Il regista portoghese, ancora attivo, è oggi il decano mondiale della cinematografia
Nato ad Oporto l'11 dicembre del 1908, compie oggi la bellezza di 105 anni quel colosso della
cinematografia che risponde al nome di Manoel Cândido Pinto de Oliveira.
Rimasto ormai il decano mondiale dei veri maestri del cinema, non sembra ancora
tentato dal pensionamento: risale appena al 2012, infatti, l'ultimo suo film
"O Gebo e a sombra" col quale si è presentato alla 69/ma Mostra del
Cinema di Venezia dove negli anni precedenti aveva ricevuto ben due volte il
Leone d'oro alla carriera.
Claudia Cardinale, tra
gli interpreti del film presenti al Lido nell'occasione, così parlava del
maestro: "Manoel è un regista straordinario, con un'energia incredibile.
E' davvero meraviglioso lavorare con lui. Per darvi un'idea della sua vitalità vi
posso dire che prima di arrivare sul set andava a fare nuoto. Questo è un film
-aggiungeva l'attrice- girato in soli 25 giorni. Una cosa che, come sappiamo,
capita raramente".
Ispirato all'omonima
pièce teatrale di Raul Brandão, anche l'ultimo lavoro di Oliveira conferma il
forte legame che l'iper-produttivo regista ha sempre avuto col testo scritto,
tanto da dichiarare in una delle sue numerose interviste: "L'immagine, al
cinema, ha la sua importante funzione, ma la parola è il ritratto del
pensiero". Un punto chiave che contraddistingue il lungo percorso e
l'opera di Manoel de Oliveira è infatti il rapporto con la letteratura da cui
si lascia ispirare. Tra i suoi conterranei portoghesi predilige Camilo Castelo
Branco, José Régio e in modo particolare, Agustina Bessa-Luís. Ma attinge anche
dai francesi, come Paul Claudel e Madame Lafayette.
Il diario portoghese,
conscio di non essere un blog di cinema, si limita ad omaggiare questo grande
protagonista del '900 evitando di tediare i lettori con la sua bio-filmografia
che da sola riempirebbe pagine. Si concede, tuttavia, almeno un paio di
curiosità per meglio avvicinare il Maestro. A proposito del film "Amor de
perdição", tratto dal romanzo omonimo di Castelo Branco che in Portogallo
viene studiato a scuola come noi studiamo "I promessi sposi", ecco come
de Oliveira sintetizza il legame tra il testo e la trasposizione
cinematografica: "Tutto quello che venne da me per il film, venne dal
libro per me".
Quanto al sodalizio
speciale che lo lega alla scrittrice Agustina Bessa-Luis, autrice dei romanzi
da cui prendono forma diversi film a partire da "Francisca" del 1981,
vale la pena ricordare che ad un certo punto riuscì a convincerla a scrivere
per lui un adattamento cinematografico di Madame Bovary: ne uscì "La valle
del peccato" (2003) considerato dalla critica il miglior adattamento del
romanzo di Flaubert di tutti i tempi. Il convento, La valle fantasma, Il
principio dell’incertezza, Lo specchio magico sono altri film che hanno tratto
ispirazione da romanzi, già editi, firmati dalla stessa scrittrice.
Di rigore qualche cenno
biografico per tratteggiare Manoel de Oliverira, la cui lunga vita è davvero
densa di avvenimenti: rampollo della borghesia industriale viene iniziato al
cinema dal padre che nel tempo libero lo porta, bambino, a vedere i film di
Charles Chaplin e Max Linder. Ma gli ci vuole un po' prima di capire che strada
scegliere, essendo Manoel piuttosto versatile e soprattutto atleta promettente
in molte specialità, dalla ginnastica al nuoto, dall'atletica al motociclismo.
I primi passi nel cinema li muove da comparsa, grazie alla sua fotogenia, nel
film Fátima Milagrosa (1928).
Negli anni '30,
acquistata una vecchia macchina da presa, si cimenta nel documentario e
comincia a farsi notare con "Labour on the Douro River" che alla sua
prima proiezione della versione muta, nel 1931, spacca la critica: quella
portoghese lo stronca, quella estera lo osanna. Tornato a fare l'attore nel
1933 nel film "A song of Lisbon", riprende successivamente in mano
"Douro, lavoro fluviale" cui aggiunge il sonoro. Entra così, a pieno
titolo, nella cinematografia europea per inserirsi nel filone definito
"precursore del neo-realismo" con "Aniki-Bóbó" del 1942. Da
lì al '56 c'è una pausa, durante la quale va in Germania dove frequenta un
corso presso i laboratori AGF per imparare le tecniche della pellicola a
colori, messe poi in pratica nel film "The Artist and the City"
(1956).
Altra lunga pausa dal
cinema, de Oliverira la subisce per via del suo dissenso col regime
salazariano, quando lavorare diventa pressoché impossibile agli oppositori. Si
occupa nel frattempo dell'azienda paterna, per riemergere nel '63. E' allora
che, con "Acto de Primavera", realizza un vero film politico: va a
Curalha, villaggio dell'Alto Trás-os-Montes i cui abitanti nella Settimana
Santa danno vita tradizionalmente alla Passione di Gesù, seguendo il testo del
16/mo secolo di Francisco Vaz de Guimarães. Utilizza attori di strada in una
sorta di docu-film originalissimo che chiosa con immagini della seconda guerra
mondiale e della guerra in Vietnam. "Acto de primavera" è destinato a
passare alla storia, anche per aver preceduto il Vangelo di Pierpaolo Pasolini
che uscirà nel 1964.
È ormai ultrasessantenne
quando, col tramonto della dittatura, de Oliveira può dare la stura alla sua
fluente creatività macinando film su film, impreziositi da cast internazionali di
altissimo livello. Tra i suoi attori preferiti: Catherine Deneuve, John
Malkovich, Marcello Mastroianni, Michel Piccoli, Irene Papas oltre alla già
citata Cardinale. Come risparmiamo ai lettori l'elenco dei suoi film, oltre 20
corti e almeno 35 lungometraggi, altrettanto facciamo con i premi accumulati,
che sfiorano la trentina. Se a qualcuno rimanesse la curiosità di conoscere
meglio il maestro, di approfondire la sua vita e le sue opere in ogni
angolatura, lo rimandiamo al volume "Oliveira. Cinema, parola,
politica" di Francesco Valerio Nisio (edizione Le Mani 2010), una vera
opera omnia.
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