país", i versi di Mário Cesariny come portabandiera
 

"Queria de ti um país de bondade e de bruma
queria de ti o mar de uma rosa de espuma".

Adotta questi versi del poeta surrealista lisbonese Mário Cesariny come portabandiera della sua quarta edizione, il "Festival Literário da Madeira" in programma dal 17 al 23 marzo prossimi, nella splendida cornice dell'isola portoghese. Si svolge infatti a Funchal, capoluogo della regione autonoma di Madeira dove ha sede la casa editrice Nova Delphi, organizzatrice del Festival.

Ecco come si spiega sul sito ufficiale del Festival il perché della scelta dei versi sopra citati: "Todos os homens -si legge- têm um país. Na pior (ou melhor) das hipóteses, são apátridas, aquém ou além de um país que é casa, mas não é lar. No ano que assinala os 100 anos da I Guerra Mundial e os 40 anos do 25 de Abril, o Festival -prosegue- convoca o poder da Literatura para rever as coordenadas, espaciais e temporais, que definem um país." Il diario portoghese, che spesso dedica spazio alla letteratura, non  può non essere d'accordo col rivendicare il potere della letteratura nell'obiettivo indicato: rivedere le coordinate, spaziali e temporali, che definiscono un Paese.

venerdì 14 marzo 2014

Giornata mondiale della poesia: Roma celebra i poeti d'Europa

Le poesie di José Tolentino Mendonça a rappresentare la lingua portoghese


Il 21 marzo prossimo Roma sarà teatro di un eccezionale evento dedicato alla poesia europea contemporanea: letture poetiche in lingua originale nella cornice suggestiva dell'Accademia di Ungheria in Roma e la possibilità di incontrare gli autori presso la Casa delle Letterature.

In occasione della Giornata mondiale della poesia, il polo romano della rete degli Istituti di cultura dell'Unione europea (EUNIC) organizza, in collaborazione con la Casa delle Letterature dell’Assessorato alla cultura, creatività e promozione artistica di Roma Capitale, la Federazione Unitaria Italiana Scrittori e l'Antenna della Traduzione della Commissione europea, un evento ambizioso per rendere omaggio alle poetiche e alle lingue europee. L'appuntamento è duplice: nel pomeriggio, presso la Casa delle Letterature, si terrà una tavola rotonda durante la quale i poeti italiani Daniela Attanasio e Paolo Febbraro incontreranno i poeti europei partecipanti. La sera, presso l'Accademia di Ungheria in Roma, tredici poeti provenienti da altrettanti paesi europei leggeranno una selezione delle proprie opere in lingua originale (sarà proiettata su schermo la traduzione in italiano). Tutti e due gli appuntamenti avranno la moderazione di Maria Ida Gaeta.

L'evento, che ha ottenuto il patrocinio della Commissione Nazionale Italiana per l'UNESCO, è stato ideato e organizzato dai membri della rete EUNIC: Forum austriaco di Cultura, Istituto bulgaro di cultura, Centro ceco, Ambasciata della Repubblica di Croazia, Goethe-Institut, Istituto polacco di Roma, Ambasciata di Portogallo a Roma, Istituto slovacco a Roma, Accademia di Romania in Roma, Ambasciata della Repubblica di Slovenia, Instituto Cervantes Roma e Istituto Balassi – Accademia d'Ungheria in Roma.

Istituita dall'UNESCO nel 1999 e celebrata a partire dal 2000, la Giornata Mondiale della Poesia rende omaggio e riconosce all’espressione poetica un ruolo privilegiato nella promozione del dialogo e della comprensione interculturali, della diversità linguistica e culturale, della comunicazione e della pace. Come ha dichiarato Irina Bokova, Direttrice generale dell'UNESCO, "la poesia è una delle espressioni più pure della libertà linguistica. È un elemento fondante dell'identità dei popoli e incarna l'energia creativa della cultura, nella sua facoltà di rinnovarsi incessantemente".

Entrambi gli eventi sono a ingresso libero fino ad esaurimento posti.


