“Credo che ci sia qualcosa di
provvidenziale nella sua elezione, è il papa del terzo millennio e può essere
un archetipo, un punto di riferimento di autorità morale e spirituale nel
mondo, che ci porti ad amare la terra, a salvare l’Umanità, a salvare la vita”.
Potrebbe sembrare uno dei tanti commenti entusiastici alla nomina di
Jorge Mario Bergoglio al trono di Pietro, invece si tratta di un'affermazione
di particolare rilievo in quanto a pronunciarla è il teologo brasiliano
Leonardo Boff, tra i fondatori di quella Teologia della Liberazione (TdL) che
tanto peso ebbe in America Latina negli anni delle Dittature dominanti in molti
Paesi del continente e che finì nel mirino sia dei regimi locali, sia dei
vertici della Chiesa di Roma.
Boff, che ha lasciato l'Ordine dei francescani nel '92 dopo ben due
processi subiti in Vaticano per le tesi esposte nel libro "Chiesa: carisma
e potere" con la condanna al "silentium obsequiosum" (l'obbligo
di uniformarsi in pubblico alle posizioni della Santa Sede), non fa alcun
riferimento ai discussi rapporti dell'allora vescovo di Buenos Aires e poi
presidente della Conferenza episcopale con la dittatura argentina, ma spende a
suo favore solo parole positive, di grande speranza.
Intervistato da un'emittente radiofonica durante il suo recente
viaggio in Costarica, dov'era invitato a tenere alcune lezioni magistrali, Boff
ha sostenuto che Papa Francesco ha il compito di restaurare il cattolicesimo,
ora allo stadio di “una chiesa in rovina, totalmente screditata da pedofili e
scandali finanziari”. Si è anche rallegrato del fatto che il nuovo Pontefice
sia un gesuita, perché “un gesuita ha una buona forma mentis” che può incidere
sulla Curia e rinnovare la chiesa dopo gli scandali che l’hanno coinvolta.
Felice, poi, per la scelta del nome, che lui stesso dice di aver
auspicato. "Ho detto: ‘se Francesco è stato ricco e si è convertito
ascoltando la parola, abbiamo bisogno di un altro Francesco.’ Ed è arrivato
davvero". Con il popolo dev’essere francescano: semplice, povero”, ha
aggiunto ricordando le parole del Papa nel Venerdì Santo, quando ha detto ai
sacerdoti di essere "pastori con l’odore delle pecore."
Premesso che i preti “non devono stare né in parrocchia, né in
sacrestia, né sull’altare, bensì con il popolo", il teologo ha così
concluso: “Ebbene, ha lanciato segnali che dicono che sarà un Papa diverso. E
immagino il peso sulla coscienza dei tanti cardinali e vescovi che vivono nei
palazzi, circondati dalla ricchezza”.
Per chi non conoscesse Leonardo Boff, ricordiamo che nacque a
Concórdia nel 1938, nipote di immigrati italiani venuti dal Veneto alla fine
del XVIII secolo per stabilirsi nel Rio Grande do Sul, entrò nell'ordine dei
frati francescani Minori nel 1959 e divenne sacerdote della Chiesa cattolica
nel '64. Nello stesso anno, grazie ai suoi studi di Filosofia e Teologia,
occupò la cattedra di Teologia sistematica ed ecumenica all'Istituto Teologico
Francescano di Petrópolis.
Nel 1968 partecipò a Meddelin alla storica riunione del CELAM
(Consiglio Episcopale Latinoamericano) dove assieme al peruviano Gustavo
Gutiérrez e all'arcivescovo brasiliano Hélder Câmara iniziò a dar vita a quella
corrente che nel 1973 prenderà il nome di Teologia della Liberazione, destinata
a diventare un importante movimento di carattere non solo religioso, ma anche
politico-sociale. Docente e scrittore con oltre una dozzina di libri al suo
attivo, Boff non ha mai smesso l'impegno assunto da frate al fianco delle
popolazioni più povere ed oppresse, per proseguirlo da laico nella comunità
cristiana di base in Brasile.
Ma perché la TdL fu tanto
osteggiata dalla Santa Sede? Per spiegarlo prendiamo a prestito le parole dello
storico della Chiesa Alberto Melloni, curatore per RaiEducational del ciclo
Lezioni dal Conclave, il quale la inquadra innanzitutto in "un contesto
latinoamericano di regimi sanguinari che schiacciarono in maniera molto crudele
tutte le opposizioni, causando lutti e sofferenze di sofferenze di vastissima
portata. Poi spiega: "in quella Teologia c'è una caratteristica che a Roma
non piace e che da un certo punto in poi non piacerà proprio per niente. E
cioè l'idea che per capire la condizione
sociale del povero, per analizzare la società del grande latifondo e del
capitalismo dominante, si possa utilizzare l'analisi marxista dell'economia.
Questo contatto tra TdL e marxismo dopo l'elezione del Papa polacco nel '78,
diventerà un problema sempre più forte.
"Per Wojtyła è evidente -
avverte lo storico- che anche quel contatto minimale che ci può essere in una
semplice analisi della società è portatore di mali, per i Teologi della
Liberazione è incomprensibile come un aspetto ideologico possa essere più
importante della sofferenza e del lutto di milioni di persone. L'esito è
scritto nelle cose - continua Melloni - e sarà fatale. Roma condannerà la TdL a
più riprese, il prefetto della Congregazione la per dottrina della fede che
firmerà quella due condanne è Joseph Ratzinger e pian piano tutti i vescovi che
verranno considerati compromessi con la TdL e quelli che la insegnano verranno
messi ai margini. Non solo: qualcuno pagherà anche con la vita questo suo
desiderio di libertà e questa sua aspirazione".
Qui il ricordo va ai 7 Gesuiti
dell'Università Cattolica di San Salvador morti in un attentato ad opera di
sicari inviati dai regime, dal quale si salverà solo Jon Sobrino;
all'Arcivescovo di San Salvador Óscar Romero, freddato da un cecchino mentre
celebrava la messa; al Vescovo argentino
Enrique Angelelli, morto in un incidente d'auto mai chiarito, seguito a chiare
minacce subite da parte dei militari. Per non parlare del lungo elenco di
sacerdoti perseguitati, sequestrati e torturati perchè accusati di aiutare gli
oppositori.
Ma come si colloca la figura del nuovo Pontefice argentino in quello scenario? "Padre Bergoglio - sostiene Melloni - non è un teologo della Liberazione, non condivide fino in fondo questo tipo di approccio, ha le sue riserve su questo rapporto col marxismo, ma cresce in questo clima latinoamericano e interpreta a modo suo quell'istanza di povertà. La porterà all'Episcopato come Vescovo di Buenos Aires dal '92 e la porterà quando diventerà presidente della Conferenza Episcopale e anche adesso che è diventato Papa."
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