martedì 29 ottobre 2013

Luiz Ruffato alla Fiera di Francoforte: "Credo nella forza trasformatrice della letteratura"

"Il mio destino è cambiato grazie al contatto, fortuito, con i libri"


"Cosa vuol dire abitare in questa terra situata alla periferia del mondo, scrivere in portoghese per lettori quasi inesistenti, lottare ogni giorno per costruire, in mezzo alle avversità, un senso da dare alla vita? Io credo, forse ingenuamente, nella forza trasformatrice della letteratura." Sono parole di Luiz Ruffato, riuscito nel giro di pochi anni a imporsi nel panorama letterario internazionale ed oggi considerato quasi unanimemente il romanziere più interessante e originale della letteratura brasiliana contemporanea. Ruffato ha pronunciato queste parole nella parte finale della sua introduzione alla recentissima Edizione della Fiera del libro di Francoforte, che quest’anno aveva scelto il Brasile e la sua letteratura come ospiti d’onore.

Il diario portoghese le ripropone ora ai suoi lettori, temendo che non sia stato riservato  a questa parte del discorso il giusto risalto, visto che l'attenzione mediatica si è incentrata piuttosto sulle polemiche suscitate da altre considerazioni contenute nel lungo excursus tracciato dallo scrittore sulla storia passata e recente del Brasile, dalle quali emergevano luci ed ombre. Benché il diario portoghese non sia un blog squisitamente letterario, un occhio di riguardo alla produzione narrativa di autori del mondo lusofono, certamente non gli manca. Con questo spirito intende condividere coi propri lettori il Ruffato-pensiero sul ruolo potenziale della letteratura.


Premesso di essere "figlio di una lavandaia analfabeta e di un venditore di pop corn semianalfabeta, anch’io venditore di pop corn, barista, commesso in una merceria, operaio tessile, tornitore meccanico, gestore di un piccolo ristorante", lo scrittore afferma: "Il mio destino è cambiato grazie al contatto, per quanto fortuito, con i libri. E se la lettura di un libro -aggiunge- può cambiare il senso della vita di una persona e la società è formata da persone, allora la letteratura può cambiare la società".

"In questo periodo di esacerbato narcisismo e di estremo culto dell’individualismo, tutto ciò che ci è estraneo e pertanto dovrebbe risvegliare il fascino per il reciproco riconoscimento viene visto più che mai -stigmatizza Ruffato- come minaccioso. Rivolgiamo le spalle all’altro – l’immigrato, il povero, il nero, l’indigeno, la donna, l’omosessuale – nel tentativo di difenderci, dimenticandoci che in questo modo facciamo implodere la nostra stessa esistenza. Ci arrendiamo alla solitudine e all’egoismo, negando noi stessi".

"Per contrappormi a tutto questo scrivo: voglio colpire il lettore, modificarlo, trasformare il mondo. È un’utopia, lo so, ma io mi nutro di utopie. Perché penso -osserva in conclusione- che il destino finale di ogni essere umano dovrebbe essere questo: raggiungere la felicità sulla Terra. Qui e ora".

Nato nel 1961 a Cataguases, nello stato di Minas Gerais, Luiz Ruffato racconta un Brasile diverso, lontano dagli stereotipi e ancora tutto da scoprire per i lettori italiani. Della sua poderosa mole di opere, infatti, sono finora usciti in italiano solo due libri: "Come tanti cavalli " ("Eles eram muitos cavalos"), Bevivino Editore 2003 e "Sono stato a Lisbona e ho pensato a te" ("Estive em Lisboa e lembrei de você"),  laNuovafrontiera 2011. Nel suo Paese è particolarmente conosciuto anche per "Inferno Provisório", una macro-storia in cinque volumi con al centro la saga di una comunità di lavoratori immigrati italiani, ambiente con cui certamente Ruffato ha dimestichezza visto che il suo cognome ne tradisce le origini.

venerdì 25 ottobre 2013

"La città di Ulisse" di Teolinda Gersão: un inno d'amore verso Lisbona



“È stata soltanto una conversazione preliminare, in linea generale, con domanda finale se io avessi accettato o no. L’invito formale sarebbe arrivato dopo, nel caso in cui avessi accettato. Ma non mi sono preso nessun accordo, abbiamo pattuito che avrei riflettuto sulla proposta ed entro qualche giorno avrei dato una risposta. Eravamo nell’ufficio del direttore del Centro di Arte Moderna. La segretaria, che una settimana prima mi aveva telefonato per fissare la data e l’ora, ci aveva portato due caffè in un vassoio. Attraverso la finestra potevo vedere i giardini della Gulbenkian. Conosco il mio interlocutore, giacché alcuni anni prima avevo esposto al CAM. Dice che da una ventina d’anni sta seguendo la mia opera, che ammira molto, ma si tratta di una frase di circostanza. E dopo qualche altra frase, sempre di circostanza, va dritto al sodo:
Intende dirigere inviti a un considerevole numero di artisti plastici, perché presentino con varie esposizioni il loro sguardo sul paese. In una recente riunione, e attenendosi, è ovvio, al mio curriculum, avevano pensato che la prima esposizione sarebbe potuta essere la mia.
E se io fossi stato d’accordo, mi suggerivano che il tema fosse Lisbona. Ovvero, il mio sguardo su alcuni aspetti di Lisbona, ha specificato, appoggiando la tazza di caffè sul vassoio.
Mi sono sentito piuttosto sorpreso, ma non ho voluto interromperlo e l’ho lasciato parlare fino alla fine. Lisbona rappresenta senza dubbio un tema inesauribile e lo andremo pertanto a sottoporre alla considerazione anche di altri artisti, ha proseguito.
Queste esposizioni, dopo essere state inaugurate, ovviamente qui, e aperte al pubblico per un certo tempo, circoleranno per vari paesi. Avrebbe gradito sapere, per il momento, se ero interessato al progetto, ha poi concluso.
Abbiamo scambiato ancora qualche parola, ma non ho fatto domande, né ho prolungato la conversazione. Ho promesso che avrei pensato alla proposta e gli avrei dato una risposta nel giro di qualche giorno.
Sono uscito dal giardino, dove ho camminato in mezzo agli alberi. È un giardino con molto verde, quasi senza fiori. Il verde è un colore tranquillizzante. Anche le linee architettoniche del giardino. Orizzontali e verticali. Alberi e acqua. Il cielo, un lago, macchie di cemento bordate di arbusti, e ampi spazi di prato.
Mi sono seduto su una sedia del piccolo anfiteatro all’aperto. C’erano altre persone lì intorno, alcuni leggevano libri o giornali, coppie d’innamorati si abbracciavano, dei bambini correvano e si rotolavano sull’erba, seguiti dallo sguardo di due o tre mamme sedute. Un gruppo in kimono faceva arti marziali. Sopra di noi un aereo ha solcato il cielo, lasciando dietro di sé una scia bianca che ci ha messo del tempo a scomparire.
Il progetto delle varie esposizioni aveva un senso. Ma per quale motivo avrebbero dovuto essere itineranti? Vero è che per migliaia e migliaia di persone istruite del globo, il Portogallo non era sulla carta geografica, o era, al massimo, una sottile striscia di terra davanti alla Spagna. E probabilmente Lisbona era la più sconosciuta delle capitali d’Europa, e una delle più sconosciute del mondo. Ma cosa volevano di preciso? Che gli artisti collaborassero a dare al paese una collocazione sulla carta geografica? Ironia del destino, in un luogo in cui la cultura era così cronicamente maltrattata.”

