"Março de 1964", una riflessione dello scrittore e teologo perseguitato dal regime.
Il primo aprile del
1964 è una data che i brasiliani non dimenticano facilmente: quel giorno,
infatti, il Presidente in carica João Goulart venne destituito all'indomani dal
colpo di stato militare guidato dal maresciallo Humberto de Alencar Castelo
Branco che instaurò un regime dittatoriale destinato a durare oltre un
ventennio. Quel periodo storico fu caratterizzato da una sistematica violazione
dei diritti umani nei confronti degli oppositori che si concretizzò in
sparizioni, esecuzioni sommarie, incarcerazioni e torture. I più fortunati, tra
cui figurano molti nomi celebri della cultura, furono costretti all'esilio. La radiografia dei
crimini non è ancora stata ricostruita completamente, ma molto è già emerso e
raccolto grazie all'impegno di organizzazioni in difesa dei diritti umani e in
particolare tramite il "Projeto Brasil: Nunca Mais", mentre sta
ancora lavorando la "Comissão Nacional da Verdade" istituita dal
Governo di Dilma Roussef proseguendo l'iniziativa del suo predecessore Lula.
Per non dimenticare
questo cinquantesimo anniversario "il diario portoghese" ne affida il
ricordo al racconto ad un protagonista davvero speciale: Frei Betto, al secolo
Carlos Alberto Libânio Christo. Allora giovane studente universitario prima di
entrare nell'Ordine dei Domenicani, Betto non sapeva quale cambiamento il Golpe
avrebbe determinato nella sua esistenza. Arrestato nel 1969 per aver dato
rifugio ai ricercati nei conventi, restò in carcere fino al 1972 subendo
torture assieme ad altri confratelli, fra cui Frei Tito che non sopravvisse.
Esponente della Teologia della Liberazione, scrittore ("Dai sotterranei
della storia" e "Battesimo di sangue" lo hanno reso famoso nel
mondo), ambientalista impegnato nel Movimento Sem Terra e poi assessore del
programma Fome Zero nel primo Governo Lula, Frei è considerato tra i più
attenti interpreti della realtà sociale, non solo brasiliana.
Pubblichiamo di seguito
la sua riflessione "Março de 1964", uscita in lingua originale sul
settimanale indipendente di São Paulo
"Correio da Cidadania" e diffusa nella versione
italiana (tradotta da Serena Romagnoli) tramite la Rete Radiè Resch-Rete di
Quarrata che l'ha gentilmente concessa al nostro Blog. Buona lettura.
MARZO ‘64
di Frei Betto
Nel 1964 abitavo a Rio,
in un buchetto all’angolo delle strade Laranjeiras e Pereira da Silva. Lì si insediavano
i giovani dirigenti della JEC (Gioventù Studentesca Cattolica) e della JUC
(Gioventù Universitaria Cattolica), movimenti dell’Azione Cattolica. Lì
venivano ospitati spesso i dirigenti studenteschi Betinho, Vinicius Caldeira
Brant e José Serra.
Io ero entrato nel
corso di Giornalismo dell’Università del Brasile (attuale UFRJ) e tra i miei
professori spiccavano Alceu Amoroso Lima, Danton Jobim e Hermes Lima. Di
destra, c’era Hélio Vianna, professore di storia, cognato del maresciallo
Castelo Branco.
Dal momento del mio
arrivo a Rio, dal Minas, il Brasile viveva una fase di turbolenza politica. Si
svegliava il gigante addormentato in una splendida culla. Tutto era nuovo sotto
il governo di João Goulart: la bossa, il cinema, la letteratura...
La Sudene
(Sovrintendenza per lo sviluppo del Nordest) diretta da Celso Furtado, alleata
del governatore del Pernambuco, Miguel Arraes, ridisegnava un Nordest libero
dal dominio dei colonnelli, industriali e latifondisti. Francisco Julião sosteneva le Ligas
Camponesas, che lottavano per la riforma agraria.
