C’è un luogo a Lisbona
dove risuonano le note e la voce della più celebre cantante portoghese di fado,
Amália Rodrigues. Non stiamo parlando di uno dei tanti locali che animano i
vicoli del Bairro Alto, ma della chiesa di Santa Engrácia, oggi Pantheon
Nazionale. Famoso per la sua imponente cupola che domina il profilo della
capitale, l’edificio ospita al suo interno i resti mortali di alcuni degli
esponenti più rappresentativi della storia e cultura portoghese: da Sidónio
Pais, il Presidente della Repubblica assassinato nel 1918, agli scrittori Almeida
Garrett, Guerra Junqueiro e João de Deus, passando per la già citata cantante
di fado. Al varcare la soglia dell’edificio, ci si accorge nell’immediato che
la chiesa è sconsacrata: non ci sono simboli religiosi sull’altare e lo spazio
più nobile sembra essere quello di un’enorme piazza fatta per passeggiare. È
difficile immaginarlo al tempo in cui serviva da deposito di armi o come
fabbrica di scarpe dell’esercito (secoli XIX e XX).
La sua storia è
tormentata e passa per leggende, maledizioni e calamità naturali. Certo è che questo
esempio di tempio barocco, considerato unico nel suo genere da molti storici
dell’arte, dovette aspettare moltissimi anni prima di essere portato a termine.
La chiesa primitiva, della quale oggi non resta nulla, fu eretta nel 1568 per
volontà di D. Maria (1521-1577), figlia di D. Manuel I, ma venne quasi
completamente rasa al suolo durante una tempesta nel 1681. L’anno seguente
venne posata la prima pietra dell’attuale edificio. Il progetto della
ricostruzione fu affidato al maestro João Antunes, ma vedrà la conclusione solo
nel 1966, per ordine dell’allora Presidente del Consiglio António de Oliveira
Salazar. Erano passati 284 anni.
L’espressione popolare
“obras de Santa Engrácia”, usata in portoghese per designare qualcosa che tarda
a concludersi, è solo uno dei dati associati alla chiesa. Un altro è la figura
di Simão Solis, un cristão-novo che
nel 1630 fu accusato di avere profanato il tempio, per avere rubato le ostie
conservate nella sagrestia. La leggenda narra che Solis, visto a girovagare
attorno alla chiesa durante la notte dell’assalto, con le zampe del suo cavallo
protette da dei panni per non fare rumore, giurò sino alla morte che era
innocente. Prima di essere bruciato vivo nel Campo de Santa Clara, lanciò una
maledizione alla chiesa ancora in costruzione: “É tão certo morrer inocente
como as obras nunca mais acabarem!”. Il vero ladro fu identificato più tardi,
quando si scoprì il vero motivo per cui Solis non volle mai dire cosa ci faceva
vicino alla chiesa quella notte: era in attesa di Violante, la figlia di un
nobile e novizia al Convento di Santa Clara, per fuggire insieme a lei.
Tra la distruzione
della chiesa primitiva e l’inaugurazione della nuova, trascorsero quasi 300
anni. Fu Salazar infatti a dare l'ordine di terminare l’edificio, realizzando
la grande cupola che oggi domina il profilo della città e decretandolo nel 1966
Pantheon Nazionale: “Salazar trasformò la conclusione del Pantheon in una
manovra di propaganda, proponendosi di ultimare in due anni ciò che non si era
riuscito a fare in tre secoli”, sottolinea la direttrice Isabel
Melo. E fu ancora Salazar a prendere la decisione di spostare nel tempio
personalità importanti del passato portoghese sepolte nel Mosteiro dos Jerónimos.
Dall’antica sala sarebbero usciti così tre presidenti della Repubblica (Teófilo
Braga, Sidónio Pais e Óscar Carmona) e altrettanti scrittori (Almeida Garrett,
João de Deus e Guerra Junqueiro).
Tuttavia, apparentemente
incapace di competere con il ben più noto Mosteiro dos Jerónimos, monumento che
molti portoghesi ancora considerano il vero pantheon, durante gli anni
successivi la chiesa venne quasi del tutto dimenticata dai cittadini lisbonesi.
E ancora oggi, nonostante il numero crescente di visitatori, infatti, il
Pantheon è ancora lontano dall’avere l’attenzione che merita, sebbene il
pubblico sia aumentato considerevolmente dall’arrivo di Amália: nel 2013
ricevette 72 mila visitatori, circa il 70% stranieri. Per Isabel Melo, la distanza
che molti portoghesi sentono nei confronti del monumento, anche di coloro che
vivono a Lisbona, è la stessa che nutrono nei confronti di altri simboli
nazionali: “Siamo poco orgogliosi della nostra storia, che è ricca, e
concepiamo la morte come una barriera. È culturale. E noi non siamo stati
capaci di comprendere a fondo il simbolismo di questo edificio. Quando dico
“noi” mi riferisco ai cittadini, ma anche al potere politico”. “Se il Pantheon
di Santa Engrácia è oggi un po’ più presente nell’immaginario nazionale -continua
la direttrice-, lo si deve ad Amália Rodrigues, la cantante di fado che morì
nel 1999 e che fu portata lì nel 2001, durante una cerimonia a cui
parteciparono migliaia di persone. Lo sarà anche grazie alla scrittrice Sophia
de Mello Breyner Andresen, che sarà la prossima a ricevere quest’onore di Stato.
Sophia è molto apprezzata per la sua opera poetica, ma anche per avere
combattuto contro lo Estado Novo e per i suoi racconti per bambini”.
“La decisione di chi
deve figurare nel Pantheon Nazionale è sempre politica”, precisa Maria João
Neto, professoressa di Storia dell’Arte della Facoltà di Lettere di Lisbona,
che ha dedicato parte della sua ricerca all’evoluzione del monumento e alle sue
relazioni con le diverse forme di governo. “Qualsiasi decisione presa ha sempre
suscitato delle polemiche -ricorda- perché queste figure di Stato sono persone
e, come tali, non sono perfette. Guerra Junqueiro, ad esempio, fu un difensore
del repubblicanesimo, me è da molti considerato l’istigatore dell’assassinio
del re del 1908. Nel caso di Amália, situazione che adesso si ripete con
Eusébio, alla decisione politica si unisce “una forte pressione popolare” -aggiunge
la direttrice del monumento-, cosa che dimostra come il pantheon non sia un
luogo di celebrazione della morte, ma della vita".
“Le dieci personalità che si trovano a Santa Engrácia non parleranno a tutti allo stesso modo, sono lontani dall’essere consensuali. È sempre discutibile chi deve andare in un pantheon nazionale, -conclude Maria João Neto. L’idea stessa di consacrare degli eroi è discutibile. Poche cose nella storia non lo sono”.
“Le dieci personalità che si trovano a Santa Engrácia non parleranno a tutti allo stesso modo, sono lontani dall’essere consensuali. È sempre discutibile chi deve andare in un pantheon nazionale, -conclude Maria João Neto. L’idea stessa di consacrare degli eroi è discutibile. Poche cose nella storia non lo sono”.
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