mercoledì 14 ottobre 2015

“Estive em Lisboa e Lembrei de Você”: uno dei romanzi cult di Luiz Ruffato è diventato un film

Diretto da José Barahona e coprodotto da Brasile e Portogallo, riusciremo mai a vederlo in Italia?


Torniamo a parlare di Luiz Ruffato, lo scrittore brasiliano di fama internazionale tra i favoriti del nostro Blog. L’occasione non viene dall’uscita di un suo nuovo romanzo - l’ultimo tradotto in italiano è il recente Fiori Artificali (2015 laNuovafrontiera), ma dalla trasposizione cinematografica di uno dei suoi romanzi cult: Sono stato a Lisbona e ho pensato a te.

A chi ha letto e apprezzato le pagine del libro uscito nel 2011, sempre per laNuovafrontiera, la notizia potrà apparire in parte allettante in parte deludente. Questa seconda ipotesi è realistica, dato che difficilmente il film si potrà vedere in Italia, tranne grazie alla buona volontà di qualche organizzatore di festival tematici che riesca a inserirlo nel programma. Allettante, invece, per chi ha spesso occasione di muoversi tra Portogallo e Brasile, cioè i due Paesi che hanno prodotto e realizzato il film. Fedele alla storia che vede protagonista Sérgio, detto Serginho partire da  Cataguases - proprio la città del Minas Gerais dov’è nato Ruffato - per cercare fortuna a Lisbona, il lungometraggio è ambientato in entrambe le città.

La vicenda biografica di Sérgio de Souza Sampaio è datata 2005 e narrata in prima persona dallo scrittore che l’ha fatta sua, dopo aver annotato rigorosamente i racconti del suo concittadino emigrante, durante quattro incontri svoltisi nei giorni 9-16-23 e 30 luglio 2005 sempre il sabato pomeriggio, al ristorante Solar dos Galegos situato in cima alle scalinate della Calçada do Duque. A precisarlo è l’autore stesso nella nota che introduce il romanzo, in cui afferma che a presentargli Serginho è stato un certo Paulo Nogueira a cui sente di dover dire grazie per l’interessante incontro procuratogli.

Del film, a parte qualche nota tecnica, lasceremo che sia Luiz Ruffato a raccontare com’è nata l’idea e perché l’ha accolta favorevolmente, nonostante l’iniziale diffidenza motivata dalla consapevolezza che tradurre parole in immagini sia operazione tutt’altro che semplice. Se avrete la pazienza di gustare la breve e simpatica intervista realizzata a casa sua, lo sentirete convinto a correre il rischio sia per la fiducia in Barahona sia per l’attualità della storia: la tragedia dell’immigrazione tuttora dilagante, ben nota a Ruffato figlio di emigranti, può rendere «il film - si augura lo scrittore- abbastanza interessante non solo dal punto di vista estetico ma anche politico».

Quanto al lungometraggio, ecco in sintesi i dati essenziali estrapolati dal sito di Refinaria Filmes – Brasil che lo ha coprodotto con David & Golias – Portugal e Mutuca Filmes- Brasil.  Diretto da José Barahona, interpretato da Paulo Azevedo nel ruolo di  Serginho, è classificato nel genere Ficção e dura 94 minuti. Lo distribuisce Tucumán Filmes.

Per chi non avesse letto il libro, ricordiamo che Serginho avendo perso il lavoro in Brasile, parte speranzoso per il Portogallo spinto da chi gli assicura che quello è “il miglior Paese del mondo” se non si ha paura di faticare e si vuole diventar ricchi alla svelta. Peccato che la realtà si riveli ben diversa: il Portogallo attraversa una fase di crisi economica per cui manca il lavoro e la lingua comune, su cui contava, anziché avvantaggiarlo diventa una barriera. Date le forti differenze tra il portoghese europeo e quello brasiliano, la sua provenienza traspare subito così da venire  identificato e trattato da ex-colonizzato. Può aspirare solo ai lavori più umili e, per conservarli, si trova a vivere una “guerra tra emigrati” inclusi quelli delle altre ex colonie venuti a Lisbona col suo stesso miraggio: tornare a casa col gruzzoletto sufficiente a campare di rendita mantenendo tutta la famiglia.

Se gli ingredienti della saudade ci sono tutti - dallo spaesamento dell’extracomunitario alla dipendenza dal permesso di soggiorno per non diventare clandestini - la storia, pur drammatica, non è mai cupa grazie all’inconfondibile ritmo di Ruffato. Non mancano intrecci amorosi, colpi di scena e incontri pericolosi con personaggi impossibili, ma certamente verosimili. Storie tanto ordinarie quanto al limite che, se rese efficacemente dalla trasposizione cinematografica tradendo il meno possibile quelle scolpite nel libro, ne solleticano la visione. 