(Da “La Città di Ulisse", di Teolinda Gersão, traduzione di Alessandra della Penna, Edizioni dell’Urogallo)

Il brano proposto è stato tratto dal romanzo di Teolinda Gersão, La città di Ulisse, in uscita per la casa editrice Urogallo. Il libro narra dell’incontro tra un uomo e una donna, Paulo Vaz e Cecília, e della loro storia d’amore, alimentata dalla stessa passione verso il mondo delle arti plastiche. La narrazione del loro rapporto si interseca con le splendide descrizioni della città di Lisbona: a partire dalla figura di Ulisse, leggendario fondatore della città portoghese, e continuando attraverso un percorso cronologico che arriva fino ai nostri giorni, tra il mito e la Storia, la realtà e il desiderio, la letteratura e le arti plastiche, l’autrice viaggia attraverso il tempo e lo spazio alla scoperta di una città ricca di fascino e mistero, antica e moderna allo stesso tempo, quella città che i Romani chiamavano con il nome di Olissipo e che nel corso dei secoli fu musa ispiratrice per tanti poeti e cantori.

“Il passaggio di Ulisse in Portogallo” -leggiamo nell’introduzione scritta dalla traduttrice Alessandra della Penna- “è uno dei temi del romanzo, nella misura in cui La città di Ulisse è il titolo scelto dai protagonisti per un’esposizione su Lisbona progettata da entrambi, che inevitabilmente conferirà alla coppia una maggiore libertà artistica per abbordare la città nella maniera che più converrà loro. La rivisitazione si compie attraverso riflessioni e ricordi del narratore-protagonista che recupera esperienze sentimentali e momenti di vita vissuta a Lisbona a partire dagli anni Settanta, cosicché la storia della città si confonde magicamente tanto con la storia personale dei protagonisti, tanto col mito omerico”.

Un tributo all’arte e all’amore, dunque. Un ritratto lucido e delicato della città di Lisbona, basato su una vastissima ricerca storica e letteraria. “Lungi dal fare alcuna critica velata o metaforica” -continua infatti Alessandra della Penna- “l’autrice ci racconta gli errori commessi e le convulsioni politiche di ieri e di oggi, compiendo, in questi tempi di crisi per l’Europa e per il mondo, un pertinente intervento sociale”.

Qualche nota biografica su Teolinda Gersão: scrittrice e professoressa universitaria, è nata a Coimbra nel 1940. Si è laureata in Filologia Germanica e ha vissuto tra Germania, Brasile e  Mozambico. Tra i molti riconoscimenti letterari, nel 1995 ha ricevuto il Grande Prémio de Romance e Novela da Associação Portuguesa de Escritores per il romanzo A Casa da Cabeça de Cavalo e nel 2002 il Grande Prémio de Conto Camilo Castelo Branco con Histórias de Ver e Andar. La sua opera è tradotta in inglese, tedesco, francese, ceco, arabo, romeno e croato, ed è pubblicata in Brasile e negli Stati Uniti, dove alcuni dei suoi racconti sono diventati dei best-seller e si sono guadagnati adattamenti teatrali e radiofonici.





martedì 22 ottobre 2013

Mozambico: missione scientifica "Sky-Island" esplorerà foreste pluviali

Alla scoperta di un'area bianca nella biodiversità del pianeta

Si chiama "Sky-Island" (Isole del cielo) la missione scientifica che si addentrerà nelle foreste pluviali del Mozambico settentrionale, un'area finora inesplorata con un'enorme biodiversità tutta da scoprire, cui parteciperanno i due ricercatori del MUSE (Museo della Scienza di Trento) Michele Menegon e Fabio Pupin assieme a Simon Loader dell'Università di Basilea, a loro volta affiancati da una scienziata brasiliana e da uno studente mozambicano. La spedizione, in partenza a metà del prossimo mese di novembre, durerà otto settimane e sarà documentata da una troupe guidata dal regista e fotografo Samuele Pellecchia. Al termine ne uscirà così anche un docu-film curato dall'Agenzia Prospekt Photographers di Milano, riconosciuta tra le 20 agenzie più importanti del mondo.


