Fu scritta nel 1975 dal poliedrico Ary dos Santos: poeta popolare, attore e attivista politico
Puntualmente arriva il
25 aprile, fatidica data che i portoghesi continuano a celebrare dedicandole
manifestazioni, convegni, sfilate e concerti uniti da un solo denominatore: non
dimenticare a Revolução dos Cravos che
in quel giorno del 1974 segnò il passaggio da una quarantennale dittatura alla
democrazia. Molto si è scritto, detto e pure cantato al riguardo, anche sul
nostro blog. Per non ripetere una storia già nota, ma non per questo meno
emozionante, affidiamo il compito di mantenerla viva in questo 41/mo
anniversario a una poesia dall’eloquente titolo As portas que Abril abriu. L’autore è il carismatico José Carlos
Pereira Ary dos Santos (Lisbona, 7 dicembre 1936 - 18 gennaio 1984), celebre
soprattutto per aver scritto oltre 600 letras
per musiche interpretate dai maggiori fadisti lusitani. Non a caso la sua figura
è celebrata tra le personalidades del
Museo do fado di Lisbona.
Personaggio poliedrico
uscito giovane dall’aristocratica famiglia per incompatibilità col padre e
adattatosi a fare mille lavori, avvertì la vocazione per la poesia fin da
piccolo e riuscì presto a farsi apprezzare come poeta popolare. Fu un
pubblicitario di successo, autore di spettacoli teatrali e attore lui stesso,
poiché amava interpretare le proprie poesie pubblicando anche un paio di dischi
che le raccoglievano. Conosciuto per il suo attivismo politico nelle file del
Partido Comunista Português (PCP) cui si era iscritto nel 1969 e non esente da
critiche a causa del suo temperamento focoso, conquistò comunque la simpatia e
la gratitudine di gran parte dei portoghesi. Non si spiegherebbe altrimenti il
vuoto lasciato alla sua prematura morte, dovuta a una cirrosi epatica, tanto
che la comunità di Lisbona gli intitolò il largo del Bairro de Alfama e affisse
una lapide-ricordo sulla facciata della casa in rua da Saudade dove Ary aveva
trascorso la maggior parte della vita.
Pur alternandosi fra
teatro e vita politica, restò sempre la poesia dedicata al popolo il suo
principale amore. Ecco come lui stesso descriveva questo legame in una delle
numerose interviste negli anni successivi alla rivoluzione: «A poesia é, em
primeiro lugar, a maneira que eu tenho de falar com o meu povo. Depois, é por
causa desse povo, a própria razão da minha vida. É pesquisa, luta, trabalho e
força. Ser poeta é escolher as palavras que o povo merece (…)».
Che la popolarità di
Ary dos Santos non si sia nel frattempo sbiadita lo si può constatare leggendo,
ad esempio, il programma del “Festival dos Cravos de Abril” promosso dall’Associação
Abril (associazione di carattere civico e culturale senza fini di lucro nata
nel 1986), che si snoda nell’edizione 2015 in nove giornate dense di
avvenimenti legati al tema della letteratura come si evince dal titolo “Literaturas
mil… em abril”. La locandina del programma chiude proprio con un verso
dell’obra poética di dos Santos dedicata alla Rivoluzione dei Garofani,
scritta nell’estate del 1975. Trattandosi di una poesia molto lunga, ci
limitiamo a estrapolarne qui una porzione significativa. Ma se qualcuno la
volesse ascoltare per intero, declamata dall’autore, pubblichiamo il video per
accontentarlo.
As portas que Abril abriu
Era
uma vez um país
onde
entre o mar e a guerra
vivia
o mais feliz
dos
povos à beira-terra
Onde entre vinhas sobredos
vales socalcos searas
serras atalhos veredas
lezírias
e praias claras
um
povo se debruçava
como
um vime de tristeza
sobre
um rio onde mirava
a
sua própria pobreza
Era
uma vez um país
onde
o pão era contado
onde
quem tinha a raiz
tinha
o fruto arrecadado
onde
quem tinha o dinheiro
tinha
o operário algemado
onde
suava o ceifeiro
que
dormia com o gado
onde
tossia o mineiro
em
Aljustrel ajustado
onde
morria primeiro
quem
nascia desgraçado
Era
uma vez um país
de
tal maneira explorado
pelos
consórcios fabris
pelo
mando acumulado
pelas
ideias nazis
pelo
dinheiro estragado
pelo
dobrar da cerviz
pelo
trabalho amarrado
que
até hoje já se diz
que
nos tempos dos passado
se
chamava esse país
Portugal
suicidado
Ali
nas vinhas sobredos
vales socalcos searas
serras atalhos veredas
lezírias
e praias claras
vivia
um povo tão pobre
que
partia para a guerra
para
encher quem estava podre
de
comer a sua terra
Um
povo que era levado
para
Angola nos porões
um
povo que era tratado
como
a arma dos patrões
um
povo que era obrigado
a
matar por suas mãos
sem
saber que um bom soldado
nunca
fere os seus irmãos
Ora
passou-se porém
que
dentro de um povo escravo
alguém
que lhe queria bem
um
dia plantou um cravo
Era
a semente da esperança
feita
de força e vontade
era
ainda uma criança
mas
já era a liberdade...
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