La
casa editrice Urogallo scommette su due importanti voci della letteratura
brasiliana contemporanea, profondamente diverse per formazione, stile e tematiche:
il primo, Rubem Fonseca, è considerato in Brasile l’iniziatore di un genere
letterario autonomo, il “brutalismo”, e viene proposto con un romanzo a tinte
forti, Il Seminarista; il secondo,
José Castello è un affermato giornalista, ha vinto il premio Jabuti nel 1995
per la sezione di saggistica e nel 2011 con il suo romanzo Ribamar, tradotto in italiano da Andrea
Ragusa.
Rubem Fonseca
Il Seminarista
Traduzione di Marco Bucaioni
“Sono
noto come “lo Specialista”, contrattato per servizi specifici. Il Contrattante
mi dice chi è il cliente, mi dà le coordinate e io faccio il servizio. Prima di
entrare in merito a quel che interessa – Kirsten, Ziff, D. S., Sangue de Boi –
voglio raccontare come sono andati alcuni dei miei servizi. L’ultimo è stato la
Vigilia di Natale. Il Contrattante mi diede un indirizzo e disse dove avrei
trovato il cliente, che stava dando una
festa con un mucchio di gente. Sarebbe bastato arrivare con un pacco di carta
colorata e sarei entrato nell’appartamento. Il Contrattante era un tipo alto e
magro, molto bianco, biondo, e portava sempre vestito nero, camicia
bianca, cravatta nera e occhiali scuri.
Mi pagava bene.
«Il
cliente è vestito da Babbo Natale e ha una verruca in faccia a destra del naso».
Ho
sempre odiato, fin da bambino, quelle pappemolli che fanno “Oh! Oh! Oh!” So che
l’odio è un attacco di follia, come disse Orazio, ira furor brevis est, ma
nessuno ne è immune. Mi sono vestito di tutto punto, ho preso una scatola vuota
e ho fatto un enorme pacco regalo. Mi sono messo sotto la camicia la mia
Beretta con il silenziatore e ho suonato il campanello della casa del cliente.
Per
mia fortuna aprì la porta Babbo Natale in persona. «Entra, entra», disse, «Buon
Natale».
«Fammi
“Oh! Oh! Oh!”», chiesi, mentre constatavo la presenza della verruca accanto al
naso.
«Oh!
Oh! Oh!», fece. Gli sparai in testa. Gli sparo sempre in testa. Con questi
nuovi giubbotti antiproiettile, la vecchia tecnica di sparare sul terzo bottone
della camicia per trapassare direttamente il cuore non funziona più”.
Il libro
Era il più bravo, il più abile, il più
veloce, il più pulito sulla piazza. Lo chiamavano lo “Specialista”, uccideva su
commissione, con freddezza e rigore, lasciando poco spazio all’errore e alla
morale. Una cultura superiore alla media, una grande passione per i libri e un
uso di espressioni dotte in latino lo avevano reso noto anche con il nome di “Seminarista”.
Ormai stanco del suo mestiere e sorpreso dalla forza dell’amore per una donna,
decide di cambiare vita e di lasciarsi alle spalle un mondo fatto di incontri
sessuali occasionali, crimini e abusi.
Ma il suo passato ingombrante non
consente ripensamenti e i suoi progetti di felicità sono minacciati da un ultimo,
pericolosissimo caso. Un intreccio narrativo surreale, creativo e al tempo
stesso convincente, un thriller alla riscoperta del dolore e dell’amore.
Rubem Fonseca
Rubem Fonseca, nato a Juiz de Fora,
nello stato di Minas Gerais nel 1925, è la più grande firma del noir
brasiliano. Si è laureato in Giurisprudenza all’Università Federale di Rio de
Janeiro, ha lavorato negli anni ‘50 come commissario al 16º distretto di
polizia di Rio de Janeiro, trovandosi quotidianamente in contatto con quel
sottomondo che ruota intorno alle favelas. Dopo aver lasciato la polizia, si è
dedicato alla letteratura, visitando più volte l’Università di New York. Si è
interessato anche di cinema, divenendo lo sceneggiatore di alcune serie televisive
per la HBO Brazil.
