Quando impegno governativo e filantropia riescono a fare miracoli
Il National Geographic
ha parlato di "Miracolo in Mozambico", ma in questo caso non c'entra
il trascendente. Se qualcosa di miracoloso sta accadendo in Mozambico lo si
deve solo alla buona volontà dell'uomo, o meglio di più uomini che si sono
messi assieme in un progetto grandioso: riqualificare il Parque Nacional da
Gorongosa, il maggior parco naturale dell'Africa, o meglio ciò che rimaneva dei
suoi vecchi fasti. Innanzitutto collochiamo quest'immensa area che prende il
nome dall'altopiano della Serra da Gorongosa: oltre 4000 kmq di superficie nel
cuore del Mozambico, al limite meridionale della Great Rift Valley africana,
attraversata da numerosi fiumi nella sua parte settentrionale e occupata al
centro dalla Lagoa Urema di 10 km di lunghezza. Immaginiamola pullulante di
elefanti, bufali africani, ippopotami, leoni, facoceri, da una quindicina di
specie di antilopi ed altrettante di insoliti uccelli.
Così si presentava
quando, nel 1920, ha avuto inizio la sua storia con l'istituzione di una
riserva di caccia da parte della Compagnia del Mozambico. Si deve aspettare
fino agli anni '60 per vederla trasformare in Parco Nazionale e per farle
vivere un periodo d'oro, attrazione di turismo soprattutto portoghese ma anche
internazionale, inclusi personaggi dello spettacolo e persino star
hollywoodiane. Sono anni in cui il Parque da Gorongosa attraversa il suo
massimo splendore, tanto che per definirlo si usano espressioni come “il luogo
dove Noè approdò con l'arca”, a significare la ricchezza della sua fauna. Nessuno
allora può immaginare che l'incanto si sarebbe spezzato nel giro di nemmeno
vent’anni. Il Mozambico, dopo aver raggiunto l'indipendenza dal Portogallo,
diventa infatti teatro di una lunga guerra civile -dal 1981 al 1992- tra le
fazioni opposte (Renamo e Frelimo), i cui funesti effetti coinvolgeranno lo
stesso Parco. La Renamo fa di Gorongosa il suo quartier generale e nel paradiso
degli animali imperversano aspri combattimenti. Le specie viventi diventano
prede da cacciare per sfamarsi oppure risorse da sfruttare per convertirne i
proventi, ad esempio dal prezioso avorio, in armi.
Alla fine della guerra
civile il Parco è un cimitero con il 90% degli animali scomparso. Se la storia
finisse là dovremmo limitarci a dire “c'era una volta il Parque da Gorongosa”,
invece il filo della storia viene successivamente ripreso affinché il Parco
rinasca. Come? Dapprima sminata, l'area viene via via ripopolata con animali
acquistati da Parchi del Sudafrica che cominciano a riprodursi. Anche le
infrastrutture vengono un po’ alla volta ricostruite, le piste rifatte. Chi
sono gli artefici della rinascita? Il Governo Mozambicano e un filantropo
americano, uniti in una partnership siglata nel 2004 che punta a rendere non
solo il Parco, ma tutta l'area circostante (si arriva così a superare i 5000
kmq) finanziariamente sostenibile nell'arco di un ventennio. L'americano
Gregory Carr ha messo nel progetto ben 40 mln di dollari (quasi 29 mln di euro)
guadagnati negli anni '80 come impresario delle nuove tecnologie, tramite la
sua azienda specializzata in comunicazione internet. Dalle numerose interviste
rilasciate, che immagine emerge di Greg Carr? Quella di una persona vitale e
appassionata, carica di contagiosa simpatia, riuscita a realizzare il suo
giovanile sogno: la filantropia. Alla fine degli anni '90 chiude infatti con
l'attività imprenditoriale e crea la Fondazione Carr, senza fini di lucro.
Ma come e quando arriva
a conoscere Gorongosa, dove dal 1994 lo stesso Governo dell’ex colonia
portoghese ha avviato un processo di ricostruzione? Greg racconta di aver
incontrato casualmente a New York l'ambasciatore del Mozambico all'Onu che lo
invita a visitare il Paese. Vola per la prima volta in Mozambico nel 2002
visitando soprattutto la costa. Quando vi ritorna, due anni dopo, scopre il
Parco Gorongosa e ne viene folgorato. Forse un richiamo all’infanzia, essendo
nato nell'Idaho, poco lontano dal Parco dello Yellowstone. Scatta così in lui
il desiderio di fare qualcosa di utile per quel Paese, non solo col denaro, ma
lasciandosi coinvolgere attivamente in prima persona. “Quando 5 anni fa ho
iniziato il progetto - confessava Greg a un giornale portoghese nel 2009 - non
sapevo molto della conservazione della natura e della biologia. Non sapevo che
stare nella foresta poteva essere un’esperienza spirituale per gli esseri
umani. È questo che ho imparato a Gorongosa, sono tornato alla natura e ciò ha
fatto di me una persona felice”.
Del suo passato
imprenditoriale restano intatti gli obiettivi, in primis coniugare il recupero delle
biodiversità con lo sviluppo umano. In altre parole, salvare la foresta
significa per Carr creare ecoturismo contribuendo alla conservazione della
natura, ma anche creando impiego. “Quando lascerò l'amministrazione del Parco-
dichiarava Greg nella stessa intervista- voglio che sia di nuovo pieno di
animali, che esista una forte amministrazione mozambicana e che la sua gestione
sia finanziariamente sostenibile. Negli anni '60 c'erano oltre 20mila turisti
l'anno. Se ne raggiunge 40mila l'anno avremo incassi sufficienti a mantenerlo”.
Con questo post "Il
diario portoghese" ha voluto solo aprire una finestra sulla storia del
Gorongosa, sperando di destare curiosità in chi, tra i suoi lettori, non la
conoscesse. Ma una vicenda tanto di imponente impiegherebbe pagine e pagine per
essere raccontata, essendosi tra l'altro arricchita negli anni di nuovi
protagonisti e di nuovi progetti, vieppiù ambiziosi. Ad esempio, nel 2011 il
biologo statunitense Edward O. Wilson specialista in formiche ha raggiunto il
Parco sia per sostenere l’impegno di Carr, sia per lavorare al suo nuovo libro
di testo digitale di biologia per le scuole superiori. Wilson è solo uno dei
tanti scienziati che, in seguito alle loro visite, hanno giudicato Gorongosa
uno dei luoghi al mondo con più “biodiversità”: un modo scientifico di dire che
un luogo è sede di una gamma sorprendente di creature, alcune delle quali “endemiche”.
Per ragioni di spazio
non abbiamo affrontato la complessa struttura organizzativa del Parco,
articolata in settori e nella quale lavorano fianco a fianco mozambicani ed
esperti venuti da ogni parte del mondo. Per chi volesse saperne di più, lo
invitiamo a visitare il sito ufficiale al link sottostante.
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