sabato 15 febbraio 2014

Il Pantheon Nazionale di Lisbona: una storia di leggende, maledizioni e ricostruzioni


C’è un luogo a Lisbona dove risuonano le note e la voce della più celebre cantante portoghese di fado, Amália Rodrigues. Non stiamo parlando di uno dei tanti locali che animano i vicoli del Bairro Alto, ma della chiesa di Santa Engrácia, oggi Pantheon Nazionale. Famoso per la sua imponente cupola che domina il profilo della capitale, l’edificio ospita al suo interno i resti mortali di alcuni degli esponenti più rappresentativi della storia e cultura portoghese: da Sidónio Pais, il Presidente della Repubblica assassinato nel 1918, agli scrittori Almeida Garrett, Guerra Junqueiro e João de Deus, passando per la già citata cantante di fado. Al varcare la soglia dell’edificio, ci si accorge nell’immediato che la chiesa è sconsacrata: non ci sono simboli religiosi sull’altare e lo spazio più nobile sembra essere quello di un’enorme piazza fatta per passeggiare. È difficile immaginarlo al tempo in cui serviva da deposito di armi o come fabbrica di scarpe dell’esercito (secoli XIX e XX).

La sua storia è tormentata e passa per leggende, maledizioni e calamità naturali. Certo è che questo esempio di tempio barocco, considerato unico nel suo genere da molti storici dell’arte, dovette aspettare moltissimi anni prima di essere portato a termine. La chiesa primitiva, della quale oggi non resta nulla, fu eretta nel 1568 per volontà di D. Maria (1521-1577), figlia di D. Manuel I, ma venne quasi completamente rasa al suolo durante una tempesta nel 1681. L’anno seguente venne posata la prima pietra dell’attuale edificio. Il progetto della ricostruzione fu affidato al maestro João Antunes, ma vedrà la conclusione solo nel 1966, per ordine dell’allora Presidente del Consiglio António de Oliveira Salazar. Erano passati 284 anni.

L’espressione popolare “obras de Santa Engrácia”, usata in portoghese per designare qualcosa che tarda a concludersi, è solo uno dei dati associati alla chiesa. Un altro è la figura di Simão Solis, un cristão-novo che nel 1630 fu accusato di avere profanato il tempio, per avere rubato le ostie conservate nella sagrestia. La leggenda narra che Solis, visto a girovagare attorno alla chiesa durante la notte dell’assalto, con le zampe del suo cavallo protette da dei panni per non fare rumore, giurò sino alla morte che era innocente. Prima di essere bruciato vivo nel Campo de Santa Clara, lanciò una maledizione alla chiesa ancora in costruzione: “É tão certo morrer inocente como as obras nunca mais acabarem!”. Il vero ladro fu identificato più tardi, quando si scoprì il vero motivo per cui Solis non volle mai dire cosa ci faceva vicino alla chiesa quella notte: era in attesa di Violante, la figlia di un nobile e novizia al Convento di Santa Clara, per fuggire insieme a lei.


Tra la distruzione della chiesa primitiva e l’inaugurazione della nuova, trascorsero quasi 300 anni. Fu Salazar infatti a dare l'ordine di terminare l’edificio, realizzando la grande cupola che oggi domina il profilo della città e decretandolo nel 1966 Pantheon Nazionale: “Salazar trasformò la conclusione del Pantheon in una manovra di propaganda, proponendosi di ultimare in due anni ciò che non si era riuscito a fare in tre secoli”, sottolinea la direttrice Isabel Melo. E fu ancora Salazar a prendere la decisione di spostare nel tempio personalità importanti del passato portoghese sepolte nel Mosteiro dos Jerónimos. Dall’antica sala sarebbero usciti così tre presidenti della Repubblica (Teófilo Braga, Sidónio Pais e Óscar Carmona) e altrettanti scrittori (Almeida Garrett, João de Deus e Guerra Junqueiro).

Tuttavia, apparentemente incapace di competere con il ben più noto Mosteiro dos Jerónimos, monumento che molti portoghesi ancora considerano il vero pantheon, durante gli anni successivi la chiesa venne quasi del tutto dimenticata dai cittadini lisbonesi. E ancora oggi, nonostante il numero crescente di visitatori, infatti, il Pantheon è ancora lontano dall’avere l’attenzione che merita, sebbene il pubblico sia aumentato considerevolmente dall’arrivo di Amália: nel 2013 ricevette 72 mila visitatori, circa il 70% stranieri. Per Isabel Melo, la distanza che molti portoghesi sentono nei confronti del monumento, anche di coloro che vivono a Lisbona, è la stessa che nutrono nei confronti di altri simboli nazionali: “Siamo poco orgogliosi della nostra storia, che è ricca, e concepiamo la morte come una barriera. È culturale. E noi non siamo stati capaci di comprendere a fondo il simbolismo di questo edificio. Quando dico “noi” mi riferisco ai cittadini, ma anche al potere politico”. “Se il Pantheon di Santa Engrácia è oggi un po’ più presente nell’immaginario nazionale -continua la direttrice-, lo si deve ad Amália Rodrigues, la cantante di fado che morì nel 1999 e che fu portata lì nel 2001, durante una cerimonia a cui parteciparono migliaia di persone. Lo sarà anche grazie alla scrittrice Sophia de Mello Breyner Andresen, che sarà la prossima a ricevere quest’onore di Stato. Sophia è molto apprezzata per la sua opera poetica, ma anche per avere combattuto contro lo Estado Novo e per i suoi racconti per bambini”.


“La decisione di chi deve figurare nel Pantheon Nazionale è sempre politica”, precisa Maria João Neto, professoressa di Storia dell’Arte della Facoltà di Lettere di Lisbona, che ha dedicato parte della sua ricerca all’evoluzione del monumento e alle sue relazioni con le diverse forme di governo. “Qualsiasi decisione presa ha sempre suscitato delle polemiche -ricorda- perché queste figure di Stato sono persone e, come tali, non sono perfette. Guerra Junqueiro, ad esempio, fu un difensore del repubblicanesimo, me è da molti considerato l’istigatore dell’assassinio del re del 1908. Nel caso di Amália, situazione che adesso si ripete con Eusébio, alla decisione politica si unisce “una forte pressione popolare” -aggiunge la direttrice del monumento-, cosa che dimostra come il pantheon non sia un luogo di celebrazione della morte, ma della vita". 

“Le dieci personalità che si trovano a Santa Engrácia non parleranno a tutti allo stesso modo, sono lontani dall’essere consensuali. È sempre discutibile chi deve andare in un pantheon nazionale, -conclude Maria João Neto. L’idea stessa di consacrare degli eroi è discutibile. Poche cose nella storia non lo sono”. 

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