lunedì 13 gennaio 2014

Portogallo: l'addio ad Eusébio "Pantera Negra", leggenda del calcio lusitano

Tre giorni di lutto nazionale per la recente scomparsa del calciatore mozambicano.



Non è necessario essere appassionati di calcio, e men che meno tifosi, per aver provato commozione alla recente notizia della morte, avvenuta per arresto cardiaco il 5 gennaio scorso a Lisbona, di Eusébio da Silva Ferreira, autentica leggenda del calcio lusitano. Veniva chiamato semplicemente Eusébio, oppure con tre soprannomi: 'Pantera Negra' per le sue movenze feline, "o Rei" in quanto inarrivabile, e "perla negra" che riassume le qualità del più celebre calciatore portoghese di tutti i tempi, il primo fuoriclasse di origine africana nonché uno  tra i maggiori "attaccanti" del mondo. Era nato il 25 gennaio 1942 a Mafalala, quartiere di Lourenço Marques oggi Maputo, da padre angolano che morì di tetano lasciandolo orfano a soli otto anni, e madre mozambicana.

Cresciuto in un ambiente povero, con quella forte passione per il pallone che talora ha riscattato i figli delle colonie facendoli assurgere ad astri dei Paesi dominanti, saltava spesso la scuola per andare a giocare a calcio con gli amici, a piedi nudi. Il suo talento non tardò a farsi notare, ma dovette lottare molto per imporsi e  riuscire a indossare  la maglia del Benfica, la principale squadra portoghese tra le cui file trascorse ben 15 dei suoi 22 anni di carriera, complice la dittatura salaziariana che vietava di giocare con un club straniero. Ripercorrendo, in cifre, la sua carriera emergono numeri da brivido: Eusébio ha collezionato ben 11 vittorie nei campionati e 5 Coppe del Portogallo strappando negli anni d'oro (1961/62) anche la Coppa dei Campioni.

È stato il capocannoniere della Coppa Campioni nel 1965, nel ‘66 e nel ‘68. Ha vinto il titolo di miglior marcatore del campionato portoghese in sette occasioni (1964, ‘65, ‘66, ‘67, ‘68, ’70 e ‘73), record tutt'oggi mantenuto, ed è stato il primo calciatore ad aggiudicarsi la “Scarpa d'oro”  avendo vinto la prima edizione del trofeo nel 1968. E ancora: con la maglia della sua nazionale ha collezionato 64 presenze e 41 gol, 9 dei quali nel Mondiale '66 dove trascinò il Portogallo al terzo posto, ad oggi il miglior piazzamento di sempre. Proprio ai Mondiali di Londra stupì il mondo con due performance rimaste iscritte negli annali del calcio: la doppietta con cui batté il Brasile per 3 a 1, e i 4 gol consecutivi contro la Corea del Nord, messi a segno nel quarto di finale ribaltando il risultato da 0 -3 a 5 -3.

Questo lungo elenco di numeri basta a comprendere perché il Portogallo, come regalo del suo 50/mo compleanno, gli dedicò una grande statua in bronzo che tuttora campeggia all'ingresso dello stadio da Luz di Lisbona. Proprio quella statua, nei giorni scorsi, ha attirato in processione migliaia di portoghesi addolorati dalla sua scomparsa che l'hanno letteralmente ricoperta di bandiere, sciarpe e maglie del Benfica oltreché di messaggi con parole colme di riconoscenza e di mazzi di fiori. Non a caso, proprio lo stadio da Luz ha ospitato la camera ardente e ha fatto da sfondo all'immenso funerale, degno di "o Rei": come avviene solo per gli eroi nazionali, il Paese ha proclamato tre giorni di lutto per la morte di Eusébio.

Nell'occasione si è pronunciato lo stesso Presidente della Repubblica, Cavaco Silva, il quale ha diffuso un messaggio in cui diceva, tra l'altro: "Il Portogallo ha perso uno dei suoi figli più amati, che tanta gloria aveva dato al nostro Paese. Il modo migliore per omaggiare la `Pantera Negra´ è quello di seguire il suo esempio di campione ed essere umano. Un campione che ha lottato tanto per ottenere le sue vittorie e una persona che ha sempre avuto con gli altri un rapporto caloroso, di affetto e reciproco rispetto". Sfogliando le cronache dei funerali si leggono descrizioni che ben riassumono l'importanza collettiva tributata ad Eusébio, quali: "L’hanno messo a centrocampo. Tutto attorno 10mila suoi tifosi e “Es nossa fé”, l’inno del Benfica. Poi anche “Con te partirò” di Bocelli".



Poiché il Benfica per molti anni si è identificato nel suo centravanti, vale la pena chiuderne il ricordo con le parole strappate tempo fa dalla Gazzetta dello Sport ad António Lobo Antunes, uno dei più importanti scrittori portoghesi che ha dedicato parecchi suoi libri alla guerra in Angola cui partecipò come medico."Quando in Portogallo giocava il Benfica -ha raccontato Antunes in quell'intervista-  noi appendevamo degli altoparlanti, regolati a tutto volume, fuori dagli accampamenti. Era un modo per far sentire la radiocronaca ai guerriglieri del movimento di liberazione, tifosissimi del Benfica, la cui stella era il mozambicano Eusébio. I combattimenti allora s’interrompevano per 90 minuti e dalla selva non si udiva neppure un fruscio”.

Nessun commento:

Posta un commento

Lascia un commento