PROGRAMMA

Ore 17:30 - Casa delle Letterature, Piazza dell’Orologio, 3 - Roma
L’Europa dei poeti. I poeti italiani Daniela Attanasio e Paolo Febbraro incontrano i poeti europei. Modera Maria Ida Gaeta. In italiano con traduzione consecutiva in lingua inglese.

Ore 20:00 - Accademia d'Ungheria in Roma, Via Giulia, 1 - Roma
L’Europa in versi. Letture poetiche di Karl Lubomirski (Austria), Ekaterina Josifova (Bulgaria), Sarah Zuhra Lukanić (Croazia), Ulrike Draesner (Germania), Tomaso Binga (Italia), Wojciech Bonowicz (Polonia), José Tolentino Mendonça (Portogallo), Petr Borkovec (Repubblica Ceca), Daniela Crăsnaru (Romania), Katarína Kucbelová (Slovacchia), Dušan Šarotar (Slovenia), Zingonia Zingone (Spagna), Sándor Kányádi (Ungheria). Letture in lingua originale con traduzione in italiano su schermo.

Per informazioni:     

Casa delle Letterature, tel.  06 68134697casaletterature @comune.roma.it 
Accademia di Ungheria in Roma, tel. +39 06 6889671

sabato 8 marzo 2014

Ano do Brasil: Adriana Calcanhotto nominata da Público “diretora por um dia”

24 anni fa nasceva il giornale portoghese e usciva il 1° disco della cantautrice



Idea originale quella del quotidiano portoghese PÚBLICO, ben noto ai nostri lettori, di celebrare l'anniversario della sua nascita avvenuta il 5 marzo 1990, invitando a dirigere virtualmente il giornale una personalità di spicco del mondo lusofono. Quest'anno è stata scelta quale "diretora por um dia" la cantante e compositrice brasiliana Adriana Calcanhotto. Una scelta non casuale visto che il 2014 è considerato a livello internazionale l'anno del Brasile, sotto i riflettori sia per via dei Mondiali di calcio sia per le elezioni presidenziali, tanto che lo stesso quotidiano ha inviato un'equipe di ben sei giornalisti a percorrere il Paese da Manaus a Rio de Janeiro, raccogliendo i reportage nella pagina chiamata "Brasil na Estrada". La Calcanhotto vanta degli illustri predecessori in questa veste inusuale: tra i prescelti dei passati anniversari figurano lo scrittore António Lobo Antunes, il filosofo José Gil e il cineasta Miguel Gomes.

Il perché dell'invito rivolto ad Adriana Calcanhotto è riassumibile in questa breve spiegazione apparsa sul giornale: "Para muitos portugueses, Adriana Calcanhotto é o Brasil", si legge. Ciò nonostante -aggiungiamo noi del Diario portoghese- la cantautrice brasiliana abbia molta famigliarità con il Portogallo, grazie alle ripetute esibizioni nella sua lunga carriera, culminate nel successo registrato dal recente tour con lo show ‘Olhos de Onda’. La diretta interessata non ha avuto esitazioni ad accettare al volo l'invito motivandolo così: "Porque gosto de viver perigosamente foi que aceitei o convite do PÚBLICO".  Ma era solo una battuta: nel corso della giornata trascorsa in redazione, seduta alla scrivania assieme ai vertici del giornale e agli improvvisati colleghi, ha dimostrato infatti di sentirsi a proprio agio, affabile e partecipe, come si può notare dai video pubblicati sul sito del giornale on line.

Curiosando per approfondire le ragioni della scelta caduta sulla Calcanhotto, il Diario portoghese ha trovato altre spiegazioni. Basta leggere, ad esempio, come viene descritta: "Gaúcha, nascida em Porto Alegre em 1965, envolveu-se nos meios musicais e teatrais na juventude e gravou o primeiro disco em 1990, ano em que o PÚBLICO teve a sua primeira edição". Il giornale sottolinea la coincidenza di un debutto avvenuto contestualmente, nello stesso anno, come un segnale di comunanza. Ma vengono a galla anche legami più profondi: si percepisce il desiderio da parte di PÚBLICO di identificare nell'ospite brasiliana una sorta di ponte per accorciare la distanza tra i due Paesi. Pronta ed eloquente la risposta della Calcanhotto che ha chiesto di far pubblicare il 5 marzo la famosa "carta de Pêro Vaz de Caminha", il documento con cui il cronista del 1500 annunciava l'avvenuta scoperta della Terra di Vera Cruz (poi Brasile) all'allora re del Portogallo D. Manuel I.

