sabato 8 giugno 2013

Il fotografo brasiliano Sebastião Salgado porta a Roma il pianeta incontaminato

All’Ara Pacis fino al 15 settembre oltre 200 scatti nella Mostra “Genesi” 

Come potrebbe il diario portoghese non cogliere al volo l'occasione di ammirare in Italia oltre 200 scatti di un fotografo documentario della statura del brasiliano Sebastião Salgado per segnalarla ai propri lettori? Stiamo parlando della Mostra in corso al Museo dell’Ara Pacis, a Roma, dal 15 maggio scorso intitolata “Genesi”, che durerà fino al 15 settembre prossimo in contemporanea con altre grandi capitali (Londra, Rio De Janeiro e Toronto). Le cose da dire per invogliare a visitare la Mostra sono talmente tante che certamente ne dimenticheremo qualcuna. Di rigore, iniziare con l'identikit del suo autore, che si racconta così nell'autobiografia predisposta per l'evento.
Sono nato nel 1944 ad Aimorés nello stato di Minas Gerais, in una grandissima azienda agricola il cui territorio era coperto all’epoca, per circa il 60%, dalla foresta tropicale. Quando negli anni Novanta i miei genitori, ormai anziani, hanno voluto consegnare l’azienda agricola a noi figli, io e le mie sette sorelle ci siamo ritrovati tra le mani un territorio in cui le foreste erano perlopiù annientate. Dalla copertura originaria, superiore al 50%, eravamo scesi a meno dello 0,5%. Era ormai una terra bruciata; un territorio dove avrebbero potuto essere allevati decine di migliaia di capi di bestiame, ora era in grado di sostenerne appena qualche centinaia. Mia moglie Lélia (lei non è solo la curatrice delle mie esposizioni, dei miei libri, quella che di fatto progetta tutto questo, ma è la mia socia per tutto ciò che facciamo nella nostra vita) mi ha detto: “Sebastião, visto che sostieni di essere nato in paradiso, perché non costruire – o ricostruire – veramente questo paradiso? Perché non ripristinare la foresta tropicale che una volta ricopriva questa superficie?”
 
In queste parole si racchiude lo spirito con cui Salgado affronta il mestiere di fotografo al quale arriva da una doppia laurea in economia, conseguita prima in Brasile e poi a Parigi, ma che utilizzerà solo inizialmente lavorando nell' “Organizzazione Mondiale per il Caffè” dopo di che sceglierà la fotografia come mezzo diverso per comunicare il suo messaggio ambientalista. Nella sua carriera, infatti, fotografia e tutela dell'ambiente andranno sempre di pari passo, tanto che così prosegue il suo racconto: “Abbiamo subito capito che per tentare di ripristinare l’ecosistema quale esisteva prima di questa devastazione, avremmo dovuto piantare per lo meno 2 milioni, forse 2 milioni e mezzo di alberi di almeno 100 specie botaniche diverse. Per raccogliere le risorse necessarie, abbiamo viaggiato da un capo all’altro del mondo e devo dire che l’Italia è stata tra i Paesi che ci hanno aiutato di più, come anche Spagna, Stati Uniti e comunque in primis il nostro Brasile. Attualmente, siamo a oltre 2 milioni di alberi piantati: abbiamo più di 300 specie diverse." Salgado si riferisce ai successi conseguiti dall’Instituto Terra, creato con Lélia nello stato di Minas Gerais, che ha riconvertito la foresta equatoriale a rischio di sparizione.
Affascinante sentire come nasce l'idea che confluisce in “Genesi”, partendo dal progetto nato nel '93 fino alla sua realizzazione, costata quasi nove anni di lavoro viaggiando per otto mesi l'anno nei posti più incontaminati del pianeta: dalle foreste tropicali dell’Amazzonia, del Congo, dell’Indonesia e della Nuova Guinea ai ghiacciai dell’Antartide, dalla taiga dell’Alaska ai deserti dell’America e dell’Africa fino ad arrivare alle montagne dell’America, del Cile e della Siberia. Di conseguenza, la mostra è suddivisa in cinque sezioni che ricalcano le zone geografiche in cui Salgado ha realizzato le fotografie, tutte rigorosamente in bianco e nero come sua tradizione: il Pianeta Sud, i Santuari della Natura, l’Africa, il Grande Nord, l’Amazzonia e il Pantanal.
Brasile, 2005 © Sebastião Salgado/Amazonas Images
Lasciamo ancora che sia Salgado a raccontare: "Lavorando sulla ricostruzione di un paradiso come quello in cui ero nato, abbiamo avuto l’idea di mettere a punto un grande progetto fotografico, diverso però dai precedenti. Lo scopo doveva essere vedere e cercare un modo nuovo di presentare il Pianeta Terra: questa volta non avrei puntato l’obiettivo sull’uomo e sulla sua lotta per la sopravvivenza, ma avrei mostrato piuttosto le meraviglie che rimangono nel nostro pianeta. Abbiamo deciso di cogliere con la macchina fotografica quella grande parte del pianeta che si presenta ecologicamente pura, forse un 45%, allo stato primordiale. Creare dunque una quantità d’immagini che fosse sufficiente a far capire al maggior numero possibile di persone che esiste una grande porzione del mondo ancora integra, allo stato della Genesi, e mostrare quanto proteggere questa parte sia fondamentale per tutti noi.
Non si sottolineerà mai abbastanza -insiste il grande fotografo brasiliano- l’importanza di ricostruire ciò che abbiamo distrutto."

Per maggiori informazioni sulla mostra si veda il sito del Museo dell'Ara Pacis.

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