José Saramago nei Quaderni di Lanzarote lo ricorda con parole piene di ammirazione e gratitudine
«Não o pensava antes,
quando escutava a guitarra de Carlos Paredes, mas hoje, recordando-a,
compreendo que aquela música era feita de alvoradas, canto de pássaros
anunciando o sol». Inizia con queste intense parole il ricordo che José
Saramago - dal suo esilio alle Canarie scrivendo il diario che ha dato vita ai Quaderni di Lanzarote - dedica alla
figura del leggendario chitarrista Carlos Paredes, vera icona sia del fado sia
dello spirito rivoluzionario sfociato nella caduta della dittatura. Nel
decennale della sua morte, avvenuta il 23 luglio 2004 a Lisbona (era nato il 16
febbraio 1925 a Coimbra), Il diario portoghese lo vuole ricordare, ipotizzando
che le ultime generazioni non abbiamo fatto in tempo a sentirlo suonare e a
conoscerne la grandezza.
Carlos nasce in una
famiglia dove la musica è di casa da generazioni e la chitarra onnipresente.
Infatti il padre Artur è un grande chitarrista e compositore, a sua volta
figlio e nipote d’arte: non sorprende quindi che solo guardandolo apprenda le
prime posizioni della mano, che inizi a suonare fin da bambino e che a 14
partecipi a un programma radiofonico, realizzato dal padre. Benché la sua
famiglia - che nel 1937 si trasferisce a Lisbona - decida di fargli prendere
lezioni di violino e di pianoforte, soprattutto per volontà della madre cui
deve la sensibilità culturale, Carlos opta presto per la chitarra. Come sanno
bene gli appassionati di fado, la guitarra
di Coimbra è molto diversa dalla sorella lisbonese, ma restano entrambe perno
centrale della musica popolare portoghese. Se già il padre si era dimostrato un
innovatore della chitarra di Coimbra, il figlio non sarà da meno e, pur senza
mai rifiutare la lezione ricevuta dalla tradizione, a unanime giudizio riuscirà
addirittura a reinventarne la sonorità.
Come? In poche parole,
sintetizzando la tecnica paterna, Carlos sfrutta appieno le caratteristiche
dello strumento, re-indirizzandolo verso repertori mai avvicinati e nemmeno
ipotizzati. Prima di vedere quando e come questi cambiamenti emergeranno,
influenzando varie altri settori artistici, concentriamoci su Carlos Paredes
cittadino, non sul musicista. Una sua peculiarità sta infatti nel separare le
due cose, nel senso che non passa mai alla musica professionale, ma continua a
coltivarla con impegno e passione («Amo demasiado a música para viver dela»,
diceva) mentre lavora. Dopo gli studi superiori, nel 1949 viene assunto
come funzionario all'Hospital de São José di Lisbona: è lì che la
Polizia politica PIDE lo va cercare e lo arresta nel 1958, in quanto iscritto
all'allora clandestino Partito Comunista.
Non va dimenticato che
il Portogallo era in piena dittatura salazarista e spesso chi dissentiva faceva
questa scelta: a Paredes costa un anno e mezzo di carcere e l’espulsione dall’incarico
pubblico, dove verrà reintegrato nel ’74 successivamente alla Rivoluzione dei Garofani
per restare fino al pensionamento del 1986. Durante il periodo della
reclusione, a quanto raccontato anni più tardi da un suo compagno di cella,
pare che Carlos simulasse l’atto di suonare la chitarra muovendo le dita sulla
dentatura di un pettine, per esercitarsi. È negli anni ’60, una volta fuori dal
carcere e mentre sbarca il lunario come rappresentante di medicinali, che
inizia l’avventura musicale di Carlos, cui fa da sfondo il clima di
rinnovamento socio-culturale che serpeggia nel Paese. Il panorama locale
pullula di compositori ed interpreti del calibro di José Afonso, divenuto
celebre come autore di Grândola Vila
Morena nonché di Adriano Correia de Oliveira, Luiz Goes e António
Bernardino.