Tra i momenti salienti della giornata trascorsa dalla celebre ospite in redazione, oltre al colloquio informale col vicedirettore inframezzato da esecuzioni in diretta grazie all'inseparabile chitarra, spicca il dialogo via chat coi lettori, ovviamente incentrato su temi d'attualità che vive il Brasile. A chi le chiedeva quale sia la maggior sfida attuale per il Brasile, a parte terminare la costruzione delle strutture per i giochi, la Calcanhotto non senza ironia ha risposto: "Terminar as construções para o Mundial e os Jogos me parece desafio suficiente para o momento". Alla domanda se il rallentamento in atto dell'economia brasiliana sia un problema o se fosse inevitabile, ha replicato: "Acredito que inevitável não era, pois muitos analistas económicos andavam a alertar do que poderia acontecer em relação ao crescimento. E há também o factor "Mundo", a economia global, os desafios da Europa. Seria difícil, eu acho, que a economia brasileira andasse de vento em popa neste momento que a economia mundial vive".

Non sono mancati argomenti più leggeri. Al lettore che chiedeva: "se io fossi brasiliano cosa mi consiglierebbe Adriana in Portogallo?" ecco la sua risposta, che contiene un grande complimento implicito: "Aconselhava a ouvir os portugueses a construirem as frases em suas lindas melodias". E ancora, alla domanda se dietro l'allegria generalmente decantata per descrivere il popolo brasiliano non ritenga nascondersi un po' di tristezza, la Calcanhotto ha replicato senza mezzi termini: "O Brasil não é só alegria, como Portugal não é só tristeza". Infine, non poteva mancare la curiosità su come si sia sentita nel ruolo attribuitole quel giorno da PÚBLICO. Spiritosa e poco scontata la sua risposta: "Foi o mais interessante Carnaval da minha vida". Se qualche nostro lettore volesse avere conferma della spontaneità rivelata dalla cantautrice brasiliana, può collegarsi al link sottostante che regala anche cinque canzoni godibilissime.


sabato 1 marzo 2014

Capo Verde: come la pesca globale danneggia la popolazione e persino la spiaggia

Lo testimonia “Sandgrains”, un docu-film speciale, interpretato dagli isolani



"In Europa c'è pesce a cena ogni volta che si vuole, ma qua non ne abbiamo nemmeno per sfamarci. Non abbiamo abbastanza risorse per farle sfruttare dagli stranieri. Se anche altri Paesi pescano qui, noi rimarremo soltanto con la memoria di un mare abbondante". Questo il disperato allarme lanciato dai pescatori di Capo Verde, stritolati dalla pesca globale che svuota le risorse ittiche locali con cui tradizionalmente generazioni di pescatori davano da vivere alle loro famiglie. "Alcune nazioni ricevono il permesso di pescare nelle nostre acque attraverso accordi di pesca. L'accordo con l'Unione europea incentiva l'Europa a pescare di più, perché se peschi di più, paghi meno", lamentano ancora i capoverdiani denunciando come, a fronte di un'intesa con l'Unione Europea per 5mila tonnellate anno di tonni e affini, sugli "affini" ci sia ben poca chiarezza.

"La pesca degli squali è illegale, il loro trasbordo pure, ma quel che abbiamo visto è il trasbordo di squali, non di tonni. Si deve fare qualcosa: nessuno vuole aprire gli occhi e vedere la distruzione che la pesca industriale sta causando". A offrire il megafono ai pescatori dell'arcipelago situato al largo delle dell'Africa occidentale nonché ex colonia portoghese di grande fascino turistico, è un film documentario la cui storia, dall'idea alla realizzazione, è tutta da raccontare. Stiamo parlando di Sandgrains, ovvero di un progetto lungo quattro anni che ha visto la luce grazie alla cooperazione di filmakers e popolazione capoverdiana nonché dei potenziali spettatori che lo hanno finanziato attraverso il crowdfunding, ovvero la raccolta dei fondi necessari a coprire le spese di produzione.

