martedì 11 agosto 2015

Finalmente anche in Italia il romanzo “Il tuo volto sarà l’ultimo” di João Ricardo Pedro

Abbiamo letto il libro dell’autore “rivelazione” vincitore del Prémio LeYa, tradotto in molte lingue



Quando si inneggia alla scoperta di un capolavoro e si paragona il nuovo autore a scrittori del calibro di Saramago e García Márquez, si oscilla tra scetticismo e curiosità. Se la nuova rivelazione è un cittadino portoghese, per di più estraneo alla letteratura in quanto ingegnere meccanico di professione scopertosi scrittore per ammazzare noia e amarezza provocati dalla perdita del posto di lavoro, la curiosità ha il sopravvento. Così ci si ritrova tra le mani, volutamente, l’opera prima di João Ricardo Pedro (nato a Reboleira, distretto di Lisbona, il 18 agosto 1973) che nella versione italiana pubblicata da Nutrimenti s’intitola Il tuo volto sarà l’ultimo, traduzione fedele del titolo originale O teu rosto será o último.

Insignito del Prémio LeYa, il più importante concorso portoghese di letteratura inedita, il libro è stato subito un successo in patria (siamo alla decima edizione), poi apprezzato anche all’estero propagandosi in Francia, Spagna, Germania, Olanda e Brasile prima di approdare anche da noi. «Lo straordinario affresco di un paese lacerato dagli spettri del passato», ha commentato Le Monde. «Un libro incantevole», ha sentenziato El País. «Denso e commovente, condensa con rara maestria un secolo di storia», ha scritto il brasiliano O Globo. Poiché di recensioni ne sono uscite diverse anche in Italia, non è intenzione del nostro Blog aggiungerne una nuova. Impensabile, tuttavia, ignorare l’uscita in Italia di un libro che si staglia a perfezione sul target di chi ci segue, vale a dire di appassionati lusofoni. È con questo spirito che lo abbiamo letto.

Se non si conosce la storia, anche coloniale, del Portogallo non si entra facilmente nella narrazione. Non si colgono le battute e i riferimenti che non sono palesi, ma affiorano qua e là nella trama del romanzo. Una trama sottile, quella narrata, che gioca a nascondino coi personaggi. Dopo averli presentati, se ne allontana cambiando scenario per farli riemergere a sorpresa, più avanti. Una trama simile a una ragnatela che ti costringe a districarti nel dedalo di figure che la popolano, non senza avvertire a tratti persino un certo disorientamento. Eppure questa ragnatela sottende a una logica: forse l’unica caratteristica che rivela nell’autore l’ingegnere che è stato prima di reinventarsi scrittore. Ma nemmeno questa osservazione basta a caratterizzare João Ricardo Pedro.

Poliedrico e colto, potrebbe egli stesso come il protagonista Duarte, avere un trascorso da musicista. Perché - importante sottolinearlo - il libro appagherà molto, oppure turberà, gli appassionati di musica classica. La cultura è una delle cifre dell’opera che include anche l’arte, portandoci in vari momenti a contatto stretto con Bruegel. Una lettura impegnativa, quindi, non il classico libro estivo di tutto relax, ma nemmeno il tomo pesante che d’istinto allontani e rinvii magari ad altre stagioni dell’anno. Ti inchioda, ti chiede di restare all’erta per non perdere il filo della storia costruita con un’architettura suddivisa in sette parti, ciascuna composta da capitoli che sembrano vivere quasi di vita propria. Sarà solo verso la fine che il puzzle si potrà ricomporre. Ti inchiodano sia la curiosità di scoprire i retroscena, svelati a poco a poco, sia lo stile personalissimo dell’autore. Qui il pensiero e la lode vanno al traduttore Giorgio De Marchis che ha reso magnificamente i contrasti del linguaggio, a volte crudo e violento, a volte profondamente tenero.

Avremmo potuto cominciare a parlare del romanzo attingendo al risvolto di copertina (la storia di tre generazioni di una famiglia portoghese nel tempo della dittatura, delle guerre coloniali, della rivoluzione e della disillusione [...]) che, pur riassumendolo efficacemente, apparirebbe comunque riduttivo. Avremmo potuto descrivere i personaggi principali, dirvi quale capitolo ci aveva colpito di più, addentrarci insomma nella storia narrata. Ma non volevamo svelarne i contenuti, a svantaggio della suspense che l’autore ha saputo creare. Abbiamo preferito, invece, concentrarci sulle emozioni che la lettura de Il tuo volto sarà l’ultimo è in grado di suscitare. Se ne abbiamo parlato, per concludere, è  nella convinzione che al termine delle 207 pagine lette e assaporate ci si congedi pensando: ne valeva proprio la pena. 

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