A spiegare il perché di un nome che stimola la fantasia come Sky-Island, è stato l'erpetologo (studioso di rettili e anfibi) Michele Menegon rispondendo alla specifica domanda postagli dai microfoni di Radio3Scienza nell'ambito di una puntata dedicata, appunto, alla spedizione. "Perchè si tratta  -ha detto lo scienziato- di montagne molto isolate l'una dall'altra, spesso piuttosto alte, con foresta montana quasi esclusivamente sulla sommità. Queste foreste sono molto antiche e molto stabili per cui nel tempo hanno sviluppato una propria fauna e flora particolare, endemica, ognuna differente dall'altra. Funzionano quindi- ha aggiunto- come vere e proprie isole. Per gli organismi che vivono lì, attraversare le savane basse e aride che dividono le montagne, è ugualmente difficile che per un organismo di una vera isola oceanica attraversare l'oceano. A tutti gli effetti -ha ribadito Menegon- sono isole. Poi, spesso, le sommità di queste montagne sbucano dalle nuvole."

Curiosando sul sito del MUSE, non può passare inosservata l'affermazione "sul nostro pianeta esistono ancora luoghi dove nessuno è mai stato", proprio a proposito della missione Sky-Island. Concetto, questo, rafforzato da Menegon che ha definito la zona prescelta "un'area bianca sulla mappa biologica del pianeta". Colpisce i non addetti ai lavori la mole di lavoro svolto a monte per arrivare a determinare questa nuova area da esplorare, ovvero l'imponente raccolta dati delle precedenti spedizioni realizzate nell'ambito di un progetto internazionale più vasto sulla Biodiversità, in aree limitrofe a Nord del Mozambico (Tanzania, Ruanda, Congo orientale). Tra le peculiarità che queste foreste mozambicane sembrano riservare, sempre secondo lo scienziato del Muse: "Il fatto di esistere da oltre 30 milioni di anni senza mai essere scomparse, per cui tutto ciò che ci viveva ha continuato ad evolvere senza interruzione per tutto questo tempo".


Una rara opportunità per gli studiosi, in sintesi, di percorrere a ritroso la storia della vita e arrivare alle sue origini. Quanto a difficoltà o a potenziali pericoli che i novelli esploratori potrebbero incontrare, Menegon non si è detto particolarmente preoccupato. Premessa la necessità di partire allenati viste le lunghe camminate in quota che attendono il team e pur senza sottovalutare i disagi collegati al clima pluviale in periodi monsonici, si è solo augurato di non incontrare animali come bufali o elefanti: questo non perchè si tratti in assoluto di animali pericolosi, ma in quanto l'equipe- ha spiegato lo scienziato- si muoverà soprattutto di notte.

Poiché una missione scientifica, ovviamente, ha dei costi e in questo caso li ha anche il docu-film che ne verrà tratto, il MUSE ha organizzato un programma di "crowdfunding", ossia di raccolta di fondi online: una modalità nuova e inclusiva di finanziamento aperto a tutti coloro che vogliono essere partecipi, anche con un importo simbolico. La spedizione è promossa da Museo di Scienze di Trento in collaborazione con Istituto di Biogeografia dell’Università di Basilea, SANBI e National Geographic. Sponsor tecnici sono Lowa ed EuroSCHIRM, media partner WIRED.

sabato 19 ottobre 2013

Incontro con Antonio Tabucchi: "Gli ultimi tre giorni di Fernando Pessoa" in scena al Teatro Vascello

Il 23 settembre Antonio Tabucchi avrebbe compiuto settant’anni. Mentre continuano ad affollarsi i ricordi e le commemorazioni in suo onore, il teatro romano “Vascello” propone un’iniziativa interessante: lunedì 21 ottobre (data unica) la Compagnia Diritto & Rovescio in collaborazione con I Concerti del Parco e con il patrocinio dell’Ambasciata del Portogallo mette in scena Gli ultimi tre giorni di Fernando Pessoa, riduzione teatrale di un racconto del grande scrittore italiano. Il testo -leggiamo sul sito del teatro- “ripercorre gli ultimi tre giorni di agonia di Fernando Pessoa. Nel novembre 1935 Fernando António Nogueira Pessoa si trova nel suo letto di morte all'ospedale di São Luís dos Fanceses e come in un delirio, il grande poeta portoghese riceve i suoi eteronomi, i suoi personaggi letterari (Álvaro de Campos, Alberto Caeiro, Ricardo Reis, Bernando Soares, António Mora), parla con loro, elabora conflitti ancora aperti, detta le sue ultime volontà, dialoga con i fantasmi da lui stesso creati che l'hanno accompagnato per tutta la sua vita”.

Sarà l’attore Massimo Popolizio a prestare il volto a Fernando Pessoa. Sulle note della chitarra portoghese di Felice Zaccheo e sulla voce della giovane cantante di Fado Isabella Mangani, il grande poeta portoghese incontrerà i suoi eteronimi - interpretati da Gianluigi Fogacci – “tornerà a tratti anche ad incarnarli, a ripetere le loro parole, i loro gesti, in un'atmosfera sospesa e inquietante, quasi ne fosse posseduto. Si assiste così alle varie trasformazioni di Pessoa come ad un rituale di congedo definitivo dai suoi personaggi e quindi anche dalla vita”.

Gli Ultimi Tre Giorni di Fernando Pessoa
di Antonio Tabucchi
Reading con musica dal vivo
con Massimo Popolizio e Gianluigi Fogacci
musica dal vivo Isabella Mangani (voce), Felice Zaccheo (chitarra portoghese e chitarra classica)



venerdì 18 ottobre 2013

Letteratura portoghese: l'angolano José Eduardo Agualusa vince Prémio Fernando Namora 2013

"Teoria Geral do Esquecimento" è un romanzo ambientato a Luanda alla vigilia dell'indipendenza

Secondo importante riconoscimento letterario nel 2013 per lo scrittore angolano José Eduardo Agualusa: con il romanzo "Teoria Geral do Esquecimento" ha vinto infatti la 16/ma edizione del Prémio Literário Fernando Namora, istituito nel 1988 dal gruppo Estoril-Sol e riservato a romanzi di autori portoghesi. L'annuncio da parte della giuria presieduta dallo scrittore Vasco Graça Moura, è stato diramato da Lisbona il 13 ottobre scorso. Agualusa si era aggiudicato solo pochi mesi fa, a metà luglio, anche il "Prémio Manuel António Pina" riservato alla letteratura infantile e giovanile dell'universo lusofono, con il libro "A rainha dos estapafúrdios". Il Prémio Manuel António Pina è stato creato dall'Editora Tcharan per onorare la memoria dello scrittore portoghese insignito del Prémio Camões nel 2011, morto un anno fa. Quanto al Prémio Namora, è dedicato al celebre medico-scrittore Fernando Gonçalves, nato a Coimbra nel 1919 e deceduto a Lisbona nell'89.

