lunedì 30 gennaio 2012

Uma palavra por semana

La lingua portoghese è l’ottava lingua più parlata al mondo, e la seconda delle lingue romanze. Oltre al Portogallo, terra natale della lingua, è parlata in Brasile da più di 150 milioni di persone, in Africa da 4 milioni e mezzo e in Asia da circa un milione di persone. È indubbia pertanto la varietà lessicale e fonologica di una lingua tanto ricca quanto affascinante, che vive fra i quattro continenti.
Ma da dove vengono le parole che costituiscono questo straordinario panorama lessicale? In quale contesto vengono usate? Che differenza c’è “ônibus”  e “autocarro”, fra “cafezinho” e “bica”? La lingua non è solo uno strumento che ci permette di comunicare gli uni con gli altri, è un organismo vivo, ricco e con una storia da raccontare. Di questa storia, permettendoci anche di giocare e senza la pretesa di ricerca filologica, vorremmo darne alcuni esempi.  
La nuova rubrica, “Uma palavra por semana”, intende approfondire etimologia, significato e contesto d’uso di alcune parole della lingua portoghese, scelte in base alla loro frequenza o più semplicemente al loro potere evocativo.
La parola che abbiamo scelto per iniziare il nostro viaggio attraverso la lingua portoghese è “Oxalá”.

 “Oxalá” deriva dall’arabo in sha allah o inshallah. Significa “se Dio vuole”, “Magari!”.
La parola viene usata in Portogallo. In Brasile, lo stesso significato  viene rivestito dalla parola “Tomara”, mentre “Oxalá” rimanda al Candomblé, religione afrobrasiliana, portata dagli schiavi in Brasile. Il Candomblé consiste nel culto degli Orixás, divinità di origine totemica e familiare, associati ciascuno ad un elemento naturale, e si basa sulla fede in un'anima propria della natura.
“Oxalá” in portoghese, come in italiano, è seguita dal congiuntivo: “Oxalá voltasse!” ("Magari ritornasse!").
Oxalá, Madredeus

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