venerdì 5 aprile 2013

FORDLÂNDIA: il sogno fallito di Henry Ford in Amazzonia rivisitato da Michel Palin

Chi avrebbe mai detto che a farci rivivere pagine della ricchissima storia del Brasile, in parte oggi dimenticate, sarebbe stato un ex attore inglese come Michael Palin diventato famoso nei Monty Pyton e negli ultimi tempi reinventatosi viaggiatore del mondo per conto della BBC? E' infatti tutta brasiliana la sua nuova serie che ci viene riproposta nella versione italiana da Rai5, partita il 28 marzo u.s.. Nella tappa dedicata all'Amazzonia, Palin s'imbarca sul fiume Tapajós per portarci a vedere cos'è rimasto dell'epica avventura di Fordlândia, poi tradottasi in un altrettanto epico fallimento, voluta nel lontano 1928 dal magnate dell'industria automobilistica Usa Henry Ford che puntava ad assicurarsi una fonte di gomma per gli pneumatici grazie agli alberi di caucciù (Hevea Brasiliensis), coltivati allo scopo nella foresta.
 
 
Nella lunga notte di viaggio da Santarém, sdraiato sull'amaca che sostituisce a sua detta "molto comodamente" le usuali cuccette, Palin si prepara alla meta prefissata leggendo il più famoso libro sull'argomento (Fordlandia: The Rise and Fall of Henry Ford's Forgotten Jungle City) scritto dal Greg Grandig, professore di storia alla New York University e finalista al Premio Pulitzer nel 2010. Stimola così anche il diario portoghese a rinfrescare quella vecchia storia.

Secondo l'autore del libro, gli obiettivi di Ford non erano esclusivamente economici, ma tendevano a trapiantare in Sudamerica una tipica città nordamericana -va detto infatti che furono migliaia i cittadini del Michigan coinvolti nel progetto- per ricreare un progetto americano che, secondo uno degli uomini allora più ricchi del mondo, si stava deteriorando nel suo Paese natale. Sul rovescio di copertina del libro, che nella sua fortunata edizione portoghese s'intitola "FORDLÂNDIA- Ascensão e queda da cidade esquecida de Henry Ford na selva", quella di Ford viene descritta come "a missão de industrializar a mata e levar a magia do homem branco para o mundo selvagem".
 

Tornando al documentario di Palin, ecco come sintetizza la storia: per trasformare il sogno di Ford in realtà, si costruirono case come quelle del Midwest e strade che avanzavano velocemente mentre la foresta spariva, si costruivano scuole ed ospedali oltre ad una rete di trasporti per gli spostamenti degli operai. Ford non ce la fece -taglia corto l'ex attore- a produrre il caucciù che gli serviva perché una malattia (la peronospora) uccise gli alberi ed anche gli operai si indebolirono a causa di numerosi malanni.

In verità, da un'analisi meno superficiale, si evince che ai lavoratori indigeni delle piantagioni non piaceva affatto il modo in cui venivano trattati: ad esempio veniva somministrato loro cibo sconosciuto come gli hamburger, venivano costretti a lavorare fino a 12 ore al giorno per pochi cruzeiros sotto il sole tropicale e dovevano portare sempre addosso una carta d'identità, tanto che nel '30 scoppiò una rivolta sedata infine dall'esercito. Quanto all'atteggiamento del Governo brasiliano, lo si descrive piuttosto diffidente nei confronti di investimenti esteri, in particolare nella regione settentrionale dell'Amazzonia e pare abbia fornito ben poco aiuto all'imprenditore americano dopo aver siglato un accordo di concessione di 10. 000 km² di terreno sulle rive del fiume Tapajós vicino a Santarém, alla neonata Companhia Industrial do Brasil, in cambio del 9% dei profitti generati.
 

L'immobilismo brasiliano, contrapposto al dinamismo americano, rese difficile fin dall'inizio il progetto -a quanto riferisce Grandig- e a nulla valse il tentativo di Ford di spostarsi a valle di Belterra perché anche i nuovi investimenti si rivelarono un disastro. Quando, nel 1945, gli americani fecero i bagagli e il nipote Henry Ford II vendette tutto, si calcolò una perdita secca di 20 mln di dollari.

Portandoci a visitare i resti di quel che fu una città modello pensata per accogliere 100mila abitanti e dotata di tutto, dalla chiesa ai bar, Palin li paragona a fantasmi. La cinepresa si sofferma sui capannoni industriali ridotti a cumuli di vetri rotti, indugia sui macchinari arrugginiti e si addentra poi in un ex moderno ospedale, gestito da medici americani: l'unico segno di vita è dato oggi dai pistrelli che lo hanno colonizzato. Per il resto, rovine.

Una consolazione viene riservata tuttavia agli ambientalisti e a chiunque abbia a cuore la tutela della foresta amazzonica: col passare del tempo, infatti, "a floresta toma de volta seu espaço".

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