Immaginò molti anni prima il “País de Abril” e i “cravos vermelhos em cada mão” a Lisbona
Come
mai la poesia si riveli talora profetica, Manuel Alegre non se lo sa spiegare.
Eppure questa domanda gli è stata rivolta spesso, soprattutto nella ricorrenza
del 25 aprile, anniversario della rivoluzione dei garofani che segnò la fine
della dittatura nel suo Paese, il Portogallo. Alegre (nato ad Águeda nel 1936)
poté finalmente rientrare in patria solo dopo quella data, lasciandosi alle
spalle una decina d’anni d’esilio come oppositore politico oltre a sei mesi di
reclusione nelle carceri di Luanda - Fortaleza de S. Paulo, scontati per aver
diretto un tentativo di rivolta militare.
Dall’esilio
in Algeria, mentre continuava sia l’attivismo politico iniziato fin da quando
studiava legge a Coimbra sia la passione per la scrittura, la sua ispirazione
poetica aveva colto con sorprendente anticipo l’immagine della capitale
liberata in aprile e dei garofani rossi nelle mani dei portoghesi. Alcune sue
visioni, diventate successivamente pagine di storia, già emergevano in
antologie pubblicate in Francia e bandite ovviamente dal regime in Portogallo
dove tuttavia circolavano clandestinamente, vuoi appuntate su fogli di carta
vuoi sussurrate di bocca in bocca.
E
tuttora resistono, perché la forza espressa dalla scrittura di Alegre ha
oltrepassato le frontiere letterarie assumendo una dimensione simbolica. Pensiamo
in particolare alla raccolta “Praça da Canção” del 1965 e a “O Canto e as Armas”
del 1967 che contengono poesie i cui versi sono entrati nel mito, in primis la
poesia intitolata proprio “País de Abril”. Ad ispirarla era l’agognata svolta
del Portogallo, di cui l’autore avvertiva la nostalgia tipica dell’esule, tanto
che il tema dell’esilio resterà una sua costante anche dopo il rientro in
patria. Qui è facile percepirla:
“Meu
amor por ti cantei. E to me deste
um
chão tão puro, algarves de ternura.
Por
ti cantei, à beira-povo à beira-terra
e
achei achando-te o país de Abril
e
achei achando-te o país de Abril.”
Altro
esempio eloquente di preveggenza riguarda una strofa tratta da “Poemarma” in
cui i più hanno identificato addirittura l’annuncio del primo comunicato della
rivoluzione. Eccola:
«Que
o poema seja microfone e fale
uma
noite destas de repente às três e tal
para
que a lua estoire e o sono estale
e
a gente acorde finalmente em Portugal».
Altrettanto
vale per la profezia contenuta in “Lisboa perto e longe” quando recita:
«Lisboa
tem um cravo em cada mão
tem
camisas que Abril desabotoa
mas
em Maio Lisboa é uma canção
onde
há versos que são cravos vermelhos
Lisboa que
ninguém verá de joelhos».
Da
notare che in questa strofa Manuel Alegre cita anche maggio, proprio il mese in
cui lui avrebbe fatto ritorno dall’esilio e al quale aveva intitolato pure la
poesia “Nós Voltaremos sempre em Maio” con un presentimento che lascia
attoniti.
In
un’intervista concessa al “Jornal de Letras”, alla domanda se ricordi com’è
sorta l’immagine del “país de Abril, dez anos antes da revolução”, Alegre
risponde semplicemente: «Não sei explicá-lo». A quella se ritenga che la poesia
talora anticipi i tempi, questa la sua risposta: «Antecipa os sinais do tempo.
Como disse um dia, a poesia não faz revoluções, mas não há revolução sem uma
poética da revolução, não há mudança sem uma poética da mudança. E já vimos
isso em muitos países submetidos a várias formas de opressão, em que a poesia e
as canções antecipam a libertação. Foi isso que aconteceu aqui, em Portugal».
Con
le parole e i versi di Manuel Alegre -che per l’insieme della sua opera ha
ricevuto, tra le altre riconoscenze, il premio Pessoa nel 1999- il diario
portoghese si unisce idealmente alle celebrazioni del 25 aprile, sempre vive e
sentite nel Paese che attraverso lo studio della sua lingua, della sua storia e
della sua letteratura ha ispirato la nascita di questo stesso Blog.
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