A rivitalizzare la
poesia ci pensa intanto Manuel Alegre, mentre sul fronte cinematografico emerge
la corrente chiamata Cinema novo. Stretto e duraturo il legame tra Paredes e il
cinema: comincia nel 1960 firmando la colonna sonora del corto Rendas de Metais Preciosos di Cândido da
Costa Pinto, accompagnato alla chitarra classica Fernando Alvim, con cui
collaborerà a lungo. Seguono a ruota le colonne sonore dei film Os verdes Anos di Paolo Rocha (1963), Fado Corrido di Jorge Brum do Canto (1964), As
Pinturas do Meu Irmão Júlio di Manoel de Oliveira (1965), Mudar de Vida di Rocha (1966), Hello Jim! di Augusto Cabrita (1970), ma
l’elenco prosegue fitto. Non meno forte il feeling con il teatro di prosa e col
balletto, in cui vanta collaborazioni coi maggiori registi e coreografi
portoghesi suoi contemporanei.
Una curiosità: va detto
che malgrado la persecuzione politica, tra il ’67 e il ’70 Paredes viene
invitato a far parte di delegazioni statali all'estero per esibirsi al Festival
di Varadero (Cuba), all’Esposizione Mondiale di Osaka e all’Opera di Sidney. La
sua fama oltrepassa quindi i confini anche durante la dittatura, al cui crollo
ha contribuito girando a lungo il Paese e facendo circolare tra la popolazione
la sua rivoluzione musicale in vista di quella dei Garofani. Non si è ancora
spenta l'eco del suo disco É preciso um
País, in cui accompagna il testo poetico di Manoel Alegre che presta la
propria voce, destinato a fare da sottofondo musicale alla campagna per le
prime elezioni libere del 1975 che sanciscono il passaggio del potere militare
alla democrazia.
Da allora in poi
comincia a frequentare i maggiori palchi d'Europa e diventa quasi di casa nella
Repubblica Democratica Tedesca, dove incide importanti compilation. Quanto agli
album discografici, molti dei quali lo vedono affiancato dagli altri grandi musicisti
portoghesi, inevitabile citare almeno il primo 33 giri del 1967 Guitarra Portuguesa in cui lo accompagna
alla chitarra classica Fernando Alvim e il primo da solista del 1971, Movimento Perpétuo, considerato all’unanimità
il suo capolavoro. Mentre prosegue instancabile la sua attività e fioccano i
riconoscimenti alla carriera, Carlos non smette di ricercare e di innovare come
testimoniano i dischi Invenções Livres,
realizzato in duetto col pianista António Vitorino de Almeida nell’88 e Dialogues,
in coppia col controbassista jazz Charlie Haden nel ’90.
Una chicca, la
partecipazione speciale al disco registrato dal vivo al Coliseu dos Recreios di
Lisbona dai Madredeus, in cui il gruppo riprende il suo celebre brano Mudar de vida. L’ultima apparizione in
pubblico è nell’ottobre 1993 presso l’Aula Magna del Regents dell’Università di
Lisbona, accompagnato dalla sua discepola Luisa Amaro, prima di ritirarsi
definitivamente a causa della mielopatia. Ecco come lo ricorda il portale del Museo
do Fado di Lisbona, che nel 2000 gli ha dedicato l’esposizione temporanea intitolata
Estar com Paredes per divulgarne il
percorso biografico e professionale: «A sua obra fez escola e assume, na
cultura musical portuguesa, um valor incalculável».
Per chiudere,
riprendiamo le parole di Saramago con cui abbiamo aperto, completando la dedica
riservatagli: «Ainda tivemos de esperar uma década antes que outra madrugada
viesse abrir-se para a liberdade, mas o inesquecível tema de Verdes Anos, esse
cantar de extática alegria que ao mesmo tempo se entretece em harpejos de uma
surda e irreprimível melancolia, tornou-se para nós numa espécie de oração
laica, um toque a reunir de esperanças e vontades. Já seria muito, mas ainda
não era tudo. O resto que ainda faltava conhecer era o homem de dedos geniais,
o homem que nos mostrava como podia ser belo e robusto o som de uma guitarra, e
que era, a par de músico e intérprete excepcional, um exemplo extraordinário de
simplicidade e grandeza de carácter. A Carlos Paredes não era preciso pedir que
nos franqueasse as portas do seu coração. Estavam sempre abertas».
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