Diretto da José Barahona e coprodotto da Brasile e Portogallo, riusciremo mai a vederlo in Italia?
Torniamo
a parlare di Luiz Ruffato, lo scrittore brasiliano di fama internazionale tra i
favoriti del nostro Blog. L’occasione non viene dall’uscita di un suo nuovo
romanzo - l’ultimo tradotto in italiano è il recente Fiori Artificali (2015 laNuovafrontiera), ma dalla trasposizione
cinematografica di uno dei suoi romanzi cult: Sono stato a Lisbona e ho pensato a te.
A
chi ha letto e apprezzato le pagine del libro uscito nel 2011, sempre per laNuovafrontiera,
la notizia potrà apparire in parte allettante in parte deludente. Questa
seconda ipotesi è realistica, dato che difficilmente il film si potrà vedere in
Italia, tranne grazie alla buona volontà di qualche organizzatore di festival
tematici che riesca a inserirlo nel programma. Allettante, invece, per chi ha
spesso occasione di muoversi tra Portogallo e Brasile, cioè i due Paesi che
hanno prodotto e realizzato il film. Fedele alla storia che vede protagonista
Sérgio, detto Serginho partire da
Cataguases - proprio la città del Minas Gerais dov’è nato Ruffato - per
cercare fortuna a Lisbona, il lungometraggio è ambientato in entrambe le città.
La
vicenda biografica di Sérgio de Souza Sampaio è datata 2005 e narrata in prima
persona dallo scrittore che l’ha fatta sua, dopo aver annotato rigorosamente i
racconti del suo concittadino emigrante, durante quattro incontri svoltisi nei
giorni 9-16-23 e 30 luglio 2005 sempre il sabato pomeriggio, al ristorante
Solar dos Galegos situato in cima alle scalinate della Calçada do Duque. A
precisarlo è l’autore stesso nella nota che introduce il romanzo, in cui afferma
che a presentargli Serginho è stato un certo Paulo Nogueira a cui sente di
dover dire grazie per l’interessante incontro procuratogli.
Del
film, a parte qualche nota tecnica, lasceremo che sia Luiz Ruffato a raccontare
com’è nata l’idea e perché l’ha accolta favorevolmente, nonostante l’iniziale
diffidenza motivata dalla consapevolezza che tradurre parole in immagini sia
operazione tutt’altro che semplice. Se avrete la pazienza di gustare la breve e
simpatica intervista realizzata a casa sua, lo sentirete convinto a correre il
rischio sia per la fiducia in Barahona sia per l’attualità della storia: la
tragedia dell’immigrazione tuttora dilagante, ben nota a Ruffato figlio di
emigranti, può rendere «il film - si augura lo scrittore- abbastanza interessante
non solo dal punto di vista estetico ma anche politico».
Quanto al lungometraggio, ecco in sintesi i
dati essenziali estrapolati dal sito di Refinaria Filmes – Brasil che lo ha
coprodotto con David & Golias – Portugal e Mutuca Filmes- Brasil. Diretto da José Barahona, interpretato da
Paulo Azevedo nel ruolo di Serginho, è
classificato nel genere Ficção e dura 94 minuti. Lo distribuisce Tucumán
Filmes.
Per
chi non avesse letto il libro, ricordiamo che Serginho avendo perso il lavoro
in Brasile, parte speranzoso per il Portogallo spinto da chi gli assicura che
quello è “il miglior Paese del mondo” se non si ha paura di faticare e si vuole
diventar ricchi alla svelta. Peccato che la realtà si riveli ben diversa: il Portogallo
attraversa una fase di crisi economica per cui manca il lavoro e la lingua
comune, su cui contava, anziché avvantaggiarlo diventa una barriera. Date le
forti differenze tra il portoghese europeo e quello brasiliano, la sua
provenienza traspare subito così da venire
identificato e trattato da ex-colonizzato. Può aspirare solo ai lavori
più umili e, per conservarli, si trova a vivere una “guerra tra emigrati”
inclusi quelli delle altre ex colonie venuti a Lisbona col suo stesso miraggio:
tornare a casa col gruzzoletto sufficiente a campare di rendita mantenendo tutta
la famiglia.
Se
gli ingredienti della saudade ci sono tutti - dallo spaesamento dell’extracomunitario
alla dipendenza dal permesso di soggiorno per non diventare clandestini - la
storia, pur drammatica, non è mai cupa grazie all’inconfondibile ritmo di
Ruffato. Non mancano intrecci amorosi, colpi di scena e incontri pericolosi con
personaggi impossibili, ma certamente verosimili. Storie tanto ordinarie quanto
al limite che, se rese efficacemente dalla trasposizione cinematografica tradendo
il meno possibile quelle scolpite nel libro, ne solleticano la visione.
Come
anticipato, lasciamo la parola a Luiz Ruffato tramite questo breve video in cui
lo scrittore ricorda anche di quando nacque la sua passione per il cinema e della
sua predilezione per Fellini. Dulcis in fundo, a beneficio di eventuali
gattofili, la presenza costante del suo amico “felino” a quattro zampe chiamato
Federico.
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