giovedì 23 febbraio 2012

Tradizioni del popolo Makonde: la danza Mapiko in Mozambico

La danza Mapiko dei Makonde è una delle danze rituali più conosciute del Mozambico settentrionale. Si dice che sia nata come tentativo dei maschi di imitare il potere matriarcale delle donne. I danzatori, che sono sempre uomini, indossano maschere di legno speciali che di solito hanno fattezze esasperate e sono decorate con capelli e colori. L'idea è che il danzatore rappresenti lo spirito di un morto venuto sulla terra a far del male a donne e bambini e che solo gli uomini possono sconfiggere.
I Makonde, una popolazione che vive al confine tra il Mozambico e la Tanzania (attuale diocesi di Pemba), narrano che molto tempo fa, nella foresta africana, abitava un mostro selvaggio. Non era né uomo né animale e viveva sempre appartato. Non si lavava mai né si tagliava i capelli. Beveva soltanto il minimo indispensabile per sopravvivere; un giorno, visto un bell'albero, lo tagliò, lo sfrondò, ne tolse la corteccia e scolpì una figura femminile. Era di una bellezza indescrivibile. Compiaciuto della sua opera, il mostro volle tenersela con sé per sempre. Una notte, però, la scultura divenne donna viva. Il mostro se ne innamorò e l'amò. Giunto il momento di partorire, i due si recarono al fiume. La donna partorì un primo figlio morto, quindi un secondo, anch'egli morto; solo il terzo nacque vivo: era un uomo, il primo makonde. Questo mito sull'origine dell'uomo spiega perché la figura femminile sia il soggetto principale e più frequente della scultura di questo popolo. 
Gli artisti Makonde si esprimono principalmente in tre generi plastici, anteriori all'epoca coloniale. Con il primo si rappresentano teste di donna raffiguranti la capostipite, venerata e invocata come protettrice nei viaggi, nelle avversità, nella maternità e nella morte. Il secondo è costituito da gruppi scultorei in legno o creta, ad uso didattico, con soggetti realistici, che ritraggono scene di vita quotidiana atte alla formazione dei giovani. Attraverso tali sculture, gli inizianti imparano i segreti della vita lavorativa, coniugale, familiare e sociale, abbracciando tutto l'arco vitale, dalla nascita alla morte. Il terzo genere fa capo alla maschera Mapiko, personificazione del maligno, che era conservata in un tempietto situato in luogo appartato rispetto al villaggio. Era permesso vedere la maschera sacra solo nelle cerimonie e nelle danze iniziatiche, di fertilità o di guerra. Il Mapiko, circondato da tabù, infondeva il terrore sacro e il segreto veniva rivelato solo ai giovani maschi in ambito rituale; mai alle donne, che pure partecipavano alle danze rituali.
Nella danza Mapiko le maschere possono coprire il viso (“máscara facial”) o il capo intero (“máscara capacete”): entrambe sono fatte di legno e hanno un profondo significato religioso e cerimoniale, legato al rituale dell’iniziazione maschile. Il danzatore che esegue la coreografia, molto ritmica e cadenzata, oltre a indossare le maschere caratteristiche, è coperto di oggetti sonori (chocalhos, “sonagli”) ed è accompagnato da vari percussionisti, con i loro tamburi di legno e coperti di pelle d’animale. Questa danza ha come sottofondo un gruppo di cantanti, uomini e donne.
È da sottolineare che la danza Mapiko è senza dubbio un insieme di musica, danza, scultura e teatro, e rappresenta nell’immaginario collettivo il mondo soprannaturale.

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