Nella motivazione del Premio Namora (del valore di 15mila euro), la giuria dichiara di aver tenuto conto dell'agile scrittura di un autore il quale "riesce ad eseguire una particolare economia di effetti, trovando un linguaggio in cui il portoghese è parlato in intersezione con altri modi" e aggiunge che "quest'opera accresce il raffinato stile letterario della narrativa dell'autore".  Intervistato  dalla tv pubblica RPT per un commento a caldo, Agualusa ha reagito con gioia all'assegnazione sottolineando "che un premio è innanzitutto un elogio pubblico". Quanto all'opera che si è distinta, ha detto che si tratta di "un romanzo universale".

Ma di cosa parla "Teoria Geral do Esquecimento"? Il romanzo è ambientato a Luanda e comincia alla vigilia della proclamazione dell'indipendenza, l'11 novembre 1975, quando una donna portoghese terrorizzata dall'evolversi degli eventi, erge un muro per separare il suo appartamento dal resto dell'edificio in cui vive, isolandosi dal mondo. Per circa una trentina d'anni -apprendiamo dal sito di Agualusa- la protagonista del romanzo vivrà come una naufraga su un'isola deserta, vedendo intorno Luanda crescere, esultare e soffrire. Secondo lo stesso autore "si tratta di un romanzo sulla paura dell'altro, sull'assurdità del razzismo e della xenofobia, sull'amore e sulla redenzione..."

Qualche nota biografica di José Eduardo Agualusa: è nato a Huambo negli altopiani centrali dell'Angola, ha studiato Agraria e Silvicultura a Lisbona e ha esordito letterariamente con “A Conjura” (1989) che gli ha procurato Prémio Sonangol. Ha beneficiato di ben tre borse di studio di creazione letteraria: la prima, concessagli nel 2000 dal Centro Nacional de Cultura nel 1997 per scrivere  "Nação crioula", la seconda  dalla Fundação Oriente che gli ha permesso di soggiornare tre mesi nell'ex colonia indiana ispirandogli "Um estranho em Goa"; la terza nel 2001 dall'istituzione tedesca Deutscher Akademischer Austauschdienst, grazie a cui ha trascorso un anno a Berlino dove ha scritto "O Ano em que Zumbi Tomou o Rio". Nel 2009, su invito della Fundação Holandesa para a Literatura, ha passato due mesi nella Residência para Escritores ad Amsterdam dove ha terminato la scrittura del romanzo "Barroco tropical".


Scrittore particolarmente prolifico, ha al suo attivo una trentina di titoli, tra romanzi ed opere teatrali, alcuni dei quali tradotti in 25 lingue. Ricordiamo quelli in italiano: "Le donne di mio padre"(laNuovafrontiera 2010) traduzione di Giorgio De Marchis; "Borges all'inferno e altri racconti" (Urogallo 2010) traduzione di Marco Bucaioni; "Un venditore di passati" (laNuovafrontiera 2008) traduzione di Giorgio de Marchis; "Un estraneo a Goa"  (Urogallo 2010), traduzione di Marco Bucaioni; "Frontiere perdute - racconti per viaggiare" (Morlacchi 2008) traduzione di Marco Bucaioni; "L’incredibile e vera storia di D. Nicolau Água-Rosada" (Linea d’Ombra 1992) traduzione di Livia Apa.

Attualmente José Eduardo Agualusa vive tra Lisbona, Rio de Janeiro e Luanda. Come giornalista scrive sull'importante rivista portoghese LER ed è autore della trasmissione  "A hora das Cigarras",  un programma di testi e musiche africane per l'emittente radiotv RDP África. E' membro della União dos Escritores Angolanos. La sua opera più recente s'intitola "A Vida no Céu" ed è uscita nel 2013 per l'editore Quetzal, mentre il romanzo "Teoria Geral do Esquecimento" è stato pubblicato dalla casa editrice Dom Quixote nel 2012.

martedì 15 ottobre 2013

Appuntamento con il Brasile: al via la II edizione di Agenda Brasil

Cinema, fotografia, musica e multiculturalità. Queste sono le caratteristiche di Agenda Brasil, la manifestazione che propone al pubblico milanese un filo diretto con il più grande Paese sudamericano e ne celebra le eccellenze culturali. L’evento, giunto alla sua seconda edizione, si terrà a Milano dal 6 al 15 di novembre in diversi spazi della città, tra cui il MIC (Museo Interattivo del Cinema), Spazio Oberdan e Mediateca Santa Teresa. La manifestazione è ideata e realizzata dall’Associazione Culturale Vagaluna in collaborazione con la Fondazione Cineteca Italiana e il Consolato-Generale del Brasile a Milano.


Mostra "Calcio e Passione", di Evandro Teixeira

All’interno del ricco calendario di appuntamenti -che spaziano dal cinema alla letteratura, passando per la musica, la fotografia e lo sport- da non perdere la rassegna cinematografica CINEBRASIL, con la proiezione di lungometraggi di vario genere, drammatici, commedie, documentari e la presenza di tre registi.
La fotografia di Evandro Teixeira racconterà l’amore dei brasiliani per il calcio, in vista dei mondiali del 2014, che il Brasile ospiterà. Con la mostra “Calcio e Passione” il fotoreporter è sceso in campo per ritrarre il gioco del pallone nella sua forma più coinvolgente: il calcio di strada.
Non mancherà lo spazio per i bambini: il programma di Agenda Brasil si mescola a quello della rassegna Piccolo Grande Cinema, organizzato dalla Fondazione Cineteca e che dedica la sua giornata inaugurale al Brasile con la proiezione del film “Tainá una leggenda amazzonica”, per poi proseguire con una lezione di samba per bambini e racconti della tradizione brasiliana.

