Il
13 maggio di 125 anni fa veniva abolita la schiavitù in Brasile. A promulgare
la cosiddetta Lei Áurea fu Dona Isabel, principessa imperiale nel ruolo di
reggente, mentre il padre Dom Pedro II si trovava in viaggio in Europa. Per
questo suo gesto Isabella, che era nipote di Francesco I delle Due Sicilie
avendo come madre Teresa Cristina di Borbone-Due Sicilie, venne soprannominata “A
Redentora”. Restò a lungo una figura molto amata dal popolo, tanto che a
distanza di molti anni il Brasile ne richiese le spoglie, essendo Dona Isabel
morta esule in Francia in seguito alla caduta della monarchia.
Il
diario portoghese vuole ricordare questa importante data dell'ex colonia
portoghese, senza sottacere tuttavia quanto ancora i brasiliani si interroghino
sul loro pesante passato, chiedendosi addirittura se la parola schiavitù sia da
considerarsi completamente archiviata o se il Brasile non sia tuttora un Paese
razzista. Basta accostarsi a fonti attuali, circolanti in rete, per constatare
quanto vivo sia il dibattito in merito.
Un
anno fa, proprio in occasione dei 124 anni dell'anniversario della Lei Áurea
gli studenti dell'Universidade Estadual de Campinas (UNICAMP), una delle tre
università pubbliche dello Stato di São Paulo, hanno conversato col loro
docente di storia prof. Rodrigo Miranda su questo argomento rendendo poi
pubblica l'intervista. Contemporaneamente il noto giornalista Leonardo
Sakamoto, coordinatore della ONG Repórter Brasil che rappresenta nella Comissão
Nacional para a Erradicação do Trabalho Escravo, nel suo blog tornava
diffusamente a parlarne. Non era la prima volta, visto che l'articolo apparso
nel maggio 2010 aveva attirato l'attenzione dell'importante quotidiano italiano
La Stampa, che lo tradusse in italiano. Non poteva certo passare inosservato un
titolo così forte: "Brasile: è stata davvero abolita la schiavitù?".
Benché
le due prospettive citate, quella emersa dall'Università e quella del famoso
giornalista siano diverse (la prima si interroga sul razzismo perdurante, la
seconda sulla schiavitù), entrambe ripercorrono l'iter storico che portò
all'abolizione della schiavitù, peraltro tardiva, trattandosi dell'ultimo Paese
ad approvare la legge nell'intero Nuovo Mondo. La Lei Áurea fu infatti
preceduta da leggi come l'Eusébio de Queirós del 1850 (che vietava il traffico
interatlantico di schiavi), quella del Ventre Livre del 1871 (che garantiva la
libertà ai figli nati da madre schiava, ma solo dopo il compimento della
maggiore età, cioè i 21 anni) e quella dei Sexagenários del 1885 (che liberava
tutti gli schiavi con oltre 60 anni di età quando l'età media di un negro in
Brasile era di 40). Sullo sfondo di tutte e tre queste leggi pesava la legge
inglese Bill Aberdeen del 1845, che consentiva gli assalti alle navi negriere
in mare, avendo l'Inghilterra vietato il commercio di schiavi tra Africa e
Americhe.
Quel
che seguì alla Lei Áurea è forse più noto agli europei, i cui avi partirono in
massa per il Brasile andando di fatto a rimpiazzare gli schiavi
"liberati", nella veste però di "immigrati salariati".
Questa nuova manodopera bianca era incoraggiata dalle Autorità Brasiliane che
intendevano neutralizzare la forte presenza nera, fino a culminare nel progetto
denominato di “branqueamento da população”. Prima di lasciare ai lettori del
diario portoghese eventualmente interessati ad approfondire queste tematiche, i
link degli articoli indicati, ci preme ricordare che se il 13 maggio si
festeggia la fine della schiavitù, non meno importante per il Brasile è la data
del 20 novembre. La Giornata della Coscienza Nera ("Dia da Cosciencia
Negra"), è una festa ormai riconosciuta internazionalmente che commemora
l'assassinio di Zumbi (avvenuto il 20 Novembre 1695), il leader del Quilombos
dos Palmares considerato una sorta di Spartaco e che viene dedicata alla
riflessione sull'inserimento dei neri nella società brasiliana.
“Lei Aurea, 124 anos. Mas parece
que foi ontem” UOL Notícias - 13/05/2012 –
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