Come anticipato, lasciamo la parola a Luiz Ruffato tramite questo breve video in cui lo scrittore ricorda anche di quando nacque la sua passione per il cinema e della sua predilezione per Fellini. Dulcis in fundo, a beneficio di eventuali gattofili, la presenza costante del suo amico “felino” a quattro zampe chiamato Federico.    

mercoledì 7 ottobre 2015

Angola: José Eduardo Agualusa «Não se constrói uma democracia com presos políticos»

Lo scrittore interviene su diritti umani nel suo Paese al dibattito Amnesty Università Lisbona


José Eduardo Agualusa
Non è passato molto tempo da quando abbiamo parlato di un’importante ex colonia portoghese, tuttora travagliata da contrasti interni tra opposte fazioni e della presa di posizione al riguardo da parte di un importante scrittore. Si trattava del Mozambico e di Mia Couto che lanciava un forte appello alla pacificazione. Ora torniamo a parlare di un’ex colonia e di uno scrittore non meno importante, cioè dell’Angola e di José Eduardo Agualusa che ha reso onore al suo Paese natale (è nato a Huambo il 13 dicembre 1960) facendosi apprezzare nel panorama internazionale con decine di opere tra romanzi, racconti e poesie, tradotte in ben 25 lingue. Basti citare, tra quelli editi in Italia, “Un estraneo a Goa” (2009 Urogallo), “Barocco Tropicale” (2012 La Nuova Frontiera), “Borges all’inferno e altri racconti” (2009 Urogallo).

Sia nel caso di Couto sia in quello di Agualusa, a colpire Il diario portoghese è il forte senso civico di appartenenza che contraddistingue i due scrittori e l’incessante anelito a conseguire una stabilità democratica nei Paesi, entrambi protagonisti di luttuose rivoluzioni per poter conquistare l’indipendenza. Quel che ci preme cogliere è soprattutto la portata del loro messaggio e l’alto senso civico dimostrato più che inserirci nei meandri delle questioni politiche interne dei due Paesi, a dir poco complesse. Lo spunto ci viene da una “conversa aberta” sulla situazione dei diritti umani in Angola organizzata da Amnesty International Portogallo presso la Facoltà di Diritto di Lisbona, svoltasi il 17 settembre u.s. cui ha partecipato tra gli altri José Eduardo Agualusa, che attualmente vive tra Lisbona, Rio de Janeiro e Luanda.

Nell’occasione -a quanto riportato da numerosi organi di stampa locali- lo scrittore ha fatto riferimento a un clamoroso caso, molto dibattuto dai media lusofoni, ma la cui eco ha stentato ad arrivare fino a noi. Si tratta dell’arresto avvenuto a Luanda alla fine del giugno scorso e alla conseguente detenzione di 15 giovani accusati di voler organizzare un golpe. I giovani, benché non incriminati formalmente, sono tuttora in custodia cautelare e costretti in regime di isolamento, privati sia di adeguato accesso di assistenza legale sia delle visite dei famigliari. A tale proposito ecco le parole scandite da Agualusa davanti a un’aula piena di studenti: «Eu não conheço democracias com presos políticos e eles são presos políticos». Lo scrittore ha ammesso di dover rivedere le sue stesse opinioni, fino a non molto tempo fa più fiduciose circa la democrazia in Angola che giudicava ancora incompleta ma in cammino verso il suo completamento, mentre  ora il suo giudizio si fa più drastico tanto da aggiungere: «Com a prisão destes jovens tudo mudou. Não se constrói uma democracia com presos políticos».

In altri passaggi del suo intervento la critica al governo si fa esplicita, ad esempio quando sostiene che «até do ponto de vista estratégico é um erro enorme o que o MPLA (Movimento Popular de Libertação de Angola, partido governamental) está a fazer». Del resto i malumori nei confronti del Presidente José Eduardo dos Santos, in carica da ben 35 anni, serpeggiano ormai da parecchio non solo in varie aree del Paese, ma persino un seno allo stesso MPLA e negli ambiti più vicini al centro del potere. Ciò spiega meglio l’affondo dello scrittore quando dice: «Não conheço nenhuma democracia em que o mesmo Presidente esteja no poder há 35 anos».

Rafael Marques
Ana Gomes













Al dibattito erano presenti anche l’eurodeputata del Partito Socialista portoghese Ana Gomes e l’attivista-giornalista angolano Rafael Marques, arrestato e condannato a sei mesi di detenzione (con la pena sospesa successivamente per due anni) in seguito alla pubblicazione del libro dall’eloquente titolo “Diamantes de Sangue, Corrupção e Tortura em Angola”. Poiché una delle domande degli studenti era tesa a capire se l’Angola sia una democrazia corrotta o una dittatura, secca la risposta di Marques: «Angola não se faz com um só homem» e tra i 24 mln di suoi abitanti «há muitas pessoas inteligentes que podem assumir a tarefa de mostrar outro caminho para a sociedade”. Per Marques «Em Angola o regime funciona por via de um triângulo: a corrupção, a repressão e a propaganda».

Non meno tenera Ana Gomes, la quale dopo aver ricordato che la sua “famiglia politica” è sempre stata il MPLA e di aver pure giocato un ruolo attivo nell’ingresso del partito nell’Internazionale socialista nel 2003, dopo la guerra, ha concluso con un’amara osservazione: «Não entraram na Internacional Socialista para respaldar a roubalheira». Alla Gomes, reduce da una recente visita a Luanda, si deve l’iniziativa di una risoluzione sull’Angola - approvata a stragrande maggioranza il 10 settembre u.s. dal Parlamento Europeo - in cui si chiede tra l’altro la liberazione sia dei 15 giovani sia dell’attivista José Marcos Mavungo, condannato nella provincia di Cabinda a sei anni di prigione per incitamento alla ribellione. Al fitto elenco di richiami al rispetto dei diritti umani contenuto nella risoluzione, va detto che il Governo Angolano ha replicato con una nota diffusa dall’agenzia Angop e riportata dall’italiana AGI, in cui “ripudia, con veemenza, i contenuti della risoluzione per la loro gravità e li definisce calunniosi”.