“Tainá una leggenda amazzonica”

Sono previsti due incontri con il pubblico: uno sull’attualità e uno sulla letteratura in collaborazione con l’Università degli Studi di Milano. Per tutta la durata della manifestazione, la Mediateca Santa Teresa metterà a disposizione del pubblico uno spazio dedicato al Brasile, dove gli utenti potranno ascoltare musica, guardare film e trasmissioni musicali e sportive brasiliane raccolte nelle Teche RAI.
Un aperitivo musicale e una festa danzante apriranno e chiuderanno la manifestazione.

Per la rassegna cinematografica sono stati selezionati dodici film della produzione brasiliana. Saranno presenti tre registi che proporranno in anteprima i loro film al pubblico italiano. Tra le proiezioni segnaliamo: Colegas, premiatissimo road movie i cui protagonisti sono tre ragazzi con la Sindrome di Down; Vinicius de Moraes, un tributo a uno dei più importanti musicisti e scrittori brasiliani nel centenario della sua nascita; Gonzaga de pai pra filho, storia di due dei più amati protagonisti della musica popolare brasiliana; 5xFavela – agora por nós mesmos, risultato di un laboratorio di cinema tenuto da registi affermati presso alcune favelas di Rio de Janeiro. E quando si parla di Brasile, non può mancare il calcio: il pluripremiato Heleno mostra l’ascesa e la decaduta del calciatore che era ritenuto il principe di Rio de Janeiro degli anni 40.


"Colegas"

Il lungometraggio scelto dal ministero della cultura per rappresentare il Brasile all’Oscar 2014 sarà uno dei film in evidenza durante Agenda Brasil. O Som ao Redor racconta  la storia di una milizia in una strada di classe media nella Zona Sud di Recife che cambia la vita dei residenti locali.  Un’altra chicca della rassegna sarà il film Limite, opera unica di Mario Peixoto del 1931, che sarà proiettato con accompagnamento musicale dal vivo. Altri classici sono Il Dio Nero e Il Diavolo Biondo di Glauber Rocha e Non portano lo smoking di Leon Hirszman.

"O Som ao Redor"

Tutti i film saranno proiettati in lingua originale con sottotitoli in italiano.

domenica 13 ottobre 2013

Rubem Fonseca e José Castello tra le novità della casa editrice Urogallo

La casa editrice Urogallo scommette su due importanti voci della letteratura brasiliana contemporanea, profondamente diverse per formazione, stile e tematiche: il primo, Rubem Fonseca, è considerato in Brasile l’iniziatore di un genere letterario autonomo, il “brutalismo”, e viene proposto con un romanzo a tinte forti, Il Seminarista; il secondo, José Castello è un affermato giornalista, ha vinto il premio Jabuti nel 1995 per la sezione di saggistica e nel 2011 con il suo romanzo Ribamar, tradotto in italiano da Andrea Ragusa.

Rubem Fonseca
Il Seminarista
Traduzione di Marco Bucaioni


“Sono noto come “lo Specialista”, contrattato per servizi specifici. Il Contrattante mi dice chi è il cliente, mi dà le coordinate e io faccio il servizio. Prima di entrare in merito a quel che interessa – Kirsten, Ziff, D. S., Sangue de Boi – voglio raccontare come sono andati alcuni dei miei servizi. L’ultimo è stato la Vigilia di Natale. Il Contrattante mi diede un indirizzo e disse dove avrei trovato il cliente, che stava  dando una festa con un mucchio di gente. Sarebbe bastato arrivare con un pacco di carta colorata e sarei entrato nell’appartamento. Il Contrattante era un tipo alto e magro, molto bianco, biondo, e portava sempre vestito nero, camicia bianca,  cravatta nera e occhiali scuri. Mi pagava bene.
«Il cliente è vestito da Babbo Natale e ha una verruca in  faccia a destra del naso».
Ho sempre odiato, fin da bambino, quelle pappemolli che fanno “Oh! Oh! Oh!” So che l’odio è un attacco di follia, come disse Orazio, ira furor brevis est, ma nessuno ne è immune. Mi sono vestito di tutto punto, ho preso una scatola vuota e ho fatto un enorme pacco regalo. Mi sono messo sotto la camicia la mia Beretta con il silenziatore e ho suonato il campanello della casa del cliente.
Per mia fortuna aprì la porta Babbo Natale in persona. «Entra, entra», disse, «Buon Natale».
«Fammi “Oh! Oh! Oh!”», chiesi, mentre constatavo la presenza della verruca accanto al naso.
«Oh! Oh! Oh!», fece. Gli sparai in testa. Gli sparo sempre in testa. Con questi nuovi giubbotti antiproiettile, la vecchia tecnica di sparare sul terzo bottone della camicia per trapassare direttamente il cuore non funziona più”.

Il libro
Era il più bravo, il più abile, il più veloce, il più pulito sulla piazza. Lo chiamavano lo “Specialista”, uccideva su commissione, con freddezza e rigore, lasciando poco spazio all’errore e alla morale. Una cultura superiore alla media, una grande passione per i libri e un uso di espressioni dotte in latino lo avevano reso noto anche con il nome di “Seminarista”. Ormai stanco del suo mestiere e sorpreso dalla forza dell’amore per una donna, decide di cambiare vita e di lasciarsi alle spalle un mondo fatto di incontri sessuali occasionali, crimini e abusi.
Ma il suo passato ingombrante non consente ripensamenti e i suoi progetti di felicità sono minacciati da un ultimo, pericolosissimo caso. Un intreccio narrativo surreale, creativo e al tempo stesso convincente, un thriller alla riscoperta del dolore e dell’amore.

