venerdì 10 gennaio 2014

"Lusoclássicos": "Un estraneo a Goa" di José Eduardo Agualusa

Seconda tappa del giro intorno al mondo dei classici della letteratura in lingua portoghese. Questa volta Andrea Sironi ha letto per noi Un estraneo a Goa di José Eduardo Agualusa, facendoci viaggiare idealmente verso luoghi lontani ed esotici che ancora oggi mostrano i segni della passata dominazione.


Un Estraneo A Goa, di José Eduardo Agualusa

Chi è stato a Goa non ha bisogno di andare a Lisbona...


Autentico cosmopolita lusofono, lo scrittore e giornalista angolano José Eduardo Agualusa vive tra Luanda, Lisbona e Rio de Janeiro. Frutto di questa natura itinerante è Un Estraneo A Goa, gioco di specchi imperiale delineato nello spazio contingente ai due centri dell'antico Império Ultramarino, vale a dire la capitale Lisbona e Goa, antica sede dell'amministrazione coloniale dei territori ad Est del Capo di Buona Speranza, nonché “Gemma del Trono di Lusitania” cantata da Camões.

L'io narrante, identificabile con l'autore stesso, si muove sulle tracce di un personaggio altisonante e controverso, il guerrigliero angolano Plácido Domingo, generale dalla difficile connotazione politico-ideologica. Poco si sa di lui e difficili sono le conclusioni che si possono trarre sul suo operato. Attraverso la sua figura, Agualusa si addentra nella Storia portoghese nel secolo della decolonizzazione, ricorrendo di tanto in tanto a ricercati sistemi di metanarrativa e digressione.

Il narratore segue le sue tracce dal Brasile all'India, espediente che gli permette di tracciare un ritratto di Goa appassionante ed esemplare, ricco di sfaccettature, personaggi ed immagini folgoranti che richiamano a un grande passato, dominato dalle autorevoli figure di Afonso de Albuquerque, leggendario governatore delle Indie Portoghesi, e del padre gesuita Francisco Xavier, e ad un presente ancora in definizione, in cui i discendenti lusitani rivestono ancora un ruolo determinante.

Da una parte assistiamo alla demitizzazione del Relitto Imperiale, in cui deambulano freaks occidentali di ogni genere, subalterni che vivono di loschi raggiri e incantatori che hanno stordito i loro serpenti, mentre sui taxi le statuette della Vergine sono incorniciate da intermittenti luci al neon. Dall'altra Goa conserva una fatiscente seduzione carica di esotismi, vedute straordinarie e tramonti suggestivi, patria di un languido sentore cattolico, ancorata alla tradizione ma in costante rinnovamento.

Diverse sono le tematiche collaterali esaminate da Agualusa, dal perpetuo interrogarsi sull'identità portoghese in una prospettiva europea, alla repressione operata in epoca salazarista, passando per l'incresciosa speculazione che caratterizza il mercato delle reliquie. Se i nuovi e lussuosi hotel riportano alla mente la Bangkok di Lawrence Osborne, la Goa Velha, con le sue maestose cattedrali e il misticismo religioso, fa ripensare alle descrizioni riportate ad inizio secolo da Mario Appelius, che definisce la stessa Goa e Macao “due piccoli luoghi, due enormi Cattedrali”.

Agualusa compila un manifesto imperiale a metà tra cronaca e romanzo, un resoconto gremito di leggende che guarda al Portogallo con l'occhio sufficientemente distaccato di Plácido Domingo, per chi vuole “sapere come va a finire”.La lettura, disseminata di passaggi fluidi e graffianti, risulta ancora più piacevole se intrecciata ad una calda tazza di tè chai, mentre i bastoncini di incenso al sandalo e alla cannella ardono nell’aria e la melodia del sitar à portuguesa di Ana Rita Simonka si diffonde nelle stanze.

(Edizione consultata: José Eduardo Agualusa, Un estraneo a GoaEdizioni dell'Urogallo, Perugia, 2012. Traduzione di Marco Bucaioni)


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