Tempi
duri per il governo brasiliano. Oltre alle proteste di piazza che hanno
caratterizzato la fine di giugno e di cui il diario portoghese si è occupato (vedi articolo),
non cessano le mobilitazioni delle popolazioni indigene che, al contrario, si
intensificano unendosi al coro dei manifestanti. La parola d'ordine, in questo
caso, è quella di rispettare i diritti ottenuti con la costituzione del 1988,
in primis il diritto esclusivo e originario sulle proprie terre che ora appare
a forte rischio.
Un
grido dall'allarme in tal senso viene lanciato da Survival, Ente Morale
internazionale che dal 1969 aiuta i popoli indigeni di tutto il mondo a
difendere le loro vite, a proteggere le loro terre e a decidere autonomamente
del loro futuro, nonché unica organizzazione al mondo totalmente dedicata ai
popoli tribali e ai loro diritti. Drastica la dichiarazione del Direttore
generale di Survival International, Stephen Corry, il quale afferma: "È dai
tempi della dittatura militare, degli anni ‘60 e ‘80, che gli Indiani del
Brasile non affrontano un simile assalto, illegale e incostituzionale, ai loro
diritti. Il Paese -aggiunge- si sta preparando ad ospitare la Coppa del Mondo,
la visita del Papa e le Olimpiadi: le autorità devono dimostrare di governare
per tutti, anche per i primi abitanti del Brasile".
Nell’ultimo
periodo - ricorda Survival nel suo sito - tre indiani sono stati uccisi durante
proteste legate ai conflitti territoriali. Un uomo Guaranì è stato assassinato
da sicari in giugno, dopo che la sua comunità aveva rioccupato il proprio
territorio ancestrale; un indiano Terena è stato ucciso in maggio dalla polizia
durante uno sfratto violento dalla sua terra nello stato meridionale del Mato Grosso
do Sul, e un uomo Mundukuru è stato assassinato quando la polizia ha invaso una
comunità lo scorso novembre. Nonostante le recenti promesse di incontrare tutti
i leader della proteste, la Presidente Dilma, dopo due anni e mezzo di governo -
lamenta Survival facendosi interprete delle oltre 300 tribù - non ha ancora
incontrato alcun rappresentante indigeno.
Sempre
dal sito dell'Organizzazione si apprende che Davi Kopenawa, portavoce della
tribù Yanomami ed il movimento studentesco Movimento Passe Livre (MPL),
centrale nelle proteste, hanno denunciato i numerosi attacchi subiti da parte di proprietari terrieri e
istituzioni pubbliche oltre alle "manovre ordite dal governo per minare i
diritti costituzionali duramente conquistati dagli Indiani". Quello che
viene imputato all'attuale Governo, in sintesi, è di voler trasformare
l'Amazzonia in un polo industriale a sostegno della crescita economica
nazionale, favorendo l'attività estrattiva e la costruzione di mega-dighe, che
andranno ad erodere ulteriormente la già mutilata foresta.
In
un video messaggio, Davi ha dichiarato: “Sono arrabbiato per gli errori del
Governo. Alle autorità brasiliane non interessa che i popoli indigeni vivano in
pace, e non vogliono neanche aiutare la popolazione delle città. Nel mio mondo,
la natura è con me - ha aggiunto - e sta ascoltando. Vede gli errori che le
autorità stanno facendo in questo paese. Dovrebbero rispettare il nostro Paese,
le popolazioni delle città, le comunità e i popoli indigeni brasiliani”.
Poiché
una delle situazioni più drammatiche riguarda il Mato Grosso do Sul dove i Guaranì
sono ridotti a vivere ai margini delle strade o stipati in riserve, si è alzata
in loro difesa anche la voce del Consiglio Missionario Indigeno (CIMI)
sostenendo che "la repressione contro gli indigeni è diventata una pratica
sistematica”. In un comunicato il CIMI denuncia "il modo illegale e
autoritario" con cui i missionari e il personale del CIMI sono stati
trattati dalla Polizia Federale nel comune di Sidrolândia, nel corso delle
operazioni di sgombero della fattoria Buriti, occupata dagli indigeni dal 15
maggio scorso.
Survival
ha scritto a Papa Francesco, che si recherà in visita in Brasile questo mese,
pregandolo di sollevare il problema della grave situazione dei popoli indigeni
con il governo.
Guarda il video integrale.
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