Rubem Fonseca
Rubem Fonseca, nato a Juiz de Fora, nello stato di Minas Gerais nel 1925, è la più grande firma del noir brasiliano. Si è laureato in Giurisprudenza all’Università Federale di Rio de Janeiro, ha lavorato negli anni ‘50 come commissario al 16º distretto di polizia di Rio de Janeiro, trovandosi quotidianamente in contatto con quel sottomondo che ruota intorno alle favelas. Dopo aver lasciato la polizia, si è dedicato alla letteratura, visitando più volte l’Università di New York. Si è interessato anche di cinema, divenendo lo sceneggiatore di alcune serie televisive per la HBO Brazil.
L’opera di Rubem Fonseca ruota tutta intorno ai distretti di polizia e al rapporto con la figura femminile. Il suo personaggio più celebre, protagonista o deuteragonista di gran parte dei suoi libri, Mandrake, è un avvocato criminalista carioca. Accompagnando la sua azione, tra commissariati di polizia e alcove, il lettore si perde in una dimensione del tutto originale, che è il marchio di qualità della scrittura di Fonseca. La critica letteraria lo considera l’iniziatore in Brasile di un genere letterario autonomo: il “brutalismo”. Rubem Fonseca è stato insignito del prestigioso Prémio Camões nel 2003, alla carriera.


José Castello
Ribamar
Traduzione di Andrea Ragusa


“Il mio male ha un’origine precisa: sono ossessionato da Franz Kafka. Non che ne abbia invidia o desideri essere come lui. Neanche posso dire di odiarlo, anzi, con un po’ di sforzo, ne riconosco la grandezza. Il mio problema è che non riesco a smettere di pensare a Kafka.
Questa cosa è cominciata quando ero bambino. Da qualche parte vidi una fotografia di quegli occhi nervosi che sembrano una copia dei miei. Sempre vestito di scuro, come anche io mi vestivo. Un’ombra lo avvolge e io sento che mi sfiora la schiena.
Non penso soltanto a Franz, il figlio, ma anche a suo padre, Hermann Kafka. E ogni volta che penso a loro, penso a te, papà. Schiacciato da questi tre volti, lotto per esistere.
Un vicino di casa, il Professor Jobi, con il quale ho parlato del mio piano di usare la relazione di Franz Kafka con suo padre, Hermann, per riflettere sui difficili legami che ci hanno uniti, mi ha avvertito sui rischi del mio progetto. «Attento a non farne strumenti di vendetta».
Mi ha ricordato che “Kafka” significa “cornacchia” e che questa relazione innocente potrebbe essere indizio di malaugurio”.

Il libro
Ribamar, vincitore del Premio Jabuti, il più prestigioso riconoscimento letterario in Brasile nel 2011, è il primo romanzo di José Castello pubblicato in Italia. Come lo stesso scrittore afferma, si tratta di un libro per molti aspetti autobiografico: un uomo, di nome José, come l’autore, decide di riconciliarsi con il padre morto da molti anni. Ritorna nella città dei suoi antenati, nel tentativo di ricostruire la figura del progenitore.
L’episodio centrale del libro è il momento in cui il protagonista José riceve una telefonata da parte di un amico, in cui domanda se avesse mai regalato al padre il libro “Lettera al padre” di Kafka. L’amico trovò infatti in un mercatino il libro con una sua dedica, praticamente intatto.  Probabilmente il padre non lo lesse mai. La storia di Ribamar si snoda precisamente a partire da questo breve testo di Kafka.
“Lettera al padre” è uno dei libelli di accusa più violenti che un figlio scrisse mai al proprio genitore. José Castello, l’autore di Ribamar, ammette che si tratta di un fatto realmente autobiografico, cosa che fa di questo romanzo non solo un’opera di finzione, ma anche e soprattutto  una confessione sincera e dolorosa sul rapporto conflittuale con il proprio genitore.

José Castello
Nato a Rio de Janeiro nel 1951, José Castello lavora da anni come giornalista per le più importanti testate brasiliane. Ha collaborato con Veja, IstoÉ, O Estado de São Paulo e Jornal do Brasil ed è attualmente una delle firme delle riviste Bravo!, Época e Valor Económico, oltre che editorialista del supplemento “Prosa & Verso” del giornale O Globo. Per lo stesso giornale, cura il blog A literatura na poltrona, esperienza da cui è scaturito l’omonimo volume nel 2007.
È autore di O Homem sem Alma & Diário de Tudo, biografia del poeta João Cabral de Melo Neto, e di O Poeta da Paixão, biografia del poeta e musicista Vinicius de Moraes, che gli è valsa il Prêmio Jabuti sezione saggistica nel 1995. A questi si aggiunge Inventário das sombras, in cui il ritratto intellettuale di alcuni scrittori assume i contorni della finzione letteraria. Nel 2001 ha pubblicato il suo primo romanzo, Fantasma, un giallo ambientato a Curitiba, città in cui vive dal 1994. Ribamar (2010) è il suo ultimo lavoro e ha vinto il Jabuti nel 2011, per la categoria romanzo.



lunedì 7 ottobre 2013

C'è anche una biologa brasiliana tra gli attivisti Greenpeace arrestati in Russia

Si chiama Ana Paula Maciel - le manifestazioni per chiedere immediata liberazione 


C'è anche una brasiliana tra gli attivisti di Greenpeace arrestati alla fine dello scorso settembre mentre erano a bordo dell’Arctic Sunrise, la nave rompighiaccio dell’associazione ambientalista impegnata in un'azione di protesta contro le trivellazioni nell’Artico russo, e attualmente detenuti nel carcere di Murmansk con l'accusa di pirateria. Si tratta della biologa 31/enne Ana Paula Alminhana Maciel che rischia, al pari degli altri, fino a 15 anni di galera. Non c'è da stupirsi, quindi, se Brasilia e São Paulo figurano tra le 140 città di ben 47 Paesi del mondo, teatro nella giornata di sabato 5 ottobre u.s. di manifestazioni di solidarietà con gli attivisti arrestati -28 in tutto, di 18 diverse nazionalità, più due videoreporter- di cui hanno chiesto l'immediata liberazione.
  