Paulo Freire avviava, a
partire da Angicos (RN), il suo metodo di coscientizzazione politica dei poveri
attraverso l’alfabetizzazione. Concepiva la pedagogia degli oppressi.
Nel sud, Leonel Brizola
si scontrava con i monopoli stranieri e difendeva la sovranità brasiliana.
Marinai e sergenti dell’Esercito si organizzavano, a Rio, per rivendicare i
loro diritti.
“Vedrai che un figlio
tuo non fugge dalla lotta”. Tuttavia i figli non avevano sufficiente lucidità
per capire che, dopo la rinuncia del presidente Jânio Quadros, nel 1961, le
classi dominanti stavano facendo dischiudere l’uovo del serpente...
L’ambasciata USA, che
aveva ancora sede a Rio e aveva a capo Lincoln Gordon, si muoveva nell’ombra
per aizzare i militari brasiliani – molti dei quali addestrati negli USA –
contro l’ordine democratico (vedi “Taking
charge: the Johnson White House Tapes – 1963-1964”, de Michael Beschloss).
Chi conosce la storia
dei colpi di Stato in America Latina sa che sono stati tutti patrocinati dalla
Casa Bianca. Da lì la battuta: Non c’è mai stato un golpe negli USA perché a
Washington non c’è un’ambasciata yankee...
Gli USA, che trovavano
inaccettabile l’esito della Rivoluzione Cubana del 1959, temevano l’avanzata
del comunismo in America Latina. Il presidente Lyndon Johnson (1963-1969) era
convinto che il Brasile fosse vulnerabile all’influenza sovietica quanto il
Vietnam.
Fiumi di denaro sono
stati destinati a preparare le condizioni per il golpe del 1° aprile del 1964.
Ai poveri, che desideravano ardentemente riforme strutturali (chiamate
all’epoca “riforme di base”, e ancora oggi non realizzate), gli USA offrivano
le briciole delle “ceste basiche”, distribuite dall’Alleanza per il Progresso.
Gli imprenditori si organizzavano nell’IBAD (Istituto Brasiliano di Azione Democratica)
e nell’IPES (Istituto di Ricerche Economiche e Sociali).
Gli USA non avrebbero
accettato neanche che il Brasile diventasse come l’Egitto di Nasser, un paese
indipendente dalle orbite yankee e sovietica. Navi statunitensi dell’Operazione
Brother Sam si avviavano verso i nostri porti.
Jango convocò il
megacomizio del 13 marzo 1964, alla Central do Brasil. Volevo andarci, ma padre
Eduardo Koaik (più tardi vescovo di Piracicaba {SP} e collega di seminario di
Carlos Heitor Cony) decise che avremmo approfittato della vacanza per una
giornata di studi della direzione nazionale della JEC (della quale facevo
parte), ad Itaipava (RJ).
Il 29 marzo, con un
biglietto fornito dal Ministero dell’Educazione (cioè da: Betinho, capo di
gabinetto del ministro Paulo de Tarso dos Santos), partii per Belém. Nella
capitale del Para, mi sorprese il golpe militare, il 1° aprile del 1964. Ebbi difficoltà a credere che il presidente
Jango, costituzionalmente eletto, si fosse rifugiato in Uruguai.
Aspettai la tanto propagandata
reazione popolare. Il PCB (Partito Comunista Brasiliano), con il quale la JEC
manteneva alleanze nella politica studentesca, garantiva che, in caso di golpe,
Prestes avrebbe convocato migliaia di lavoratori in armi.
L’Azione Popolare,
movimento di sinistra nato dall’Azione Cattolica, prometteva di mobilitare i
suoi militanti per difendere l’ordine democratico.
Aspettai invano.
Reazioni isolate, compresa quella di alti ufficiali delle Forze Armate, furono
subito soffocate senza bisogno di un solo colpo di arma da fuoco. E nessuno
credeva che la dittatura sarebbe durata, a partire dal 1° aprile del 1964, per
21 anni.
Vedi il sito di Rete Radié Resch di Quarrata
Nessun commento:
Posta un commento
Lascia un commento