«Não imagino minha vida sem Chopin», dice l’enfant prodige oggi ultra 70enne
«Não imagino minha vida
sem Chopin».
Partiamo da questa affermazione per avvicinarci a una delle eccellenze del
Brasile non abbastanza conosciute in Italia. Si tratta di Nelson Freire,
pianista inserito nella stretta rosa del gotha internazionale della musica
classica. Secondo la rivista americana Time «è uno dei più
interessanti pianisti di questa o di qualsiasi era».
Secondo il britannico The Guardian «pochi pianisti ancora in
vita trasmettono la gioia e l’esaltazione di essere padroni del loro mestiere
in modo vivido e semplice come Nelson Freire».
Quando venne a Roma all’Accademia
di Santa Cecilia nel 2011, in una delle sue rarissime apparizioni italiane, la
locandina così lo annunciava: «Attenzione: mito in arrivo. Pianista “cult”,
enfant prodige (al suo primo concerto in pubblico aveva 5 anni) e interprete
corteggiato dalle migliori orchestre del mondo intero: Nelson Freire.
Brasiliano, classe 1944 e grande amico di Martha Argerich, cui è da anni legato
da un intenso sodalizio artistico». Parole che si adattano perfettamente anche
alla presentazione che intende fare Il diario portoghese, certo che si tratti
di una personalità tanto affascinante da interessare anche i profani di musica
classica.
Di lui si è parlato,
soprattutto all’estero, per la recente uscita del disco Decca “Chopin: concerto
n. 2 e altri pezzi per pianoforte” in cui Nelson Freire è accompagnato dall’orchestra
Gürzenich-Orchester di Colonia, diretta da
Lionel Bringuier. Il titolo del disco giustifica la scelta di aprire il
nostro post con la sua frase dedicata a Chopin, di cui Freire è unanimemente
riconosciuto come uno dei migliori intenditori ed esecutori a livello mondiale.
Il legame col compositore polacco è tanto stretto quanto datato: aveva solo 12
anni quando venne registrata la sua esecuzione di brani di Chopin che servì ad
incidere il suo primo disco, ma già da prima gli si era avvicinato, non solo
grazie alla musica.
In una delle sue rare
interviste – Nelson è noto per la sua riservatezza e per la sua attitudine a
rifuggire dai riflettori – confessa di aver amato Chopin da quando vide il film
sulla vita del compositore (“À Noite Sonhamos” del 1945), la prima volta che
mise piede in un cinematografo, da bambino a Boa Esperança. Ricordiamo che
dalla sua città natale nel sud del Minas Gerais si trasferì presto con tutta la
famiglia a Rio de Janeiro per decisione del padre che, resosi conto delle doti
eccezionali di quel figlio peraltro di gracile costituzione, ne favorì il
proseguimento degli studi musicali evitandogli le quattro ore di viaggio
necessarie per andare a lezione.
Una decisione sofferta,
questa, come si evince dalla lettera autografa di José Freire da Silva firmata “papai”
che appare nel film documentario con cui il regista João Moreira Salles ha
omaggiato il pianista. Lo scritto, che nell’intenzione del padre sarebbe
servito un giorno a integrare la biografia del celebre Nelson, non sottaceva il
dolore del distacco dalla regione e dalla casa di famiglia e rivelava i timori
legati al salto in una città grande e costosa come Rio. Se alla luce della
lunghissima e pluripremiata carriera del figlio, la scelta del trasferimento
appare più che indovinata, non va dimenticato che le premesse c’erano tutte:
come può un padre decidere a cuor leggero di soffocare il talento di un bambino
che a tre anni si mette al pianoforte di casa e improvvisa, a memoria, i brani
appena eseguiti dalla sorella maggiore?
Ritorniamo a Chopin per
approfondire il pensiero di Nelson Freire sulla sua musica: premesso di
trovarsi d’accordo con l’affermazione di Arthur Rubinstein secondo cui «a
música de Chopin vai direto ao coração das pessoas»,
il pianista si addentra in altre considerazioni. Citando la sua celebre collega
argentina Martha Argerich, con cui spesso suona a quattro mani, dice che Martha
lo giudica il compositore più difficile. Un’affermazione che può sembrare
paradossale, essendo Chopin tra i preferiti dal pubblico proprio perché «le
sue melodie – spiega Freire – suonano spontanee e possono essere apprezzate da
tutti, dal profano come dal musicologo». In verità – fa notare
– ci sono molti paradossi nell’opera di Chopin poiché richiede al pianista «um
trabalho sem igual, entrega completa e muito tempo de dedicação».
Cita come esempio i Notturni,
scritti nell’arco intero della vita di Chopin, i quali esigono come risultato
quello di «fazer
o piano cantar».
«Não
há como não se encantar com a riqueza que essas peças sugerem»,
dice Freire e aggiunge: «Cada um deles tem uma característica, um
ambiente muito próprio, no qual Chopin explora elementos como poesia, drama,
sedução, sensualidade». Il fatto di insistere sul suo legame con
l’autore polacco non deve tuttavia far pensare che Nelson Freire non esegua con
pari maestria Bach, Brahms, Beethoven, Rachmaninov, Ravel, Shumann,
Tchaikovsky, vale a dire il repertorio completo dei classici. Impossibile
citarli tutti, basti guardare la sua ricchissima discografia, ma di rigore non
vanno dimenticate le sue appassionate esecuzioni delle musiche composte dal
brasiliano Heitor Villa-Lobos, considerato un eroe nazionale del Paese.
Un modo per scoprire l’uomo
che si cela dietro l’artista, essendo Freire poco propenso a concedersi ai
media, viene dal documentario che João Moreira Salles ha girato nel 2003,
quando il pianista non aveva ancora 60 anni. Il regista ha seguito Freire in
diversi tour filmando oltreché in Brasile (a Rio de Janeiro e São Paulo) in
Francia, Belgio e Russia, realizzando il lavoro con l’intento che venisse
apprezzato «com
os olhos e os ouvidos». Nell’arco dei suoi 102 minuti di
durata, il documentario mostra la quotidianità del pianista, ne coglie momenti
di intimità, di nervosismo prima di entrare in sala ad esibirsi, di disagio
dinanzi ad una tv che lo intervista in Costa Azzurra e tanti altri ancora. Il
diario portoghese lo ha guardato, prima di dedicargli queste righe, per
conoscere l’uomo Nelson Freire più ancora del pianista.
Queste alcune
impressioni riportate: intenerisce vederlo con l’amata cagnolina Danuza che
appoggia le zampe sulla tastiera e lui, anziché rimproverarla, sorride
immaginando che voglia suonare a quattro mani. Sorprende quando improvvisa con
l’amica Martha Argerich una gara su chi dei due abbia acquisito la miglior
tecnica per pulire la tastiera. Commuove quando legge la lettera del suo “papai”
che prima abbiamo citato. Entusiasma quando s’illumina guardando Fred Astaire
ballare con Rita Hayworth. Sorprende quando dinanzi a un video del jazzista Errol Garner ammette di provare
gelosia per chi sa suonare improvvisando con tanta allegria. E potremmo andare
avanti.
Se questo breve
ritratto di Nelson Freire vi ha destato curiosità, il documentario è visibile qui. Buona visione!
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