Nonostante i riflettori mediatici siano stati puntati più sulla manifestazione di Londra, grazie alla presenza di personaggi noti come l'attore Jude Law, la creatrice di moda Vivienne Westwood e i musicisti Damon Albarn (Blur) e Paul Simonon (The Clash), il diario portoghese si concentra ora sulle mobilitazioni svoltesi in Brasile, in particolare su quella di São Paulo dove è intervenuta anche la famiglia di Ana Paula, arrivata appositamente da Porto Alegre. Sia per poter descrivere l'atmosfera della piazza, sia per conoscere meglio la personalità della biologa attivista ambientalista, il nostro blog si affida a quanto riportato dal sito ufficiale di Greenpeace Brasil.

Si apprende così che alcune centinaia di persone si sono date appuntamento al "vão livre do Masp – Museu de Arte de São Paulo, em plena Avenida Paulista" dove, vestite di bianco e al suono del maracatu, hanno intonato i “gritos de paz” esibendo gigantografie di Ana Paola appese alle corde per stendere il  bucato."Queremos demonstrar solidariedade, mas também trazer uma mensagem de paz e alegria”, ha detto Fernando Rossetti, direttore esecutivo do Greenpeace Brasil, il quale ha aggiunto: “Uma acusação de pirataria contra um protesto não violento é um grave precedente contra a liberdade de expressão. Aqueles ativistas estavam lá em defesa do Ártico e do planeta e agiram de modo pacífico, como sempre fizemos ao longo dos nossos 40 anos de história.”


Ma chi è Ana Paula? Laureata in Scienze Biologiche presso l'Università Luterana del Brasile (Ulbra) di Canoas, Rio Grande do Sul, si è unita a Greepeace come volontaria nel 2006 e nello stesso anno ha partecipato ad uno stage  imbarcandosi proprio sull' Arctic Sunrise, dove ha fatto  l'assistente di cucina: non sapeva allora che quella nave sarebbe diventata la sua seconda casa. Al termine dello stage fu invitata infatti dall'equipaggio a continuare a farne parte. La biologa ha alle spalle diverse esperienze nell'Artico: nel 2010 era a bordo dell'Esperanza con una spedizione scientifica in cui si documentavano la biodiversità dell'Artico e l'acidificazione degli oceani. Vi era tornata nel 2012 a raccogliere campioni di ghiaccio, con altri scienziati,  in una spedizione tesa ad incrementare la campagna per trasformare la regione in un santuario ecologico globale.

Rosângela Alminhana, madre di Ana Paula, la definisce un'attivista dalla culla ("ativista desde o berço") dichiarando, non senza una punta di orgoglio: "“Ela já nasceu para ser ativista, é o dom dela. Quando está em casa, não deixa ninguém usar sacolas plásticas. É um trabalho que faz 24 horas por dia e com muito prazer." Dal canto loro, gli amici dell'organizzazione fanno notare che il suo aspetto potrebbe ingannare."Nonostante i capelli rossi, la pelle chiara e gli occhi azzurri- affermano in un comunicato- Ana Paula è una brasiliana tipica: comunicativa, simpatica e senza paura del duro lavoro. In una parola, gaúcha". Sia Greenpeace sia la famiglia Maciel si sono appellati al Presidente del Brasile Dilma Roussef affinché intervenga nel caso. Un caso non certo facile dal punto di vista diplomatico, visto che nel mirino delle proteste dell'Artic Sunrise c'era la piattaforma del colosso energetico statale russo Gazprom.


Com'è noto, al centro della protesta di Greenpeace, "attirare l’attenzione sulla lenta ma inesorabile distruzione dell’Artico. Il ghiaccio si sta sciogliendo e le compagnie petrolifere - questo l'allarme lanciato- si spostano a nord per estrarre quei combustibili fossili che contribuiscono alla fusione dei ghiacci". I legali dell'organizzazione insistono sul fatto che l’azione dell' Arctic Sunrise è stata una protesta pacifica e legale.
Poiché la nave sequestrata batte bandiera olandese, nel frattempo il ministero degli Esteri olandese ha annunciato un'azione legale (una causa di arbitrato al Tribunale internazionale per la legge del mare, con sede ad Amburgo, in Germania), per recuperare la nave e liberare gli attivisti.

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giovedì 3 ottobre 2013

Indies, il laboratorio di ricerca e sperimentazione letteraria, debutta con Dulce Maria Cardoso

Il mondo dell’editoria, si sa, è un mondo competitivo, incerto, un mondo in cui gli editori indipendenti faticano a sopravvivere, rischiando costantemente di essere fagocitati dalle grandi case editrici già affermate, le quali, a loro volta, devono comunque puntare su prodotti culturali che soddisfino i lettori più esigenti, ma che allo stesso tempo siano in grado di raggiungere un pubblico sempre più vasto. Una prima svolta nel settore editoriale in questi tempi di crisi è rappresentata da Indies, un laboratorio permanente di ricerca letteraria con l’obiettivo di fare emergere le voci più nuove e più interessanti della narrativa contemporanea italiana e internazionale. Indies – parola che vuole suggerire appunto l’idea dell’indipendenza, valore fondamentale in questo settore – unisce le competenze nel campo di ricerca e sperimentazione di sei editori indipendenti (Voland, Nottetempo, Transeuropa, Nutrimenti, 66thand2nd e Zandonai) all’esperienza e alla forza di Feltrinelli. L’obiettivo è semplice ma di indubbia importanza: pubblicare romanzi di grande qualità, presentare autori di pregio in una veste raffinata e moderna, parlare ai lettori più forti e più curiosi, ma contemporaneamente offrire le proposte editoriali degli indipendenti a un pubblico più vasto possibile. Con una grafica accattivante, una dichiarata cura nei dettagli e – particolare da non sottovalutare – un prezzo amico (dai 12 ai 14 euro), Indies ha fatto il suo debutto in libreria il 18 settembre scorso e prevede l’uscita di sei titoli entro la fine dell’anno.

