Parla della crisi
economica, di quella della Chiesa, e pure di Fernando Pessoa
"Mi trovavo al
monastero di Bose e, mentre parlavo con una delle monache, questa mi ha detto
che nella sua cella aveva il Vangelo e i libri di Pessoa. Mi sono molto
meravigliato. Come mai?, le ho chiesto. Lei mi ha spiegato: Pessoa mi dà il
senso dell'enigma, della domanda, di questa condizione umana che nella sua
verità è un luogo senza risposta, un luogo di ricerca infinita." A
raccontare questo aneddoto per rivelare la potenzialità della poesia di
Fernando Pessoa, tanto intensa, è José Tolentino Mendonça, teologo, scrittore e
poeta portoghese venuto di recente in Italia in occasione dell'uscita nel
nostro Paese di due suoi libri: "Padre nostro che sei in terra",
Prefazione di Enzo Bianchi (Qiqajon Ed. 2013) e "Nessun cammino sarà lungo
- Per una teologia dell'amicizia" (Ed. Paoline 2013).
Ospite, tra l'altro,
della trasmissione "Uomini e Profeti" di Rai-radio3, che il Diario
portoghese ha ascoltato con interesse per poter poi condividere alcuni passi
coi suoi lettori, Tolentino Mendonça è stato sollecitato ad affrontare una
sventagliata di temi oltre a quelli concernenti i suoi libri. Impossibile prescindere
dalla crisi economica che attanaglia il Portogallo: ecco la visione di chi la
guarda non solo come cittadino portoghese o come poeta e narratore, ma anche da
altre importanti angolature, essendo docente di Scienze Bibliche e vicerettore
dell'Universidade Católica Portuguesa (UCP) nonché Responsabile del
Secretariado Nacional da Pastoral da Cultura.
"È un momento di
enorme turbolenza sociale a causa di questa crisi che porta con sé una
difficoltà estrema -premette Tolentino Mendonça- soprattutto per quelli che non
hanno lavoro, per le famiglie che hanno perso la speranza, per i giovani che
non trovano una via d'uscita dopo i corsi universitari. È un tempo di enorme
perplessità, ma al tempo stesso -aggiunge- si vedono tante belle cose che
accadono. Emerge, ad esempio, un senso di vicinanza agli altri, un'attenzione
forse maggiore che in altri tempi, una capacità di andare all'incontro e di
condividere veramente. Anche un'energia -osserva- di pensare altri modelli di coesistenza
sociale. Ciò, in mezzo al caos, è un filo di speranza che occorre
rilevare".
Nella sua veste pure di
sacerdote, avendo ricevuto gli ordini nel 1990, José Tolentino si sofferma poi
sulla situazione della Chiesa in Portogallo definendola "molto simile a
quella delle altre chiese europee. Sta attraversando problemi di crescita -dice-
non dal punto di vista dei numeri, ma di crescita nell'età, nella vita. Una
crisi molto grande -aggiunge- fra il credere e l'appartenenza. La sete
spirituale esiste, ma al tempo stesso evaporano i modelli istituzionali, la
presenza più militante è calata. Per contro si sente proprio un risveglio del
bisogno spirituale nella società portoghese".
Convinto che "la
cristallizzazione del cristianesimo sia un pericolo enorme", il teologo parla
della "grande sfida" che la Chiesa del suo Paese si trova davanti per
superare quella sorta di conflitto esistente tra l'anima legata alle tradizioni
popolari e l'anima secolarizzata. Sottolinea al riguardo "la necessità per
i cristiani di trovare parole nuove, sentieri nascosti e più profondi che non
portino a divisioni, ma ad un abbraccio anche con le altre presenze religiose
del Paese". "La vera sfida della Chiesa oggi -afferma- è quella
dell'incontro. Deve trovare il tempo, il modo e la parola per ascoltare l'altro,
dire la sua verità più profonda in modo leggibile per l'altro".
Nato a Machico, cittadina
della costa orientale dell'isola di Madeira il 15 dicembre 1965, ecco come
Mendonça descrive la sua infanzia. "Le isole sono sempre mondi molto
singolari perché c'è la terra, ma c'è anche un'insufficienza quasi ontologica
in quanto la terra finisce. C'è il rapporto sia col mare, sia con l'assenza di
un territorio più vasto. E questo -aggiunge-
fa sognare, fa pensare, fa creare un senso di attesa molto forte. È
bello -conclude- è un'infanzia bella". A chi, mentre lo ascolta, rivede
col pensiero qualche scorcio dell'isola definita "la perla
dell'Atlantico" e chiamata "l'isola boscosa" dagli uomini di
Enrico il Navigatore che vi approdarono nel 1419, non risulta difficile capire
quanto nascere e crescere in quel luogo abbia influito sul suo rapporto
privilegiato con la poeticità.
Sfogliando la biografia
di José Tolentino Calaça Mendonça, si nota che ha al suo attivo oltre venti
libri tradotti in numerose lingue e vari riconoscimenti, tra cui il Prémio
Cidade de Lisboa de Poesia (1998) e il Prémio Literário da Fundação Inês de
Castro (2009). La "REVISTA do Jornal Expresso" lo ha inserito nel
2012 tra i "100 portugueses mais influentes". Una delle peculiarità
della sua attività di scrittore è la riflessione sull’interrelazione tra
cristianesimo e cultura: nelle sue esplorazioni del testo biblico, infatti,
attraversa più linguaggi, in particolare quello poetico, letterario e
filosofico. La sua produzione poetica, al pari di quella saggistica, è molto
apprezzata sia dal pubblico sia dalla critica. In Italia si è fatto conoscere
grazie alla raccolta di poesie "La notte apre i miei occhi" (Ets,
Pisa 2006).
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