L’opera di Rubem Fonseca ruota tutta
intorno ai distretti di polizia e al rapporto con la figura femminile. Il suo
personaggio più celebre, protagonista o deuteragonista di gran parte dei suoi
libri, Mandrake, è un avvocato criminalista carioca. Accompagnando la sua
azione, tra commissariati di polizia e alcove, il lettore si perde in una
dimensione del tutto originale, che è il marchio di qualità della scrittura di
Fonseca. La critica letteraria lo considera l’iniziatore in Brasile di un
genere letterario autonomo: il “brutalismo”. Rubem Fonseca è stato insignito
del prestigioso Prémio Camões nel 2003, alla carriera.
José Castello
Ribamar
Traduzione di Andrea Ragusa
“Il
mio male ha un’origine precisa: sono ossessionato da Franz Kafka. Non che ne
abbia invidia o desideri essere come lui. Neanche posso dire di odiarlo, anzi,
con un po’ di sforzo, ne riconosco la grandezza. Il mio problema è che non
riesco a smettere di pensare a Kafka.
Questa
cosa è cominciata quando ero bambino. Da qualche parte vidi una fotografia di
quegli occhi nervosi che sembrano una copia dei miei. Sempre vestito di scuro,
come anche io mi vestivo. Un’ombra lo avvolge e io sento che mi sfiora la
schiena.
Non
penso soltanto a Franz, il figlio, ma anche a suo padre, Hermann Kafka. E ogni
volta che penso a loro, penso a te, papà. Schiacciato da questi tre volti,
lotto per esistere.
Un
vicino di casa, il Professor Jobi, con il quale ho parlato del mio piano di
usare la relazione di Franz Kafka con suo padre, Hermann, per riflettere sui
difficili legami che ci hanno uniti, mi ha avvertito sui rischi del mio
progetto. «Attento a non farne strumenti di vendetta».
Mi
ha ricordato che “Kafka” significa “cornacchia” e che questa relazione
innocente potrebbe essere indizio di malaugurio”.
Il libro
Ribamar,
vincitore del Premio Jabuti, il più prestigioso riconoscimento letterario in
Brasile nel 2011, è il primo romanzo di José Castello pubblicato in Italia. Come
lo stesso scrittore afferma, si tratta di un libro per molti aspetti
autobiografico: un uomo, di nome José, come l’autore, decide di riconciliarsi
con il padre morto da molti anni. Ritorna nella città dei suoi antenati, nel tentativo di
ricostruire la figura del progenitore.
L’episodio centrale del libro è il
momento in cui il protagonista José riceve una telefonata da parte di un amico,
in cui domanda se avesse mai regalato al padre il libro “Lettera al padre” di
Kafka. L’amico trovò infatti in un mercatino il libro con una sua dedica,
praticamente intatto. Probabilmente il
padre non lo lesse mai. La storia di Ribamar
si snoda precisamente a partire da questo breve testo di Kafka.
“Lettera al padre” è uno dei libelli di
accusa più violenti che un figlio scrisse mai al proprio genitore. José
Castello, l’autore di Ribamar,
ammette che si tratta di un fatto realmente autobiografico, cosa che fa di
questo romanzo non solo un’opera di finzione, ma anche e soprattutto una confessione sincera e dolorosa sul
rapporto conflittuale con il proprio genitore.
José Castello
Nato a Rio de Janeiro nel 1951, José
Castello lavora da anni come giornalista per le più importanti testate
brasiliane. Ha collaborato con Veja, IstoÉ, O Estado de São Paulo e Jornal
do Brasil ed è attualmente una delle firme delle riviste Bravo!, Época e Valor Económico,
oltre che editorialista del supplemento “Prosa & Verso” del giornale O Globo. Per lo stesso giornale, cura il
blog A literatura na poltrona,
esperienza da cui è scaturito l’omonimo volume nel 2007.
È autore di O Homem sem Alma & Diário de Tudo, biografia del poeta João
Cabral de Melo Neto, e di O Poeta da
Paixão, biografia del poeta e musicista Vinicius de Moraes, che gli è valsa
il Prêmio Jabuti sezione saggistica nel 1995. A questi si aggiunge Inventário das sombras, in cui il
ritratto intellettuale di alcuni scrittori assume i contorni della finzione
letteraria. Nel 2001 ha pubblicato il suo primo romanzo, Fantasma, un giallo ambientato a Curitiba, città in cui vive dal
1994. Ribamar (2010) è il suo ultimo
lavoro e ha vinto il Jabuti nel 2011, per la categoria romanzo.
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