Nacque e morì in agosto, lo omaggiamo nel duplice anniversario.
"Dovunque
io vada porto il Brasile con me, purtroppo non porto con me la farina di
manioca, ogni giorno mi manca, a pranzo
e a cena." E ancora: "Voglio soltanto raccontare delle cose, alcune
divertenti, altre malinconiche, proprio come è la vita. La vita, che breve
navigazione di cabotaggio!"
Attraverso
queste due brevi affermazioni, tratte da "Navigazione di cabotaggio -
Appunti per un libro di memorie che non
scriverò mai" (Edizione Garzanti Elefanti Bestseller, traduzione dal portoghese di Irina Bajini) si può
intuire il carattere di un pilastro della letteratura brasiliana come Jorge Amado.
Profondamente
legato alle tradizioni e alla gente dello Stato di Bahia nonostante i lunghi
anni dell'esilio, frutto della sua militanza politica nel partito comunista,
Amado è altrettanto ben rappresentato
dalla frase: "Io dico no quando tutti, in coro, dicono sì. Questo è il
mio impegno", tratto da
"Tocaia grande" (Editore Garzanti Elefanti Bestseller, traduzione
dal portoghese di Elena Grechi). Una sua
caratteristica costante, infatti, sta nell'atteggiamento ribelle che in un Paese arretrato, liberatosi
buon ultimo dallo schiavismo, veniva considerato "sovversivo".
Il
diario portoghese, nel rendergli omaggio in occasione del duplice anniversario
sia della nascita (Itabuna, 10 agosto 1912) sia della morte (Salvador de Bahia, 6 agosto 2001), toccherà solo qualche momento, tra i tanti
significativi, della sua lunga e intensa vita, ricca di premi e onorificenze. A narrarne la
biografia, infatti, si riempirebbero troppe pagine benché lui, ormai anziano,
minimizzasse con modestia dichiarando: "Sono nato con la camicia, la vita è stata generosa con me, mi ha dato più di quanto abbia chiesto e
meritato."
Di
rigore ricordare l'esperienza della dura realtà delle fazendas, al cui interno trascorre
l'infanzia dapprima in quanto figlio di un proprietario di fazenda, poi dal fronte opposto essendosi
il padre dovuto adattare a lavorare nelle piantagioni di cacao dopo che
un'inondazione aveva distrutto le piantagioni di famiglia. Le violente lotte
per accaparrarsi le terre e lo sfruttamento dei lavoratori, cui gli capita di
assistere, gli formano quella spiccata
sensibilità sociale destinata ad emergere in romanzi come "Cacau" del
1933 e "Sudore" dell'anno seguente, in cui affronterà l'altrettanto
drammatica condizione del sottoproletariato urbano.
Amado
è un ribelle anche dal punto di vista letterario: scrittore precocissimo, con
le prime esperienze da giornalista in
diverse testate iniziate fin dal 1927, aderisce non a caso al gruppo "Academia dos Rebeldes"
gettando le basi per il suo primo romanzo "O país do Carnaval"
(1931), autobiografia di un narratore che assieme ad altri intellettuali
intende rompere col passato e aprire una
nuova stagione letteraria. La sua affermazione definitiva avviene nel 1935 con
"Jubiabá", romanzo provocatorio in cui si infrangono numerosi tabù:
dallo stregone negro di Bahia scelto come protagonista, alla storia d'amore tra
un nero e una bianca, passando
attraverso la lotta di classe rappresentata da un grande sciopero.
Mentre
continua a coltivare la passione per lo scrivere, sia da giornalista sia da
romanziere dedicandosi con la prima
moglie Matilde Garcia Rosa anche alla letteratura infantile ("Descoberta do mundo"), si aprono
per Amado gli anni delle lotte politiche nell'era cupa e turbolenta di Getúlio
Vargas, che sfocerà nello stato nazionalista (Estado Novo) di stampo
dittatoriale. Il “cantore di Bahia” comincerà a conoscere l'esilio, trascorrendo
il '41 e il '42 tra Argentina e Uruguay e viaggiando in America Latina. Solo nel
'45 dopo la deposizione di Vargas, la sua militanza verrà ripagata, tanto che
l’anno seguente sarà eletto membro
dell'Assemblea Nazionale Costituente come rappresentante del Partito
Comunista Brasileiro (PCB), risultando il
più votato nello Stato di São Paulo.
Ma
la pausa democratica del Paese sarà breve: già nel '47 il Partito Comunista
sarà dichiarato illegale e, per sfuggire
a persecuzioni e arresti dilaganti, sarà costretto nuovamente ad emigrare.
Stavolta al suo fianco avrà la seconda moglie Zélia Gattai, figlia di immigrati
anarchici italiani, conosciuta quando lavorarono insieme nel movimento per l'amnistia dei prigionieri politici. Zélia si
rivelerà una compagna preziosa, sostenendolo e aiutandolo anche nel suo lavoro
di scrittore.
Teatro
di questi anni di esilio diventa l'Europa: prima a Parigi, poi in
Cecoslovacchia e infine in Russia, dove nel frattempo il narratore brasiliano
ha ricevuto il premio Stalin per la pace. La coppia farà rientro in patria nel
'55 e di lì in poi emergerà un Amado diverso, dedito più alla letteratura che
alla politica, persino in crisi con l'ideologia tanto che nel '56 uscirà dal
PCB per dissensi con gli sviluppi subiti dal comunismo in Russia. Gli anni
della militanza verranno però consegnati alla storia tramite "Os
subterrâneos da libertade", opera in tre parti sulle lotte del Partito
Comunista in Brasile pubblicata nel '54, alla cui stesura si era dedicato
durante l'esilio.
Ma
il bello deve ancora arrivare: con "Gabriela, cravo e canela"
stupisce il mondo. Benché affronti
sempre temi d’impegno sociale, la sua scrittura assume un tono ironico e
picaresco, tanto che l'amico Jean-Paul Sartre definisce il romanzo “il miglior
romanzo di novella folk”. Il libro riscuote cinque premi in Brasile, viene
tradotto in molte lingue, è adattato sia in due telenovelas sia nell’omonimo
film ad opera del regista Bruno Barreto e interpretato da Sônia Braga. Il
sodalizio con Barreto e la Braga replicherà il successo con "Dona Flor e
seus dois maridos", altro romanzo-cult uscito nel '66.
Instancabile
fino alla fine di suoi giorni, Amado continuerà a sfornare romanzi tradotti in
una cinquantina tra lingue e dialetti, di cui si venderanno milioni di copie,
inanellando premi letterari nel mondo. Per una manciata di giorni mancherà
l’appuntamento col suo 89/simo compleanno spegnendosi il 6 agosto 2001.
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