mercoledì 9 dicembre 2015

Disastro Rio Doce Minas Gerais: per Salgado “É a maior tragédia ambiental do Brasil”

Il grande fotografo filantropo lancia proposta Fondo di conservazione con la sua Ong Instituto Terra


“É a maior tragédia ambiental do Brasil”. Così Sebastião Salgado sintetizza quanto avvenuto il 5 novembre scorso proprio nel Minas Gerais, sua terra natale, ossia lo sversamento di 62 mln di metri cubi di fanghi tossici seguiti al crollo di due dighe che contenevano le attività estrattive di un’enorme miniera di ferro. L’ondata gigantesca, dopo aver sommerso il villaggio più vicino -Bento Rodrigues a Mariana- ha invaso il Rio Doce, fiume che coi suoi 850 km di lunghezza arriva fino all’Oceano Atlantico, contaminando nel suo percorso le coste. Flora e fauna ittica di Rio Doce e dei suoi affluenti sono andati distrutti. Se fortunatamente il numero delle persone tra morti e dispersi è contenuto in poche decine, almeno un milione di abitanti dell’enorme zona contaminata (circa 100 km di raggio dal punto del crollo delle dighe) è rimasta senza acqua potabile.

La notizia di quella che è stata definita la “fukushima brasileira” benché in questo caso non c’entrino le centrali nucleari, ha tardato ad arrivare in Europa ed è stata offuscata dall’attentato al Bataclan di Parigi che monopolizzava i media in quelle giornate. Sebastião Salgado, che  si trovava in Cina, è rientrato nel Minas Gerais il 10 novembre per constatare di persona l’accaduto. Va ricordato che alla sua attività di reporter ha affiancato quella di filantropo ambientalista dando vita nella fine degli anni ‘90 all’Instituto Terra, una Ong dedita alla riforestazione della cosiddetta “mata atlantica” che include progetti di sviluppo nel rispetto del territorio su un’area di oltre 700 ettari. All’Istituto Terra, attivo proprio nelle valli del Rio Doce e di Espirito Santo ora contaminate dai fanghi tossici, Salgado ha destinato gran parte degli introiti provenienti dal suo lavoro.

Chi meglio di un “mineiro” par suo potrebbe commentare le sensazioni di fronte all’accaduto in una terra che gli ha dato i natali e cui dedica ogni sforzo per conservarla? Toccanti le dichiarazioni rilasciate alle principali testate brasiliane che non hanno esitato a sollecitarlo al riguardo. Estrapoliamone qualcuna. A Em.com. br. Gerais ha detto:« Quando a gente vê fotos ou pela TV, não tem noção do que é realmente. Mas aqui, pessoalmente, estou chocado. É terrível ver a água avermelhada, como se fosse um gel, os peixes mortos. É uma morte biológica brutal. Nunca ia imaginar que no rio em que nadei tanto na minha infância, hoje não consigo nem colocar a mão.»  A EL PAÍS ha dichiarato di aver assistito a «um dos espetáculos mais terríveis da minha vida. Todos os peixes do rio, todos, todos, sem exceção, mortos. Não existe mais oxigênio na água do rio».

Ma Salgado non si è fermato davanti allo sconforto e alla desolazione. Senza perder tempo ha avanzato  un progetto di conservazione da attuare tramite Instituto Terra - l’unica istituzione con progetti rivolti alla valle del Rio Doce - che ha presentato sia ai governatori di Minas Gerais e di Espirito Santo, sia al presidente Dilma Roussef. L’idea è di creare un Fondo di risorse finanziarie sovvenzionate dalle imprese responsabili del disastro (la società Samarco, una joint venture tra la brasiliana Vale e l’anglo-australiana Bhp Billiton che gestisce la miniera) che permetta, con adeguato controllo sociale, di facilitare il ripristino delle condizioni di vita esistenti prima del “desastre em Mariana”  nella zona colpita.

Deve trattarsi di un Fondo perpetuo destinato al valle del Rio Doce. Il perché lo spiega lo stesso Salgado: «Isto porque, além das vidas perdidas, houve grandes danos materiais, redução de postos de trabalho, redução de fontes de renda como a pesca, perda de arrecadação para as cidades, ademais da necessidade de recuperação da fauna, flora, do solo e da água». L’autore dell’indimenticabile opera “Genesis” mette al primissimo posto degli interventi del Fondo il recupero di quante più possibili tra le 377mila fonti sorgive possedute dal bacino del Rio Doce e annuncia che già è pronto a partire un progetto pilota per recuperarne mille. Ma occorre ottenere i soldi necessari per mettere in pratica l’intero progetto, decisamente a lungo termine, i cui frutti sarebbero visibili solo in due o tre decenni. Ecco perché, a quello ormai riconosciuto come il  più grande fotografo del mondo, non resta che ammettere: « Hoje é muito mais importante eu lutar por esse fundo que fazer fotos» .

Per saperne di più:

Nessun commento:

Posta un commento

Lascia un commento