Nella sua rubrica "Lusoclássicos", Andrea Sironi ci guida alla riscoperta di un "ironico tour de force letterario", Budapest. Il suo autore, Chico Buarque, celebre come uno dei compositori e interpreti più rappresentativi del panorama musicale brasiliano, conferma con questo romanzo il suo straordinario talento linguistico: "un rarissimo esemplare di intellettuale a tutto campo", "un acrobata della parola", così come è stato definito da Gianni Mura in un articolo del 26/02/2005 su La Repubblica.
Budapest, di Chico Buarque
Quella lingua magiara che “è
la sola che il diavolo rispetti”
Budapest, uscito nel 2006 in Italia nell'edizione edita da
Feltrinelli e tradotta da Roberto Francavilla, è il penultimo romanzo di Chico
Buarque e il primo ad essere pubblicato nel nostro Paese. All’interno
dell’opera del popolare musicista, nonché scrittore e compositore brasiliano, il
romanzo riveste un ruolo di prim'ordine, testimoniato dagli importanti consensi
ottenuti dalla critica e dal mezzo milione di copie vendute nel mondo. Del
resto lo stile scorrevole e immediato, la successione degli eventi incalzante e
un’ironia che a tratti si fa pungente sono le caratteristiche che conferiscono
al romanzo quella che Saramago ha definito “una maestria del linguaggio, della
costruzione narrativa, del fare semplice”.
José Costa vive a Rio de Janeiro,
è sposato con la bella giornalista televisiva Vanda e lavora come ghost-writer
presso l’agenzia culturale dell'amico Alvaro Cunha. In un cassetto sotto la
scrivania custodisce gelosamente gli anonimi capolavori che compila
ironicamente, divertito da come il suo nome risulti straniero alle vetrine
delle librerie.
Un evento sconvolge però la sua
vita in concomitanza con il mancato scalo aereo che da Istanbul, sede designata
all'annuale congresso dei ghost-writers a cui José abitualmente prende parte,
dovrebbe riportarlo in Brasile. L'aereo devia la sua traiettoria e lo scrittore
si ritrova a Budapest, dove di fatto entra in contatto con quella lingua
magiara, “la sola che il diavolo rispetti”, che lo seduce e rapisce. Assistiamo
a come sia il caso ad operare, a sconvolgere le prospettive e a cambiare
irreversibilmente le priorità di un protagonista che conduce una vita
ordinaria, tra matrimonio e nottate passate a scrivere per altri.
Le incursioni all’interno della
struttura e dei foni ugrofinnici, autentico piano di riconfigurazione identitaria,
lo porteranno a dividersi tra Vanda e Krista, giovane donna dalle labbra
sottili e gli “zigomi lievemente prominenti”, e a tracciare un’indagine
esistenziale alternativa, potenzialmente pericolosa e combattuta. Tutto questo
mentre in Patria, paradossalmente, la biografia romanzata commissionatagli
spopola. Tornato a Rio Zsoze Kósta, allineatosi ormai ad un registro differente
rispetto a quello antecedente al suo viaggio, conosce una profonda crisi. La
dimensione del viaggio risiede quindi nel confronto con il sé, più che con i
luoghi sconosciuti. Secondo quest'ottica una lingua ancora inesplorata altri
non è che un limite socioculturale che, ad impatto, rende ulteriormente
complicate le interazioni e può portare a inaspettati risvolti.
Ecco illustrati, secondo una nota
del traduttore, i significati contenuti nel viaggio inteso come metafora,
strumento che ci permette di capire in che termini la linguistica sia una delle
esperienze determinanti nella costruzione dell'identità.
(Edizione consultata: Chico
Buarque, Budapest, Feltrinelli, Milano, 2006. Traduzione di Roberto
Francavilla).
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