martedì 6 maggio 2014

Mozambico: la sorprendente rinascita del “Parque Nacional da Gongorosa”

Quando impegno governativo e filantropia riescono a fare miracoli



Il National Geographic ha parlato di "Miracolo in Mozambico", ma in questo caso non c'entra il trascendente. Se qualcosa di miracoloso sta accadendo in Mozambico lo si deve solo alla buona volontà dell'uomo, o meglio di più uomini che si sono messi assieme in un progetto grandioso: riqualificare il Parque Nacional da Gorongosa, il maggior parco naturale dell'Africa, o meglio ciò che rimaneva dei suoi vecchi fasti. Innanzitutto collochiamo quest'immensa area che prende il nome dall'altopiano della Serra da Gorongosa: oltre 4000 kmq di superficie nel cuore del Mozambico, al limite meridionale della Great Rift Valley africana, attraversata da numerosi fiumi nella sua parte settentrionale e occupata al centro dalla Lagoa Urema di 10 km di lunghezza. Immaginiamola pullulante di elefanti, bufali africani, ippopotami, leoni, facoceri, da una quindicina di specie di antilopi ed altrettante di insoliti uccelli.

Così si presentava quando, nel 1920, ha avuto inizio la sua storia con l'istituzione di una riserva di caccia da parte della Compagnia del Mozambico. Si deve aspettare fino agli anni '60 per vederla trasformare in Parco Nazionale e per farle vivere un periodo d'oro, attrazione di turismo soprattutto portoghese ma anche internazionale, inclusi personaggi dello spettacolo e persino star hollywoodiane. Sono anni in cui il Parque da Gorongosa attraversa il suo massimo splendore, tanto che per definirlo si usano espressioni come “il luogo dove Noè approdò con l'arca”, a significare la ricchezza della sua fauna. Nessuno allora può immaginare che l'incanto si sarebbe spezzato nel giro di nemmeno vent’anni. Il Mozambico, dopo aver raggiunto l'indipendenza dal Portogallo, diventa infatti teatro di una lunga guerra civile -dal 1981 al 1992- tra le fazioni opposte (Renamo e Frelimo), i cui funesti effetti coinvolgeranno lo stesso Parco. La Renamo fa di Gorongosa il suo quartier generale e nel paradiso degli animali imperversano aspri combattimenti. Le specie viventi diventano prede da cacciare per sfamarsi oppure risorse da sfruttare per convertirne i proventi, ad esempio dal prezioso avorio, in armi.

Alla fine della guerra civile il Parco è un cimitero con il 90% degli animali scomparso. Se la storia finisse là dovremmo limitarci a dire “c'era una volta il Parque da Gorongosa”, invece il filo della storia viene successivamente ripreso affinché il Parco rinasca. Come? Dapprima sminata, l'area viene via via ripopolata con animali acquistati da Parchi del Sudafrica che cominciano a riprodursi. Anche le infrastrutture vengono un po’ alla volta ricostruite, le piste rifatte. Chi sono gli artefici della rinascita? Il Governo Mozambicano e un filantropo americano, uniti in una partnership siglata nel 2004 che punta a rendere non solo il Parco, ma tutta l'area circostante (si arriva così a superare i 5000 kmq) finanziariamente sostenibile nell'arco di un ventennio. L'americano Gregory Carr ha messo nel progetto ben 40 mln di dollari (quasi 29 mln di euro) guadagnati negli anni '80 come impresario delle nuove tecnologie, tramite la sua azienda specializzata in comunicazione internet. Dalle numerose interviste rilasciate, che immagine emerge di Greg Carr? Quella di una persona vitale e appassionata, carica di contagiosa simpatia, riuscita a realizzare il suo giovanile sogno: la filantropia. Alla fine degli anni '90 chiude infatti con l'attività imprenditoriale e crea la Fondazione Carr, senza fini di lucro.

Ma come e quando arriva a conoscere Gorongosa, dove dal 1994 lo stesso Governo dell’ex colonia portoghese ha avviato un processo di ricostruzione? Greg racconta di aver incontrato casualmente a New York l'ambasciatore del Mozambico all'Onu che lo invita a visitare il Paese. Vola per la prima volta in Mozambico nel 2002 visitando soprattutto la costa. Quando vi ritorna, due anni dopo, scopre il Parco Gorongosa e ne viene folgorato. Forse un richiamo all’infanzia, essendo nato nell'Idaho, poco lontano dal Parco dello Yellowstone. Scatta così in lui il desiderio di fare qualcosa di utile per quel Paese, non solo col denaro, ma lasciandosi coinvolgere attivamente in prima persona. “Quando 5 anni fa ho iniziato il progetto - confessava Greg a un giornale portoghese nel 2009 - non sapevo molto della conservazione della natura e della biologia. Non sapevo che stare nella foresta poteva essere un’esperienza spirituale per gli esseri umani. È questo che ho imparato a Gorongosa, sono tornato alla natura e ciò ha fatto di me una persona felice”.












Del suo passato imprenditoriale restano intatti gli obiettivi, in primis coniugare il recupero delle biodiversità con lo sviluppo umano. In altre parole, salvare la foresta significa per Carr creare ecoturismo contribuendo alla conservazione della natura, ma anche creando impiego. “Quando lascerò l'amministrazione del Parco- dichiarava Greg nella stessa intervista- voglio che sia di nuovo pieno di animali, che esista una forte amministrazione mozambicana e che la sua gestione sia finanziariamente sostenibile. Negli anni '60 c'erano oltre 20mila turisti l'anno. Se ne raggiunge 40mila l'anno avremo incassi sufficienti a mantenerlo”.

Con questo post "Il diario portoghese" ha voluto solo aprire una finestra sulla storia del Gorongosa, sperando di destare curiosità in chi, tra i suoi lettori, non la conoscesse. Ma una vicenda tanto di imponente impiegherebbe pagine e pagine per essere raccontata, essendosi tra l'altro arricchita negli anni di nuovi protagonisti e di nuovi progetti, vieppiù ambiziosi. Ad esempio, nel 2011 il biologo statunitense Edward O. Wilson specialista in formiche ha raggiunto il Parco sia per sostenere l’impegno di Carr, sia per lavorare al suo nuovo libro di testo digitale di biologia per le scuole superiori. Wilson è solo uno dei tanti scienziati che, in seguito alle loro visite, hanno giudicato Gorongosa uno dei luoghi al mondo con più “biodiversità”: un modo scientifico di dire che un luogo è sede di una gamma sorprendente di creature, alcune delle quali “endemiche”.

Per ragioni di spazio non abbiamo affrontato la complessa struttura organizzativa del Parco, articolata in settori e nella quale lavorano fianco a fianco mozambicani ed esperti venuti da ogni parte del mondo. Per chi volesse saperne di più, lo invitiamo a visitare il sito ufficiale al link sottostante.   

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