Abbiamo letto il libro dell’autore “rivelazione” vincitore del Prémio LeYa, tradotto in molte lingue
Quando
si inneggia alla scoperta di un capolavoro e si paragona il nuovo autore a
scrittori del calibro di Saramago e García Márquez, si oscilla tra scetticismo
e curiosità. Se la nuova rivelazione è un cittadino portoghese, per di più
estraneo alla letteratura in quanto ingegnere meccanico di professione
scopertosi scrittore per ammazzare noia e amarezza provocati dalla perdita del
posto di lavoro, la curiosità ha il sopravvento. Così ci si ritrova tra le
mani, volutamente, l’opera prima di João Ricardo Pedro (nato a Reboleira,
distretto di Lisbona, il 18 agosto 1973) che nella versione italiana pubblicata
da Nutrimenti s’intitola Il tuo volto
sarà l’ultimo, traduzione fedele del titolo originale O teu rosto será o último.
Insignito
del Prémio LeYa, il più importante concorso portoghese di letteratura inedita,
il libro è stato subito un successo in patria (siamo alla decima edizione), poi
apprezzato anche all’estero propagandosi in Francia, Spagna, Germania, Olanda e
Brasile prima di approdare anche da noi. «Lo straordinario affresco di un paese lacerato dagli
spettri del passato»,
ha commentato Le Monde. «Un
libro incantevole»,
ha sentenziato El País. «Denso
e commovente, condensa con rara maestria un secolo di storia», ha scritto il brasiliano O Globo. Poiché di
recensioni ne sono uscite diverse anche in Italia, non è intenzione del nostro
Blog aggiungerne una nuova. Impensabile, tuttavia, ignorare l’uscita in Italia
di un libro che si staglia a perfezione sul target di chi ci segue, vale a dire
di appassionati lusofoni. È con questo spirito che lo abbiamo letto.
Se
non si conosce la storia, anche coloniale, del Portogallo non si entra
facilmente nella narrazione. Non si colgono le battute e i riferimenti che non
sono palesi, ma affiorano qua e là nella trama del romanzo. Una trama sottile,
quella narrata, che gioca a nascondino coi personaggi. Dopo averli presentati,
se ne allontana cambiando scenario per farli riemergere a sorpresa, più avanti.
Una trama simile a una ragnatela che ti costringe a districarti nel dedalo di
figure che la popolano, non senza avvertire a tratti persino un certo
disorientamento. Eppure questa ragnatela sottende a una logica: forse l’unica
caratteristica che rivela nell’autore l’ingegnere che è stato prima di reinventarsi
scrittore. Ma nemmeno questa osservazione basta a caratterizzare João Ricardo
Pedro.
Poliedrico
e colto, potrebbe egli stesso come il protagonista Duarte, avere un trascorso
da musicista. Perché - importante sottolinearlo - il libro appagherà molto,
oppure turberà, gli appassionati di musica classica. La cultura è una delle
cifre dell’opera che include anche l’arte, portandoci in vari momenti a
contatto stretto con Bruegel. Una lettura impegnativa, quindi, non il classico
libro estivo di tutto relax, ma nemmeno il tomo pesante che d’istinto allontani
e rinvii magari ad altre stagioni dell’anno. Ti inchioda, ti chiede di restare
all’erta per non perdere il filo della storia costruita con un’architettura
suddivisa in sette parti, ciascuna composta da capitoli che sembrano vivere
quasi di vita propria. Sarà solo verso la fine che il puzzle si potrà
ricomporre. Ti inchiodano sia la curiosità di scoprire i retroscena, svelati a
poco a poco, sia lo stile personalissimo dell’autore. Qui il pensiero e la lode
vanno al traduttore Giorgio De Marchis che ha reso magnificamente i contrasti
del linguaggio, a volte crudo e violento, a volte profondamente tenero.
Avremmo
potuto cominciare a parlare del romanzo attingendo al risvolto di copertina (“la storia di tre generazioni di una famiglia
portoghese nel tempo della dittatura, delle guerre coloniali, della rivoluzione
e della disillusione [...]”)
che, pur riassumendolo efficacemente, apparirebbe comunque riduttivo. Avremmo
potuto descrivere i personaggi principali, dirvi quale capitolo ci aveva
colpito di più, addentrarci insomma nella storia narrata. Ma non volevamo
svelarne i contenuti, a svantaggio della suspense che l’autore ha saputo creare.
Abbiamo preferito, invece, concentrarci sulle emozioni che la lettura de Il tuo volto sarà l’ultimo è in grado di
suscitare. Se ne abbiamo parlato, per concludere, è nella convinzione che al termine delle 207
pagine lette e assaporate ci si congedi pensando: ne valeva proprio la pena.
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