Fra i primi due romanzi pubblicati, insieme a L'albero e la vacca dell’argentino Adrián Bravi (Nottetempo/Feltrinelli) troviamo Il ritorno (Voland/Feltrinelli, traduzione di Daniele Petruccioli, pp. 224, euro 14), quarto romanzo della scrittrice portoghese Dulce Maria Cardoso ad essere tradotto in italiano; «gli altri tre – editi sempre da noi, spiega Daniela Di Sora al Corriere della Sera – non hanno avuto un destino corrispondente al loro valore. È un'autrice corposa, non facilissima, che punta molto sulla lingua e sulla ricerca». Il romanzo narra il dramma collettivo dei retornados dalle ex colonie africane  all’indomani della Rivoluzione dei garofani.

Sinossi (dal sito Voland.it)
Rui ha 15 anni e non capisce perché sono dovuti partire così tardi. È l’ultimo aereo che lascia l’Angola prima dell’indipendenza e c’è una confusione tremenda, gli ex coloni portoghesi quasi fanno a botte per andare via. Rui non sa come fare, con la madre e la sorella. E papà non arriva. Rui non ha mai visto la madrepatria. Quando scendono dall’aereo fa freddo. In Angola il freddo non esisteva. L’albergo di lusso dove li sistemano insieme a una massa di profughi dalle ex colonie è strano, sono tutti gentili ma distanti, sembrano in imbarazzo di fronte a loro. E papà non arriva. Rui non sa come fare. Non sa come fare con la madre malata, con le medicine che non si trovano, con le crisi che incombono. Non sa come fare con la sorella che per integrarsi dimentica la vita di prima. Non sa come fare con la moglie del portiere che lo guarda con quegli occhi. Non sa come fare con la professoressa nuova che tratta lui e i suoi compagni “angolani” da deficienti. Ma papà quando arriva?
L’ultimo straordinario romanzo di Dulce Maria Cardoso sui retornados dalle ex colonie dopo la Rivoluzione dei garofani. Con precisione narrativa e chiarezza di stile ammirabili, l’autrice ci svela un Portogallo in piena “restaurazione” post-dittatura. Una vicenda intensa, drammatica, raccontata attraverso gli occhi di un bambino di “ritorno” in patria, che traccia una radiografia, anche linguistica, di un paese ancora intorpidito e forse frustrato dal recente capovolgimento storico.
 
L’autrice
Dulce Maria Cardoso è nata in Portogallo nel 1964, ma ha trascorso parte della sua infanzia in Angola. Tornata in Portogallo si è stabilita a Lisbona e ha iniziato a scrivere soggetti cinematografici e racconti. Il suo primo romanzo, Campo di sangue (Voland 2007), ha ricevuto il prestigioso Grande Prémio Acontece de Romance. Nel 2009 le è stato assegnato il Premio letterario dell’Unione Europea per il romanzo Le mie condoglianze.

martedì 1 ottobre 2013

“E Depois matei-o”: il telefilm portoghese convince la giuria del Prix Italia 2013

Vince la sezione riservata a film tv e miniserie per il forte messaggio educativo


'Un film sulla violenza tra le mura domestiche con un forte messaggio educativo. Un esame impietoso sul modo in cui la violenza possa riguardare qualsiasi classe sociale''. Con questa motivazione “E Depois Matei-o” di Lourenço de Mello ha fatto conquistare al Portogallo il podio della 65/ma edizione del Prix Italia nella Sezione riservata a Film Tv e Miniserie. Prix Italia è il più antico e prestigioso concorso internazionale per programmi radio, tv e web (fiction, documentari, musica e rappresentazioni artistiche) che si svolge sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica, il Patrocinio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali. All'edizione 2013, la cui cerimonia di premiazione si è svolta a Torino il 26 settembre u.s., hanno concorso oltre novanta organismi radiotelevisivi, pubblici e privati, dei cinque continenti.


Con un pizzico di campanilismo "Il diario portoghese" ha dapprima gioito per il riconoscimento ottenuto dal telefilm di un Paese attualmente abituato a salire alle cronache più per la sua difficile situazione economica che per le sue eccellenze, poi si è chiesto come mai l'opera abbia colpito tanto favorevolmente la giuria. Non è stato difficile verificare che “E Depois Matei-o”, prodotto nel 2012 dall'emittente nazionale RPT nell'ambito dell'iniziativa "Grandes Histórias - Toda a Gente Conta" con al centro il tema della violenza domestica, ha una trama davvero particolare e affascinante, pur nella sua durezza.

Il telefilm portoghese narra dell'incontro tra una donna incinta, condannata a 8 anni di detenzione per aver ucciso il marito dopo uno stillicidio di violenze subite ed una studentessa di sociologia che, saputo del caso dai giornali, la va a trovare nel carcere di Tares con uno scopo preciso: sta preparando, infatti, la tesi di laurea incentrata proprio sull'omicidio coniugale. La prima si chiama Catarina ed è interpretata dall'attrice Isabel Abreu, la seconda si chiama Susana ed ha il volto e la voce di Sónia Balacó.

Dall'incontro tra due donne, che via via possono conoscersi meglio ed entrare in confidenza fino ad abbattere le barriere difensive iniziali, scaturirà ben più che una tesi di laurea. Grazie al tratteggio che Catarina fa quando parla dei cambiamenti messi in atto da Henrique, l'uomo che alla fine ha ucciso ma che appena conosciuto l'aveva conquistata, Susana comincia a prendere coscienza delle similitudini esistenti con la sua stessa situazione sentimentale. Anche il suo compagno, come Henrique a Catarina, era apparso inizialmente "bonito, educado, um perfeito cavalheiro". Ma da un bel po' le cose sono cambiate e hanno preso una cattiva piega...

Qui i puntini di sospensione sono d'obbligo, per non svelare altri dettagli della trama togliendoci la sorpresa in caso riuscissimo, prima o poi, a vedere il film. Limitiamoci quindi a prendere a prestito altre righe tratte dalla motivazione del riconoscimento attribuito dalla giuria di Prix Italia a “E Depois Matei-o”. Eccole: "La storia ha una struttura semplice ma il ritratto psicologico della relazione tra vittima e carnefice è molto convincente. La scena culminante in cui Catarina è aggredita dal marito e alla fine lo accoltella è forte e sconvolgente. La recitazione della protagonista Isabel Abreu è magistrale e merita una citazione speciale".