Curiosa, quanto efficace, l'idea di affidare il ruolo di protagonista a un personaggio emblematico che racconta la sua vera storia. Si chiama Zé, è nato a Ribeira da Barca nell'isola principale tra le dieci dell'arcipelago, Salomone,  ed è emigrato in Svezia quando aveva cinque anni. Pur vivendo e lavorando all'estero ha sempre mantenuto un legame con la terra dove, bambino, passava le giornate a giocare a pallone sull'ampia spiaggia di sabbia proprio in fondo al vicolo di casa. In Svezia ha continuato a giocare a calcio e presto è riuscito ad entrare nelle squadre professionali fino ad approdare all'importante IFK Göteborg.  È già famoso quando finalmente, dopo diversi anni, riesce a tornare a casa. Gioia ed emozione si infrangono però dinanzi al triste spettacolo: la spiaggia dove giocava non c'è più e Zé scoppia in lacrime.




Qui Sandgrains mette il dito sull'altra, conseguente, piaga di Capo Verde. Per sopperire alla mancanza del sostentamento dato dalla pesca, la popolazione è costretta a rifarsi raccogliendo e vendendo la sabbia, ricercata per via della crescente attività immobiliare. Il docu-film passa la parola a Ja, una donna che scava dal fondale della spiaggia di Charce, rimpiangendo il tempo in cui a riva ancora c'erano le dune. Un po’ alla volta la sabbia scompare e resta solo la ghiaia, lamenta Jo ammettendo: "È un lavoro duro e so bene che stiamo danneggiando l'ambiente, ma è la nostra unica possibilità”. Tra gli altri protagonisti, Nelson, un pescatore di Ribeira da Barca che dall'età di 13 anni ha lasciato la scuola convinto di poter vivere di pesca, vista allora come una carriera sicura. Oggi però non esce nemmeno più in mare tutti i giorni: lui e il suo equipaggio finirebbero per spendere più del guadagno.

Poi c'è Tata, la zia di Zé e di Nelson, che all'età di 84 anni rimpiange il passato: "C'erano meno comodità, ma almeno si poteva ottenere cibo in abbondanza dal mare e si viveva su una bella spiaggia di sabbia”. Non mancano gli esperti a dire la loro: sono l'ingegnere della pesca José Melo e suo figlio Tommy, biologo e oceanografo, rispettivamente presidente e vice presidente della ONG Biosfera I. La lotta portata avanti per la conservazione dell'ambiente ha già fruttato loro una menzione d'onore da parte del Governo locale e un premio internazionale. Chiude in quadro Raoul Monsembula, attivista per le campagne sugli oceani di Greenpeace Africa, impegnato sullo sviluppo di alternative valide alle operazioni di pesca industriale. Zé lo ha incontrato sulla nave di Greenpeace per discutere delle cause e degli effetti a livello macrolocale.


Se le persone citate hanno potuto condurre per mano gli spettatori a constatare la situazione della loro isola, trasformandosi in attori improvvisati, questo lo si deve al team dei filmakers - tutti affermati professionisti del settore - che hanno fermamente voluto realizzare il documentario, cogliendone l'importanza sociale. Ecco i loro nomi: Gabriel Manrique e Jordie Montevecchi, documentaristi indipendenti per la regia; Francesca Tosarelli fotografa; Mirco Buonuomo fonico e compositore; Andrew Sutton Cameraman e operatore Subacqueo; Naiara Seara, montatrice. Casomai queste storie in pillole avessero destato interesse tra i nostri lettori, l'invito del diario portoghese è a guardare il trailer, ma soprattutto a visitare il sito ufficiale di Saindgrains che soddisferà ogni ulteriore curiosità in merito.