giovedì 11 settembre 2014

Saramago: il suo ultimo regalo, o romance inacabado “Alabarde alabarde”


Edito in Italia da Feltrinelli, comprende un’interessante postfazione di Roberto Saviano

«Para mim a morte, neste momento, é a diferença entre ter estado e não estar». Nel bellissimo docufilm di Miguel Gonçalves Mendes “José e Pilar”, quasi un testamento di Saramago, il premio Nobel portoghese si lasciava sfuggire questa affermazione riflettendo sulla morte che avvertiva come imminente. Ci avrebbe infatti lasciati solo pochissimi anni dopo la realizzazione del documentario (girato tra il 2006 e il 2008) spegnendosi nel giugno 2010 proprio a Lanzarote, teatro delle riprese. José Saramago oggi non c’è più, tuttavia non solo continua a vivere tramite la forza che la sua vasta opera emana, ma regala al suo pubblico anche un’ultima sorpresa.


Si tratta di un romanzo incompleto, una manciata di capitoli scritti prima che la morte lo cogliesse. Feltrinelli ha quindi dovuto rimpolparlo, arricchendolo sia con la prefazione del poeta e saggista Fernando Gómez Aguilera, sia con la postfazione di Roberto Saviano. Stiamo parlando di Alabarde alabarde, apparso nelle librerie italiane il 24 agosto u.s. per la traduzione di Rita Desti, mentre all’estero uscirà nel prossimo ottobre. Nell’intenzione dell’autore voleva essere un libro pacifista, a dispetto del titolo guerrafondaio mutuato dai versi della tragicommedia Exortação da Guerra del poeta portoghese Gil Vicente che fu rappresentata per la prima volta al re Manoel nel 1513 a Lisbona. Saramago critica infatti l’incitamento alla guerra per la conquista dell'Africa contenuto nell’opera di Vicente e, per farlo, ricorre magistralmente alla costruzione di una trama di stringente attualità.

Il protagonista del suo racconto è un certo Artur Paz Semedo, impiegato di una storica fabbrica d’armi spagnola nonché intenditore di film bellici, il quale viene profondamente colpito da alcune commoventi immagini del film “L’Espoir” di André Malraux, cui assiste casualmente. La successiva lettura dell’omonimo libro da cui lo stesso Malraux ha tratto il film, comincia a far vacillare le sue certezze di appassionato delle armi da fuoco. Complice il suggerimento della ex moglie Felícia, pacifista convinta, decide poi di investigare negli archivi dell’azienda per scoprire se le produzioni della fabbrica in cui lavora abbiano mai venduto armamenti ai fascisti. Così ha inizio l’avventura di Paz Semedo, i cui sviluppi restano in  gran misura scolpiti nella mente di Saramago, mentre i suoi fedeli lettori potranno solo immaginare a quali conseguenze lo avrebbero portato. Ecco cosa ha scritto Pilar Del Rio, vedova dello scrittore scomparso e sua traduttrice dal portoghese allo spagnolo, sulla rivista Blimunda: «é um livro que, como Caím, repudia a violência que se exerce sobre pessoas e sociedades que não nasceram para ser vítimas mas sim donas das suas vidas».


La stampa italiana non è stata finora prodiga di recensioni. Repubblica ha pubblicato un estratto della postfazione di Roberto Saviano in cui lo scrittore napoletano traccia paralleli di forte impatto emotivo tra il protagonista di Alabarde alabarde e alcuni personaggi reali che ha avuto modo di incontrare nel mondo spietato da cui trae spunto -come noto- il suo pericoloso lavoro. Si sofferma in particolare sulla storia di Tim Lopes, nato in una favela di Rio, che sfrutta il suo talento di giornalista per indagare e raccontare i problemi di violenze e soprusi da cui è afflitto il Brasile. «Tim si traveste, assume false identità, introduce microcamere nascoste nei vicoli più pericolosi di Rio. Negli anni novanta -riferisce Saviano- comincia a inanellare premi per i suoi reportage». Ad un certo punto, proprio quando sente il bisogno di ritirarsi in qualche posto sperduto staccandosi dai problemi che nemmeno lo Stato riesce a risolvere, riceve un grido di aiuto. Gli abitanti della favela Vila Cruzeiro, sotto il giogo del Comando Vermelho, lo chiamano in soccorso perché si fidano solo di lui. Tim inizia così una lotta impari, una missione che pagherà a durissimo prezzo, subendo la più crudele delle morti dopo inenarrabili torture.  

Altro personaggio reale che Saviano ritiene un possibile alter ego di Artur Paz Semedo è Martin Woods, agente senior antiriciclaggio nella mastodontica Wachovia Bank dove è stato assunto  grazie alla sua ossessiva e ostinata precisione. Per svolgere il suo lavoro, Martin comincia a leggere migliaia di pagine fatte di numeri e poco a poco gli nascono dei sospetti, così comincia a chiedersi cosa si nasconda dietro tutto quel danaro che passa attraverso le agenzie di cambio messicane. Martin -racconta Saviano- rischia di «scoperchiare un  pentolone brulicante di interessi planetari», ma in questo caso «la sua storia finirà bene. Nonostante il silenzio, l’emarginazione, l’esaurimento nervoso, alla fine arriveranno la riabilitazione e le scuse ufficiali. Il bivio lo ha condotto dentro un territorio oscuro, una foresta frondosa che non faceva passare la luce, fino al primo bagliore tra le foglie».

Goffredo Fofi su Internazionale osserva che il personaggio del romanzo incompiuto di Saramago gli fa venire in mente una vicenda svoltasi in Italia tra gli anni settanta e ottanta con al centro alcuni operai lombardi, i quali, per essersi rifiutati di produrre armi alla Aermacchi o altrove, furono licenziati e trovarono solo la solidarietà dei radicali. Fofi giudica «inatteso e benvenuto» l’approdo al grande tema dell’obiezione di coscienza (e della disobbedienza civile) da parte dello scrittore portoghese, dichiarando di «esserne sorpreso visto che era cresciuto, da comunista, negli ideali della Terza internazionale». Quanto al potenziale valore del libro non ha dubbi: «Ne sarebbe risultato un buon romanzo -sentenzia Fofi- o per lo meno un romanzo necessario»

Di tenore non diverso il giudizio di Saviano, come appare sul sito Feltrinelli, che riprendiamo testualmente: «Vai a cagare! Così, secondo José Saramago, doveva terminare questo romanzo. La morte gli ha impedito di scrivere la fine ma non ha portato via l’ultimo suo libro, un racconto stupendo e necessario per non lasciarsi spezzare da questi tempi disperati». Un ultimo dettaglio sul libro: la copertina è impreziosita da un disegno di Günter Grass.

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