“Balada de um Batráquio” conquista la giuria. Per il Portogallo la maggior presenza di sempre
Mentre l’Italia
esulta per l’Orso d’oro conquistato al Festival di Berlino dal regista
Gianfranco Rosi, anche il Portogallo vanta il suo Orso d’oro in miniatura
-scolpito cioè in una medaglia, ma pur sempre d’oro- nella stessa
importantissima competizione. A portarlo a casa è la regista Leonor Teles,
prima classificata nella sezione cortometraggi. Se nel caso di Rosi si è
parlato di un film umanista, non molto distante lo spirito sotteso nel corto
intitolato “Balada de um Batráquio”. Un titolo curioso nel quale sta anche l’essenza
del messaggio lanciato da questo breve film d’animazione. Allude infatti a
quelle ranocchie di ceramica che spesso vediamo esposte all’ingresso di bar e
ristoranti in Portogallo, antica consuetudine di taluni esercenti locali per
scoraggiare l’ingresso a potenziali avventori di etnia rom. Un escamotage
utilizzato come deterrente, sfruttando le superstizioni legate a questo
anfibio, antico retaggio di tradizioni gitane.
Per Leonor Teles
la lotta alla xenofobia è prioritaria in quanto lei stessa ha origini rom, da parte
di padre, tanto da aver ambientato il suo primo lavoro “Rhoma Acans” (2012)
nella comunità zingara portoghese. Il cortometraggio le era valso il premio
internazionale “Take One” di Curtas Vila do Conde nel 2013. La Teles, nata a
Vila Franca de Xira nel 1992 e formatasi presso al National Film School di
Lisbona, insistendo sulla questione rom spera che i suoi corti aiutino ad
abbattere i preconcetti nei confronti di queste popolazioni. Intervistata a
caldo dopo la vittoria di Berlino dall’Agenzia portoghese Lusa, ha dichiarato:
«Se formos a ver, os ciganos estão à margem da sociedade e provavelmente lá vão
continuar. Acho que falar um pouco sobre eles pode ajudar».
La premiata -che
è anche la più giovane in assoluto ad aver ricevuto l’Orso d’oro- non ha
nascosto un’autentica sorpresa per il riconoscimento.
«Foi completamente inesperado. Nunca pensei, achei que era impossível. Somos
pequeninos, fizemos um filme com pouco dinheiro, sempre acreditaram em mim e
estar aqui e ter ganhado o urso de ouro é uma coisa inacreditável. «No fundo -ha aggiunto- fazemos os filmes para eles serem vistos e não a pensar em
prémios. Claro que os prémios são importantes e ajudam a um certo lançamento». «O que eu quero é que as próximas
sessões corram bem, que as pessoas gostem do filme e, se não gostarem, [que]
venham falar comigo [para o] discutirmos», ha concluso.
L’edizione 2016
della Berlinale ha registrato per il Portogallo la maggior presenza di sempre.
Oltre alla Teles, in concorso per i cortometraggi figuravano Gabriel Abrantes
che ritornava dopo “Taprobana” del 2014 con “Freund und Friends”, uno dei due
segmenti che compongono “Aqui, em Lisboa” prodotto dall’Associazione Culturale “IndieLisboa”
per celebrare il 10/mo anniversario dell’omonimo
festival. A presentare l’altro corto che integra “Aqui, em Lisboa” c’era Marie
Loser con “L’Oiseau de la Nuit” (O Pássaro da Noite) fuori concorso nella
sezione Forum Expanded. Sempre nella stessa sezione, ma per i lungometraggi,
erano presenti i registi: Hugo Vieira da Silva con “Sobre Posto Avançado do
Progresso”, Maya Kosa e Sérgio Costa con “Rio Corgo” e Salomé Lams con “Eldorado
XXI”.
Il film portoghese in competizione di cui si è parlato di più e che
diversa critica internazionale dava tra i favoriti, resta tuttavia “Cartas da
Guerra” di Ivo M. Ferreira. Sebbene alla fine non figuri tra i vincitori, il
lungometraggio offre tali e tanti spunti di riflessione sia per i contenuti sia
per la realizzazione, da non potersi liquidare in poche righe. Merita un post
tutto suo, in arrivo prossimamente sul nostro Blog.
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